Ian Mcewan

Ian Mcewan "Lezioni"


Einaudi, 2023, 576 pp., 23 euro Narrativa Straniera | Letteratura

07/05/2023 di Silvano Rubino
Raccontare di sé (o se non altro dei tanti possibili sé di un artista), tenere insieme privato e politico, vicenda individuale e vicende storiche. C'è qualcosa che accomuna le ultime fatiche di due autori che mi hanno accompagnato per tanti anni: Ian McEwan e le sue Lezioni e Nanni Moretti del Sole dell'avvenire. Sono entrambi due grandissimi ritorni, due ritorni con due opere ambiziose, tutt'altro che senili, due ritorni profondamente autobiografici. Giovanni è un Nanni Moretti proiettato in uno specchio deformato, uno specchio impietoso che gli lascia però la voglia di cambiare. Roland è quello che sarebbe potuto diventare Ian McEwan se non fosse diventato uno scrittore, se gli incidenti della vita del suo protagonista fossero capitati anche a lui: un inconcludente, uno che spreca talento, che si butta via, che si lascia sorprendere dal passare degli anni senza combinare un granché o almeno senza dar concretezza alle sue aspettative.
 
La smetto con i paralleli e parlo del libro. Bello, bellissimo, struggente. Il racconto di una vita. L'esatto contrario di "Sabato" che era il racconto di una giornata. Un po' come lo Stoner di John Williams, Roland Baines entra nella vita del lettore, lo conquista, pur senza essere un eroe, anzi essendo proprio il contrario di un eroe. E si viaggia con lui, attraverso il '900, con un continuo salto avanti e indietro nel tempo della narrazione, magistralmente maneggiato dall'autore. Si viaggia tra la sua storia personale e quella del suo tempo. Roland è come McEwan, come Moretti (di nuovo con il parallelo) - forse anche come me, ora che ci penso - è uno che vive la passione, la profonda curiosità e, soprattutto, il desiderio umano di interagire con la storia: rappresenta il nostro bisogno di appartenenza e di vivere nella storia stessa.
 
Quello che McEwan realizza in "Lezioni" attraverso la narrazione personale-storica di Baines è veramente epico nella portata: il protagonista racconta la sua esistenza, insieme alla storia della sua famiglia, amici, amanti e insieme a quella del XX secolo, in particolare della sinistra del XX secolo, dalla scoperta degli orrori del socialismo reale, alla ricerca di una "terza via" capace di modernizzare la sinistra, alla delusione, al disincanto. Roland vive il suo tempo, vive le lacerazioni dell'uomo del 900, lo fa nella Berlino Est prima vittima della dittatura comunista e poi liberata, lo fa a Londra nel partito laburista, lo fa vivendo con consapevolezza e partecipazione il suo tempo, fino alla pandemia.
 
Perché Roland non è diventato scrittore, né pianista di successo? Perché invece sua moglie - per diventare scrittrice - lo deve abbandonare insieme al figlio e dedicarsi anima e corpo alla scrittura? McEwan sembra suggerirci le risposte: Roland non riesce a superare i suoi traumi, traumi familiari (la famiglia d'origine è descritta impietosamente ed è esattamente la famiglia di origine dell'autore), traumi sentimentali (un abuso che lui ci metterà anni a riconoscere come tale, ma che di fatto influenza tutte le sue scelte), Roland non riesce, mai, in nessun momento della vita, a concepire un amore assoluto e totalizzante, sia esso per una donna, sia esso per l'arte. Alissa, la moglie fuggitiva di Roland, i suoi traumi li sa superare con volontà titanica: ha "ucciso" suo madre e il suo modello familiare, ne ha preso le distanze ed evitato di cadere nella catena di frustrazioni e insoddisfazioni che ne avevano soffocato il talento.
Roland no. Per lui ogni abbandono diventa un trauma, una lezione, dalla quale impara, ma fino a un certo punto. Lui ammira Alissa, la donna che l'ha lasciato con un bambino di 3 anni, perché i suoi romanzi sono bellissimi. Spietati e bellissimi, come lei.
Lei è la scrittrice in odore di Nobel, lui fa il pianista di pianobar e l'istruttore di tennis. Ma la sua vita mediocre, il suo vivere il suo tempo, il suo crescere un figlio, coltivare amicizie, trovarsi con una strana famiglia allargata a 70 anni, è davvero così sbagliato? Oppure la lezione finale di questo libro sta nella bellezza della vita del mediocre Roland? Nella bellezza della sua imperfetta ricerca di senso nella vita e della sua lotta spesso perdente per prendere in mano la propria esistenza?
 
E allora le lezioni che Roland impara nel corso della vita sono lezioni universali per ognuno di noi, e rappresentano una profonda riflessione sull'essere umani e sulla nostra ricerca di significato e felicità. Come solo un grande romanzo (o un grande film) sa fare.

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