Umberto Palazzo L`Eden dei Lunatici
2020 -
È quindi con curiosità e affetto che mi sono accostata all’ascolto de L’Eden dei lunatici, il secondo disco solista di Palazzo, composto durante il lockdown della scorsa primavera. Un periodo di inevitabile raccoglimento e isolamento, che ha portato l’autore a scrivere: “Stando molto lontano dagli altri, mi sono molto riavvicinato al ragazzo che dentro di me aspetta l’estate come un miracolo che si ripete, come il vero motivo per cui si vive. L’attesa del ritorno dell’estate è anche l’attesa del ritorno della giovinezza e della sua spensieratezza, che non è un ritorno del tutto impossibile, perché parzialmente ciò avviene ed è questo in fondo il miracolo dell’estate.”
Se in fondo questo periodo non è altro che un’attesa di una spensieratezza che sembra continuare a sfuggire, il disco ha il sapore agrodolce dell’estate che ogni anno inizia sapendo di dover finire. Sembra di sentire un Ivan Graziani che suona sulla spiaggia, con i capelli appena smossi dalla brezza marina. La title track esemplifica perfettamente l’approccio latin funk, con tanto groove e tante chitarre seppur intessute in modo delicato. Il fischiettare che precede l’inizio di Rita Qualcosa introduce alla vita di una ragazza semplice, d’altri tempi, divisa tra “il filibustiere” e “il bravo ragazzo timido”, sembra di vederla camminare lieve, con una morbida gonna a fiori. Sembra di scorrere cartoline seppia delle località di mare, vecchie foto di vacanze, di quelle con gli amici che vedevi solo in vacanza e che salutavi quasi in lacrime al momento di rientrare in città.
Umberto Palazzo riesce a attualizzare in modo elegante e sensuale suoni di fine anni ’70, trovando come filo conduttore quell’inquietudine sottile che increspa la superficie del mare.