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The Allman Brothers Band I 50 anni di Live At The Fillmore East della Allman Brothers Band
At Fillmore East rappresenta quel disco che, tra gli scaffali di un collezionista o anche solo di un semplice appassionato di buona musica non dovrebbe mancare. Dalla celebre copertina in bianco e nero alle sette tracce contenute nella prima versione su vinile, l’album resta un grande, inestimabile tassello della storia del rock mondiale oltre che, per molti, il miglior live album di ogni tempo.
«Okay, The Allman Brothers Band!». Inizia con questo annuncio, l’opera che avrebbe consacrato definitivamente la fama del gruppo dei fratelli Allman. Ci troviamo al Fillmore East, New York City, nella notte del 13 marzo 1971. La voce è quella del presentatore Michael Ahern e lo show in questione rappresenta l’atto conclusivo di una maratona in musica durata la bellezza di tre serate consecutive - da venerdì 11 a domenica 13.Gregg Allman - cantante e leader indiscusso della ABB fino alla morte, sopraggiunta nel maggio del 2017 - era solito racchiudere così, in una frase, il suo pensiero: «Non siamo una jam band, ma una band che ama improvvisare». Poche ed essenziali parole, ma che ben illustrano la filosofia alla base di un progetto capace, più di qualunque altro, di venire universalmente riconosciuto come capostipite e modello di riferimento sia del cosiddetto “southern rock” sia, successivamente, della fiorente scena “jam” statunitense degli anni Novanta e Duemila: quella composta, fra i tanti, da Phish, Widespread Panic, Dave Matthews Band, Moe, Gov’t Mule.
Originari di Macon, cittadina a poca distanza da Atlanta, in Georgia, gli Allman Bros. occupano un posto d’onore all’interno della tradizione musicale d’oltreoceano. Assieme ai Grateful Dead di Jerry Garcia e Bob Weir hanno dato il via ad un modo diverso di intendere la musica rock, ampliandone il campo d’azione, riscrivendone le regole, stravolgendone le strutture attraverso imprevedibili e fluide digressioni in generi “altri” (dal folk al blues, dal soul al jazz). All’epoca dell’uscita di At Fillmore East, la formazione comprendeva, oltre ai due fondatori, i fratelli Duane e Gregg Allman - formidabile chitarrista slide, il primo; tastierista e voce principale, il secondo - Dickey Betts alla chitarra ritmica e solista, Berry Oakley al basso e infine il rivoluzionario duo di batteristi composto da Butch Trucks in unione all’afroamericano (e più jazz-oriented) Jai “Jaimoe” Johanson alle pelli.
Genesi di un capolavoro
Superata la prova del secondo album in studio, Idlewild South (1970) - seguito dell’esordio The Allman Brothers Band del 1969 - Duane Allman e compagni non hanno dubbi circa la forma che avrebbe dovuto avere la loro terza fatica discografica: sarebbe stata dal vivo… l’unico modo, per la band, di riversare su nastro tutta la magia, la forza prorompente e la speciale alchimia che solo sul palco poteva essere sprigionata. Gli Allman erano frustrati, stanchi di lavorare in studio. Il pubblico stesso, inoltre, non era estraneo al divario tra la freschezza, la spontaneità e il “fuoco naturale” (“natural fire”) manifestato on stage e il freno del gruppo nell’ambito di sessioni di registrazione troppo inquadrate e formali. Come location la scelta cadde su una delle sale da concerto più in voga e apprezzate del periodo: il Fillmore East di Bill Graham, nel cuore pulsante della Grande Mela. Gli Allman suonarono lì per ben tre date di fila (l’11, il 12 e il 13 marzo del 1971) e il risultato di quelle magiche notti - ad eccezione della prima - fu poi selezionato e distribuito sulle quattro facciate del doppio lp dal vivo, uscito nel luglio dello stesso anno. Delle canzoni eseguite nel corso delle performance, furono incluse sette tracce: Statesboro Blues, Done Somebody Wrong, Stormy Monday, You Don’t Love Me, Hot ‘lanta, In Memory of Elizabeth Reed, Whipping Post
Tra queste, solamente tre - Hot’lanta, In Memory of Elizabeth Reed e Whipping Post - vantano la paternità artistica della band, trattandosi di brani originali: il primo composto con il contributo del gruppo al completo; il secondo firmato dal chitarrista Dickey Betts; il terzo, invece, merito di un Gregg Allman in stato di grazia. Circa gli altri titoli, si tratta di cover: Blind Willie McTell (Statesboro Blues), Elmore James (Done Somebody Wrong), T. Bone Walker (Stormy Monday), Willie Cobbs (You Don’t Love Me). Nell’osservare la tracklist, a colpire non è però soltanto l’esiguo numero dei titoli (non certo una novità all’epoca, anzi) ma la lunghezza di alcuni di essi: in particolare, In Memory of Elizabeth Reed (13’), You Don’t Love Me (19'), la torrenziale Whipping Post (quasi 23 minuti!).
