Regard the end<small></small>
• Cantautore, Folk

Willard Grant Conspiracy Regard the end

2003 - LOOSE / GILTTERHOUSE / KIMCHEE RECORDS

13/04/2004 di Christian Verzeletti

#Willard Grant Conspiracy #Cantautore #Folk

Sono di Boston. Escono per la Glitterhouse. E hanno registrato in in uno studio di Lubljana, in Slovenia.
C’è un filo rosso che collega questi luoghi e che non passa solo attraverso la storia dell’ultimo disco degli Willard Grant Conspiracy. È un suono che cresce in silenzio, che parte dal folk americano e arriva alla canzone europea, quella rivolta verso Est.
Non è un caso che sia la tedesca Glitterhouse ad “adottare” dischi come quelli dei Willard Grant Conspiracy o dei Walkabouts, tanto per fare un altro nome che si muove su percorsi adiacenti. E non è un caso che Chris Eckman, voce e mente proprio dei Walkabouts, compaia su “Regard the end”. È questo l’ottavo album della band di Robert Fisher: una storia lunga, che dimostra, in un modo mai eclatante, come si possa dare nuova linfa alla canzone d’autore senza snaturarne la sobrietà. Gli Willard si portano dentro echi western-noir, che risuonano dai luoghi cari anche a Johnny Cash, e voci europee, un po’ zingare, come quella di Fabrizio De Andrè.
“Regard the end” prosegue su questo sentiero, che è stretto nella sua severità, ma che è ampio nel suo svolgimento. Ballate dense come poche: morte, dolore, perdita. Ci vuole talento per cantare l’oscurità senza perdersi in territori cupi: dalla scrittura di Fisher, al canto dello stesso fino agli arrangiamenti austeri di violino e di tromba, una grazia dona alle canzoni l’ambiguità del desiderio, dolce anche quando ha ormai perduto il suo oggetto. È un equilibrio che si regge sulla sensualità della vita e sull’ineluttabilità della morte, come in molte ballate del nostro De Andrè. È un bacio sulle labbra a chi già se n’è andato.
Questo pudore permette agli Willard di addentarsi in un pop acustico (“Soft hand”) con la stessa profondità con cui si imposessano di un traditional.
In compagnia di una nutrita serie di ospiti, tra cui spiccano le voci di Jess Klein e di Kristin Hersh, Fisher e la band procedono verso una forma di canzone loro, con la delicatezza di un fiore che sboccia e che già sa di non poter sopravvivere al calar della notte.
Forse un eccesso di perfezione sfiora alcuni brani, lasciandone decantare troppo la sofferenza. L’album ha però dalla sua una drammaticità che non ha bisogno di premere o di aumentare: è una candeza interiore, vicina a quella del Nick Cave più riflessivo (“The Ghost Of The Girl In The Well”, “The Suffering Song”). “Regard the end” ha un peso lirico notevole, già evidente dall’iniziale “River in the pines”.
Di disco in disco gli Willard Grant Conspiracy stanno imbastendo una trama in cui c’è un filo rosso, assai più torbido di quello che percorre i luoghi di una storia e di un suono: è quello che distingue e accomuna l’amore e il sangue, la vita e la sua decandenza. È il senso della finitudine umana: “regard the end”, appunto.

Track List

  • River In The Pines|
  • The Trials Of Harrison Hayes|
  • Beyond The Shore|
  • The Ghost Of The Girl In The Well|
  • Twistification|
  • Another Man Is Gone|
  • Soft Hand|
  • Rosalee|
  • Fare Thee Well|
  • Day Is Passed And Gone|
  • The Suffering Song

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