Amur<small></small>
Derive • Suoni • Post hardcore psichedelico

Taras Bulba Amur

2012 - Wallace Records

06/03/2013 di Gianpaolo Galasi

#Taras Bulba#Derive#Suoni

Taras Bul’ba prende forma nel 1996, inizialmente col nome W/Out. Chitarra, basso e batteria, come da ‘tradizione’. Attraverso i sei prodotti discografici – tre mini e tre album completi – che compongono la loro discografia fino a quest’ultima prova, il terzetto si evolve dagli iniziali spurghi post-hardcore verso una formula che prevede un gran tiro psichedelico unito a geometrie di derivazione math.

Se in Short Drop il trio evoca ancora l’inevitabile canone Shellac, in realtà con l’iniziale Coup de Grace e nella title track Amur si accostano per dinamiche e groove a dei Trans Am dal piglio meno impertinentemente pynchoniano, mentre in Ogro ricordano certe tensioni June of ’44, epoca “Four Great Points”, ma lontani da ogni effetto copia carbone e iniettandole di derive hendrixiane, tramite riffs arricchiti di qualche bending saggiamente dosato.

Prodotto dall’ormai quarto membro del gruppo Fabio Magistrali, le otto tracce del disco vivono di un equilibrio e un’asciuttezza che non disdegna di giocare con tempi dispari – un plauso a Robert S. per la duttilità ritmica, non virtuosa ma leggermente 'fuori genere' - e tensioni sottili, tra progressioni armoniche e stacchi secchi e precisi. Se abbiamo parlato di psichedelia, questa è più un effetto di ritorno dovuto alla costruzione e alla dinamica dei brani, più che di un richiamo alla lettera del genere.

Psicofonia è marchiata da certi giri di chitarra che ricordano alcuni dei momenti migliori della terza, sottovalutata – perché fuori dall’hype - prova albina “1000 Hurts”, mentre My Name is Igor, pur procedendo come da manuale del genere, ci ricorda che in un mondo ‘indie’ o ‘alternative’ dove si stanno disperantemente moltiplicando formazioni e prove discografiche senza senso, incapaci di andare oltre il ‘pastone’, l’aderenza a un canone, laddove corroborato da una propria ben definita personalità, non necessariamente è indice di mancanza di capacità creative.

Chiudono l’album Vertebra, leggermente atonale e pure accostabile a una pietra miliare del genere come “At Action Park”, sebbene meno tagliente e leggermente più ‘grassa’ nei toni, e Ior, ovvero come sarebbero stati i Tortoise se non avessero scelto una asetticità di marca fusion udibile sin dai loro esordi e si fossero deliziati di un minimo di musica concreta. Ottima prova, non 'nuova' per chi tra questi suoni spaziava sin dalla fine dei Novanta, ma decisamente con un suo carattere che merita rispetto anche per il passo evolutivo che segna nella carriera del gruppo.

Track List

  • Coup de grace
  • Ogro
  • Short Drop
  • Amur
  • Psicofania
  • My name is Igor
  • Vertebra
  • Ior