The Pendulum Swing <small></small>
Americana • Roots

Katherine Priddy The Pendulum Swing

2024 - Cooking Vinyl / Egea Music / The Orchard

16/02/2024 di Laura Bianchi

#Katherine Priddy#Americana#Roots

Ci possiamo fidare del fiuto di Richard Thompson, che ha definito Katherine Priddy come "la cosa migliore che ho ascoltato in tutto l'anno", riferendosi all'ep del 2018, WolfDopo il primo lavoro, The Eternal Rocks Beneath, la cantautrice di Birmingham torna con The Pendulum Swing. E sfata il mito della maledizione del secondo album, perché centra pienamente l'obiettivo di farsi ascoltare, senza ingenerare nell'ascoltatore un senso di déjà vu, o meglio, écouté.

Fin dai primi passi nel mondo incantato della musicista, con la suggestiva Selah, ci troviamo in un'atmosfera sognante e concreta insieme, ricca di suoni, echi, tra il naturale e il magico, ma non ci perdiamo, perché la voce morbida di Priddy ci guida alla scoperta di un universo che ricorda il buon vecchio folk anglo scoto irlandese, e la psichedelia soft degli anni Settanta, ma con un gusto contemporaneo, che ci fa gustare ogni momento del viaggio.

A fare da contraltare a tanta dolcezza nei suoni, sono i testi, che, fin dal titolo, fanno riferimento al bisogno di partire e cambiare, e alla spinta diametralmente opposta al ritorno alla casa. Pendulum Swing, infatti, è difficilmente traducibile in un termine, ma allude all'altalena interiore, alla perenne indecisione di chi vorrebbe staccarsi dalle sicurezze del passato, ma teme il futuro.

Per esempio, il sussurro di Priddy ci conduce a comprendere un brano come First House on the Left, oppure A Boat on the River, in cui la voce narrante si volge a guardare una "boat made of old bricks and mortar”, una barca che racchiude una famiglia come il guscio di una noce (Walnut Shell). 

"Nel complesso, volevo che 'The Pendulum Swing' suonasse come qualcosa di vissuto, e questo è catturato dalle atmosfere a tratti spettrali, dal suono degli orologi meccanici, dalle assi del pavimento che scricchiolano, dai sussurri indistinti delle vecchie registrazioni su nastro della mia famiglia che sono disseminate ovunque. Voglio invitare l'ascoltatore ad entrare, sedersi, abitare l'album per un po'", afferma Priddy. Questo si può avvertire ovunque, sia nella traccia di apertura, sia in Father of Two (con le voci dei genitori ad aprire il brano), sia in quella finale, Leaving, in cui compaiono alcuni suoni familiari, a ribadire l'ispirazione home made di queste dodici piccole perle.

Non si pensi però a un disco monotematico, né monotono: basterebbe ascoltare il ritmo di Northern Sunrise, con gli ottoni di Marcus Hamblett e i ricami della chitarra di John Smith, per capire la ricchezza di sfumature delle composizioni. Gli archi di Harry Fausing Smith e il violoncello di Polly Virr donano ulteriore spessore alle sonorità, mentre, nel gioiello country Ready to Go, le voci di Priddy e di George Boomsma (il co-autore) suggeriscono compiutamente lo spirito di tutto il lavoro, evocando grandi maestri come Alison Krauss o Robert Plant. 

Ottima seconda prova, a testimoniare che il folk si sa rinnovare, nella sua continua oscillazione tra passato e futuro.

 

 

Track List

  • Returning
  • Selah
  • First House on the Left
  • These Words Of Mine
  • Does She Hold You Like I Did
  • Northern Sunrise
  • A Boat on the River
  • Father of Two
  • Anyway, Always
  • Walnut Shell
  • Ready to Go
  • Leaving