Note di copertina
Gli Allman Brothers non amavano mettersi in posa ed essere fotografati. Anzi, a dirla tutta, era una cosa che odiavano. Per la copertina di At Fillmore East, il cui scatto è ancor oggi straordinariamente iconico, fu chiamato il noto fotografo rock Jim Marshall, il quale dovette - nel corso dello shooting - faticare non poco sia per la front cover principale sia per l’immagine presente sul retro assieme ai titoli. Ma procediamo con ordine. Sul davanti, troviamo la band sorridente nella cornice di quella splendida fotografia che è ormai conosciuta e ricordata da tutti. Lo scatto giusto, quello davvero convincente, sembrava però non arrivare mai. Il momento fatidico si presentò quando Duane Allman lasciò per qualche istante il set - ovvero, la parete della casa del gruppo a Macon - per andare a salutare un amico spacciatore di passaggio e tornare poi dai compagni con in mano un sacchetto pieno di cocaina. Il resto è storia: tutti giù a ridere e Jim Marshall che non si fa sfuggire l’occasione del suo storico click. Riguardo al retro, si optò per immortalare i roadies della ABB che, con i musicisti, condividevano quotidianamente vita, chilometri e peripezie di ogni tipo. In questo caso, Marshall, per tenerli a bada, fissi in posizione, e per riuscire nell’intento, comprò loro ben 16 bottiglie di birra (sentito ringraziamento del fotografo anche per aver trasportato tutta l’attrezzatura della band).
I protagonisti
Duane Allman
Duane Allman, in arte “Skydog” - come amava essere chiamato e come ancora oggi si è soliti ricordarlo - è stato uno dei più influenti e versatili chitarristi della storia del rock. Le sue dita, e in particolare la sua sopraffina tecnica “slide”, hanno da un lato consolidato la leggenda degli Allman Brothers e dall’altro accompagnato con sapienza, gusto e disinvoltura alcuni dei più grandi nomi del soul, del blues e della musica d’autore: da Aretha Franklin in brani come The Weight a Wilson Pickett nell’indimenticabile rivisitazione della beatlesiana Hey Jude, a Boz Scaggs. In soli due anni di attività e di infuocata presenza sulle scene, Duane Allman ha saputo imprimere un segno indelebile, lasciando una vastissima eredità oltre che un modello imitato e venerato, fonte di ispirazione per schiere di chitarristi e band a venire. Così come Jimi Hendrix, Skydog è morto giovane. A portarselo via è stato un incidente motociclistico, il 29 ottobre del 1971, l’anno della consacrazione della sua band e del sodalizio con il Fillmore, dove pochi mesi prima - ad agosto - aveva suonato per l’ultima volta.
Gregg Allman
Organista, cantante, compositore, Gregory Lenoir Allman nacque l’8 dicembre 1947 - fratello più giovane di Duane e secondogenito di casa Allman. All’epoca dei concerti presso il Fillmore East, il biondo performer era all’apice della forma, ancora lontano dalle conseguenze che il suo stile di vita avrebbero avuto su di lui - in particolar modo sul suo fisico e sulla sua voce. In sintesi: sei matrimoni (di cui il primo con Cher e l’ultimo con la pornostar Savannah); la dipendenza da droghe pesanti e alcol; un fitto calendario on the road di musica e concerti. Quel che si dice “sesso, droga e rock ’n’ roll”.
