Giorgio Brianese

Giorgio Brianese La filosofia di Bob Dylan


Mimesis, collana Musica contemporanea, 2022, 66 pp., 8 euro Saggi | Musica

21/07/2022 di Franco Bergoglio
Per Bob Dylan non è possibile parlare solo di fiumi d’inchiostro: abbiamo letteralmente di fronte montagne di libri. Qualche anno fa – per dire – un autore inglese, per nascita e senso dello humour, ne ha scritto uno con questo titolo: Oh No! Not Another Bob Dylan Book.
Eppure Dylan è un autentico classico, un Dante, uno Shakespeare, uno di quegli autori dei quali (lavorandoci sopra) è sempre possibile “dire” qualcosa di nuovo. Anche il parlare di una filosofia per Bob Dylan sembra un altro di quei tentativi destinati al fallimento. Carriera lunghissima, cambi repentini, contraddizioni...

Eppure, con La filosofia di Bob Dylan, edito da Mimesis, il prematuramente scomparso professore di filosofia Giorgio Brianese ci è riuscito. E, cosa incredibile per un filosofo, lo ha fatto con una scrittura semplice e ragionamenti raffinati, ma in grado di correre dritti sulla pagina. Il primo capitolo, Pseudonimi, indaga il celebre cambio da Robert Zimmerman a Bob Dylan e i vari nomi d’arte (sono più d’uno) utilizzati nel corso della carriera, individuando nel mutare di nome la necessità di diventare altro da sé.

Il secondo capitolo prosegue questo leitmotiv, parlando delle Maschere di Dylan. Un tema affascinante, se posso concedermi una digressione personale, che mi aveva condotto a una simile interpretazione per il genio del jazz Charlie “Bird” Parker, con un saggio pubblicato in anteprima proprio qui dal titolo La maschera di Parker. Se pensate che questa divagazione sia gratuita, ascoltate e leggete il testo del recente brano-mondo di Bob Dylan Murder Most Foul (peraltro ben tradotto e annotato qui su Mescalina da Emanuela Duina, Pierluigi Gamba, Mauro Musicco) e lasciate riecheggiare la lirica con la quale chiede che gli si suoni Parker, la sua roba da tossici e che poco dopo, per pura assonanza, richiama The Birdman of Alcatraz (il film, il libro...).

Torniamo alla maschera dylaniana, secondo Brianese indissolubilmente legata a Nietzsche. Lasciamo lui la parola con una lunga
citazione tratta dal finale di capitolo.
«Un paio di mesi prima, il filosofo tedesco aveva scritto: “È il mio destino che io mi mostri soltanto con delle maschere (...). È difficile comprendere chi io sia”. Ecco, è come se Bob Dylan con ogni suo gesto e con ciascun verso di ogni sua canzone, con ognuna delle rarissime parole che pronuncia sul palcoscenico (sul palcoscenico dei concerti forse più ancora che in quello che, con un’espressione un po’ retorica,
potremmo anche indicare come il palcoscenico della vita), non facesse altro che ripetere sempre di nuovo ciò che Francesco De Gregori canta in una sua canzone recente, Guarda che non sono io:
Guarda che non sono io quello che stai cercando
Quello che conosce il tempo, e che ti spiega il mondo
Quello che ti perdona e ti capisce
Che non ti lascia sola, e che non ti tradisce.»

Ecco, il livello è questo. Quattro corti capitoletti per una lettura veloce e nutriente.