Nanni Moretti

Commedia

Nanni Moretti Il Sol dell`Avvenire


2023 » RECENSIONE | Commedia | Drammatico
Con Nanni Moretti, Margherita Buy, Valentina Romani, Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Flavio Furno, Mathieu Amalric, Zsolt Anger, Jerzy Stuhr, Teco Celio, Giuseppe Scoditti, Beniamino Marcone



21/04/2023 di Roberto Codini
In più di una occasione Nanni Moretti aveva dichiarato: "io non faccio film per il pubblico; io rispetto il pubblico evitando di andare incontro ai suoi presunti gusti". Oggi lo ammette: lo diceva ma forse non era vero. O forse non è più vero. L'ex "splendido quarantenne", oggi splendido settantenne, fa un film per il pubblico, il suo pubblico. Non è un testamento, è semmai un commiato. L'inizio di una nuova era, di una nuova fase e bisogna sbrigarsi, non si può fare un film ogni 5 anni, non c'è più tempo.

Nel meraviglioso "Il sol dell'avvenire" Nanni ripercorre il suo cinema (ma non solo il suo) e si congeda (temporaneamente) dal suo pubblico, ma non prima di essersi tolto qualche soddisfazione, con una autocritica spesso esilarante e forse eccessiva e lasciando l'ultima parola all'arte, perchè, come dice una famosa canzone, "sono solo parole". E allora basta scene brutte, basta finali drammatici, no alla violenza gratuita nei film e largo alla fantasia. E si comincia dalla politica, quella politica che da quarant'anni fa arrabbiare Nanni, quando prende uno schiaffo dal compagno militante per aver detto "ma a noi che importa delle masse?", quando, militante del PCI che perde la memoria, deve schivare i colpi del giornalista invadente, di quelli che pensano male, parlano male, e dei cattolici che si dicono uguali a lui, ma noi siamo diversi, siamo uguali, ma siamo diversi!

Benedetto Croce diceva che la storia non si fa con i "se". E invece sì! Nanni vuole farla proprio con i se, sognando (e sono sogni d'oro) un Partito comunista non allineato all'Unione Sovietica che preferisce Trotsky a Stalin proprio come il pasticcere immaginato in "Aprile". Già, l'immaginazione. Voleva fare un film sulle case, poi un musical sul pasticcere trotzkista, ora una storia d'amore con le canzoni italiane per colonna sonora. Invece prova a realizzare un film ambientato nel 1956 con un circo che si chiama come il campione di pallanuoto di "Palombella rossa" Budavari, ma l'Unione Sovietica invade l'Ungheria e il segretario della sezione del Quarticciolo (Silvio Orlando) non vuole ammettere che Togliatti sbaglia e dare retta alla sua fidanzata (la splendida Barbora Bobulova), decidendo di impiccarsi. Ma “ora è tutto diverso”. "Chi se ne frega della politica, questo è un film d'amore!" Gli dice la giovane attrice ed è proprio così. Il privato, ancora una volta, prevale sul politico. Perchè il privato è politico. E Nanni, ancora una volta, realizza un film nel film, ma questa volta senza tralasciare nulla, le sue nevrosi, le sue idee politiche, le sue canzoni, i suoi film preferiti, i suoi attori.

Mentre gira il film sul circo, sogna il film con le canzoni italiane.

Il matrimonio con la sua produttrice (Margherita Buy)è in crisi e la figlia si fidanza con un uomo molto più grande (come il Siro Siri del compianto Remo Remotti da lui criticato in "Bianca"). Moretti afferma il suo cinema negandolo, ironizza sulle sue nevrosi e demolisce i suoi postulati. In "Aprile" gettava via tutti i ritagli accumulati di riviste che lo avevano fatto arrabbiare; in questo film cambia i finali, butta via le scene brutte e racconta quello che gli piace. Lo sguardo di Moretti, già divenuto comprensivo a partire da "Caro diario", è ora tenero e rivela la sua fragilità. Nanni è cambiato, ma è sempre lo stesso e il suo Giovanni fa simpatia e tenerezza quando chiede alla figlia la crema per il viso confessandole che prende da trent'anni gli antidepressivi, quando non si rassegna alla separazione dalla moglie e quando immagina un altro Partito comunista.

Nanni Moretti ripercorre in un solo film quarant’anni di cinema e quarant’anni di vita. L’ossessione per le scarpe, il plaid indossato in “Sogni d’oro”, la piscina di “Palombella Rossa”, i palleggi spensierati come nel campo deserto delle isole di “Caro diario”. Ma ora è tutto diverso, ora lo sguardo è quello di Giovanni, non c’è più l’alter ego Michele Apicella e non c’è il Nanni di “Caro diario” e di “Aprile”. C’è Giovanni, il regista che gira un film politico, ma sogna di fare un film d’amore, che, dopo tante arrabbiature, dalle lettere mai spedite al Caimano, passando per i girotondi, decide di cambiare lui la storia. Questo è il grande privilegio dei registi. Come Quentin Tarantino cambia il finale di una storia tragica, Nanni cambia il finale di un’epoca di attese vane e di sogni infranti, e questa volta non è il pasticcere trotskista a ballare isolato e calunniato con le sue paste, ma è una comunità che sfila con l’effigie del politico rivoluzionario.

Nanni questa volta ci apre il suo cuore, ci emoziona e ci fa anche un po' tenerezza, raccontandoci che spesso un regista non si rende realmente conto di che film ha fatto e anche questa volta non realizza un film sugli anni’50, ma un film nel film, un film su un regista che gira un film e vorrebbe girarne un altro.

In questo suo film incredibile c’è un omaggio al cinema e non solo al suo cinema, c’è una dichiarazione d’amore al cinema che ama e c’è la voglia di parlare più d’amore che di politica, perchè tutte le sue opere sono opere personali. Nanni è “faticoso” ma anche “delizioso” (come si definisce ironicamente mentre parla con la moglie e la figlia) e si consacra definitivamente come un regista unico (“io non sono stato il primo, io sono l’unico”, esclamava Michele Apicella).

La grandezza di Nanni Moretti sta anche nella consapevolezza dei propri limiti, qui dichiarati e confessati con una allegra malinconia. Guardando “Il sol dell’avvenire” ci si commuove e anche Giovanni, come Apicella, quando incontra i critici, sembra dirci “è il mio film più bello!

Italo Calvino, citato nel film, ci ha insegnato che bisogna prendere la vita con leggerezza, senza macigni sul cuore, e la leggerezza di questo film ci dice che, nonostante tutto, vale la pena andare avanti.

La sfilata finale (una vera sorpresa che non sveliamo) ci regala l’ennesima emozione ed il suo saluto, che è un arrivederci, ci riconcilia con una umanità imperfetta, ma senza la quale non potremmo vivere, magari ballando tutti insieme sulle note del grande Battiato.

Per questi motivi, anche senza essere “morettiani”, a Nanni non si può non volere bene.


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