Dickey Betts
Nato a West Palm Beach, ma cresciuto a Bradenton in Florida, Richard “Dickey” Betts ha inaugurato le prime sperimentazioni sul versante delle corde a 5 anni con l’ukulele, passando successivamente al mandolino, al banjo e, infine, alla chitarra. Con gli Allman, assieme al compagno Duane, avrebbe scritto ex novo le regole attraverso cui due chitarristi all’interno di una stessa rock band possono interagire, comunicare, trovare spazi e libertà di espressione lavorando fianco a fianco in perfetta sinergia.
Berry Oakley
Annoverato tra i 100 migliori bassisti di sempre dalla rivista Bass Player, Raymond Berry Oakley III (Chicago, 1948 - Macon, 1972), è stato fondatore e prezioso anello di congiunzione tra le parti di chitarra elaborate dalle dita sapienti del duo Allman-Betts. Resta celebre il suo stile caratterizzato da “melodic bass runs”: serie di note basse che fungono da collante melodico tra un accordo e il seguente.
Jaimoe Johanson
Jai Johanson, noto ai più come “Jaimoe”, fu il primo membro della neonata Allman Brothers Band ad essere reclutato (febbraio 1969). All’epoca, il batterista afroamericano arrivava dal mondo del Rhythm & Blues e vantava collaborazioni di pregio al fianco di Otis Redding e nella touring band di Sam Moore e Dave Prater (aka Sam and Dave). Assieme a Dickey Betts è uno dei due membri ancora in vita della formazione originale del gruppo sudista.
Butch Trucks
Nato e cresciuto a Jackonville, in Florida, Claude Hudson "Butch" Trucks si è ucciso nel gennaio del 2017, poco prima dei festeggiamenti ufficiali per i cinquant’anni dell’esordio in studio della ABB e appena tre anni dopo lo scioglimento ufficiale del progetto (avvenuto il 28 ottobre 2014). Assieme a Jaimoe ha dato vita, per oltre quattro decenni, ad uno dei più saldi e innovativi combo di batteristi della storia mantenendo costantemente inalterata quella potenza che Dickey Betts riscontrò fin dal suo iniziale ingresso ufficiale in formazione: «He had the power thing we needed».
Il Fillmore East
Prima di divenire universalmente noto come Fillmore East, il celebre locale dell’impresario di origini tedesche Bill Graham (all’anagrafe Wulf Wolodia Grajonca) era un teatro Yiddish. Costruito nel biennio 1925-26 e progettato dall’architetto Harrison Wiseman, l’edificio era situato nel quartiere newyorkese conosciuto come “Yiddish Theater District” sulla Second Avenue. In soli tre anni, dall’8 marzo 1968 al 27 giugno 1971, il locale (assieme al suo esatto rispecchiamento, il Fillmore West di San Francisco) divenne un punto di riferimento essenziale per tutta la scena musicale del periodo - e sappiamo tutti bene, ormai, che cosa successe in quel breve, ma significativo, lasso di tempo. Su quel palco trovarono spazio, appagamento e fama Janis Joplin, Frank Zappa, CSN&Y, Santana, Joe Cocker, Humble Pie, Jefferson Airplane, Creedence Clearwater Revival, The Who, Derek and the Dominos, Ten Years After, King Curtis, Pink Floyd, Jimi Hendrix, Led Zeppelin… e l’elenco potrebbe continuare ancora per molto. Tra questi, i Grateful Dead e - ancor più - i membri della Allman Brothers Band si identificarono appieno in quella che sarebbe divenuta la loro location più amata e familiare, una sorta di seconda casa in cui esibirsi fino alle prime luci del mattino. L’epopea del locale di Graham - con i suoi leggendari doppi concerti del venerdì e del sabato sera (uno alle 20, l’altro alle 23 al costo contenuto di pochi dollari in base alla disposizione dei posti in sala) e gli spettacolari giochi di luce creati ad hoc dal team di tecnici coordinato dal visionario Joshua White - fu però tanto fulgida quanto fugace. Il Fillmore East e il suo gemello ad ovest chiusero definitivamente i battenti nell’estate del 1971. L’epoca d’oro del rock era finita e con essa anche quel terremoto creativo che avrebbe cambiato per sempre le sorti della musica in ogni angolo del pianeta, tanto allora quanto negli anni a venire.