Louise Erdrich Il Guardiano Notturno
Feltrinelli, 2021, traduzione di Andrea Buzzi, 432 pp., 20 euro Narrativa Straniera | Romanzo
19/12/2023 di Silvano Rubino
Ma, attenzione, non si tratta di un romanzo storico, ma di un'opera dove il realismo si fonde con l'elemento magico, quasi un ponte tra il mondo tangibile e quello degli spiriti, tipico della visione indigena. Erdrich, con la sua penna da poetessa, dipinge paesaggi eterei dove convivono personaggi storici, personaggi di fantasia e persino fantasmi e spiriti.
Il romanzo si radica in un contesto storico cruciale: la proposta del Congresso degli Stati Uniti nel 1954 di porre fine al sistema delle riserve indiane, un tentativo che minacciava di sradicare l'identità culturale e l'autonomia delle tribù native americane.
Thomas Wazhashk, il nonno dell’autrice protagonista del libro, lavora come guardiano notturno in una fabbrica, ma è anche un membro attivo del consiglio tribale, in lotta contro l'"Indian termination policy". Due membri del Congresso, Arthur Walkings e E. Y. Berry, propongono l'assimilazione forzata dei popoli tribali, liberando il governo federale dalle sue responsabilità costituzionali (anche economiche) nei confronti delle nazioni tribali. La tribù di Thomas, dichiarata pronta per la terminazione sulla base di studi governativi, si trova di fronte alla possibilità concreta della propria estinzione. Un affaccio sull’abisso che contamina tutta la narrazione, che si svolge nell’arco di pochi mesi.
Thomas, che scrive lettere ai politici sottraendo ore al suo poco sonno, batte la riserva per incontrare i membri della comunità, organizza raccolte fondi, incarna la tenacia e la determinazione di un popolo che non si arrende.
Ma Thomas non è da solo a occupare la scena. Il Guardiano Notturno è un romanzo corale, in cui molti membri della tribù si affacciano sulla scena, raccontando, attraverso i loro occhi, le condizioni in cui gli eredi di gloriosi popoli guerrieri vivevano nella riserva: l'alcolismo, i rapimenti delle donne indigene, lo sfruttamento economico, il degrado. Ogni personaggio diventa una voce in questo coro, che racconta la complessità della vita nella riserva e la resilienza di un popolo che, nonostante le avversità, cerca di preservare la propria cultura e dignità. Tra tutte, la figura di Patrice “Pixie” Paranteau, una diciannovenne che lavora nella stessa fabbrica e si sforza di mantenere la sua famiglia in una situazione difficile, emerge come un pilastro della narrazione. In lei, Erdrich incarna la forza della comunità femminile della riserva, una figura di ribellione e indipendenza che risuona profondamente anche oggi.
Sullo sfondo, in lontananza, l’America bianca, bigotta, conservatrice e razzista, quella dell’assurda fede dei Mormoni, messa in scena attraverso la figura di due missionari, ottusi e insensibili, ridicoli ma pericolosi: una rappresentazione simbolica dell'atteggiamento paternalistico e ipocrita degli Stati Uniti nei confronti dei nativi americani, che riflette la distanza tra le parole e le azioni, tra le intenzioni dichiarate e gli effetti reali sulle comunità native.
Ecco, qua viene fuori anche qualche limite del romanzo. Il suo approccio lirico, sebbene affascinante, lascia una sorta di sete: il desiderio di approfondire di più il contesto storico, di esplorare le dinamiche sociali e religiose dell'epoca, come appunto il ruolo dei Mormoni, nella dinamica di discriminazione dei nativi americani, il ruolo delle disparità economiche e dello sfruttamento capitalistico (esplorato per esempio in Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese). La frammentarietà, il lirismo, il non dire e il lasciar intendere, l’affollarsi di personaggi rendono a volte faticosa la lettura. Ma è una fatica che vale la pena di fare.