
Leandro Diana Dirty Hands and Gravel Roads
2020 - Self Produced
Dirty hands and gravel roads è un disco rock di chiara matrice americana, frutto non solo delle esperienze vissute in prima persona, ma anche delle lezioni apprese da artisti che hanno fatto la storia del rock americano come John "Cougar" Mellencamp, Neil Young e John Hiatt, a cui si aggiungono un pizzico di country contemporaneo e naturalmente il blues di cui Leandro è un cultore.
“Quando iniziai ad ascoltare musica da ragazzino – mi racconta l’autore - dopo l'onnipresente Vasco Rossi del periodo (eravamo tra gli '80 e i '90, io sono del '78) furono i Guns'n'roses e BB King, praticamente in contemporanea. Poi tutto si allargò (un bel po') nel tempo, sia su un fronte che sull'altro. Però il mio lato blues è sempre rimasto fermo alla dimensione dell'ascolto, e dello strimpellamento casalingo senza costrutto, mentre con il rock sono salito subito sul palco con la chitarra in mano, ho iniziato a scrivere canzoni, gruppi, concerti, demo. La verità è che avevo tanta reverenza per il blues che ero convinto di non saperlo suonare (e cantare), e i pochi tentativi mi davano purtroppo ragione in questo. Ho vinto le mie ritrosie solo quando si è presentata un'opportunità troppo ghiotta per lasciarla perdere: un amico aveva fatto il mio nome ad Angelo Morabito, bluesman storico messinese che trasferitosi a Bergamo cercava un chitarrista per il suo gruppo. Mi sono fiondato perché ricordavo benissimo che Angelo a Messina aveva fondato i gruppi soul e rock blues più importanti della scena, aveva inciso e suonato dal vivo con i migliori insegnanti e session man della Sicilia orientale e di Reggio Calabria. Puoi immaginare il mio orgoglio quando mi prese e mi ritrovai sullo stesso palco dei “maestri” della mia città. Una figata cosmica! Terminata l’esperienza con Angelo tornai a suonare rock, ma sempre con la fregola di fare blues e fu così che sono nati i miei due gruppi attuali, il duo Rolling Forks e il quartetto elettrico Delta Preachers”
Il disco, autoprodotto, si compone di undici tracce, nelle quali Leandro Diana canta e suona quasi tutti gli strumenti, Deneb Bucella lo accompagnano alla batteria e Giuseppe Diana al pianoforte e all’hammond. Se l’intenzione dell’autore era di esprimere la propria cifra stilistica attraverso un rock elettrico, “secco e nervoso” come lui stesso lo definisce, sicuramente ci è riuscito, ma è nelle tre ballate (Be Free, Richie’s song e One more day alive), paradossalmente le meno nervose e secche, dove si toccano le vette più alte del disco. I testi, ai quali l’autore ha prestato una certa attenzione, e questi ci piace molto, sono storie di vita quotidiana, di chi deve fare i conti con sconfitte, stupori e desiderio di rivalsa. Nulla di nuovo, è vero, ma la vita è fatta di quelle situazioni e in quelle storie tutti noi possiamo ritrovare qualcosa di familiare in cui identificarci.
Dirty hands and gravel roads è un lavoro ben riuscito, credibile e maturo, anche se del suo autore ne descrive (bene) solo l’anima rock, quindi solo parzialmente rappresentativo. C’è ancora altro da scoprire di Leandro Diana. So che è già al lavoro sul prossimo disco e potrebbe essere quella l’occasione per ascoltare la seconda parte della storia, quella in cui è il blues ad essere protagonista. Ce lo auguriamo, sarebbe l’occasione per conoscere meglio l’artista ed avere di lui un’immagine più completa e definitiva.
Dirty hands and gravel roads è disponibile su tutte le principali piattaforme digitali, ma per chi lo desidera è possibile acquistare anche in CD direttamente sul sito di Diana. (www.leandrodiana.com)