Peace Town<small></small>
Americana • Country • Rock

Jimmy Lafave Peace Town

2018 - Music Road Records

09/07/2018 di Marcello Matranga

#Jimmy Lafave#Americana#Country

Ogni album racchiude una storia che ne influenza in maniera più o meno diretta la scrittura e le canzoni che vengono incise. Nel caso di Jimmy LaFave questo è un disco che nasce dalla consapevolezza di essere arrivato al passo finale della sua vita terrena. Agli inizi del 2017 Jimmy è entrato in studio per lasciare la sua testimonianza finale. L'estate precedente gli era stato diagnosticato un sarcoma molto aggressivo e probabilmente fatale. Dopo aver cercato e provato alcune possibili opzioni di trattamento, all'inizio del 2017 LaFave aveva compreso ed accettato che i suoi giorni fossero ormai contati. Ha quindi deciso di voler lasciare una sorta di testamento musicale.

Tre giorni di registrazioni, con la fortuna di avere buona la prima session, è riuscito a registrare 100 canzoni. Nonostante i dolori, lo scarso fiato, l’effetto devastante della morfina presa per attenuare la sofferenza causata dalla malattia, Jimmy canta col cuore, dando tutto se stesso. "È entrato e ha dato ancora tutto", ha dichiarato Ashley Warren, fiduciario primario per il Jimmy LaFave Intellectual Property Trust. "La sua forza e la sua determinazione sono state straordinarie”. Pochissime sovraincisioni o parti reincise, come LaFave amava sempre fare durante le sue sessioni. Il nipote di Jimmy, Jesse LaFave, che era stato musicalmente indotto alla musica da suo zio fin dalla prima adolescenza, e che aveva lavorato per lui suonando negli ultimi anni, partecipando ad alcune delle sessioni di Peace Town. "Non so come l'abbia fatto. È stato un vero regalo che ha finito in questo modo”.

Peace Town tocca vertici massimi nella discografia di LaFave, musicista che uno non proprio qualunque come Dave Marsh, ha definito come "una delle più grandi voci d'America" Il doppio album mette in mostra la sua abilità come interprete riconosciuto di  materiale di artisti celeberrimi quali The Band, Pete Townshend, Leon Russell, Chuck Berry e J.J. Cale, l’amato, immancabile ed irrinunciabile Bob Dylan (ben tre canzoni), Woody Guthrie, Leon Russell, Butch Hancock, Tim Easton.

L’album is apre con una clamorosa rilettura di Let Me Love Open The Door di Pete Townshend, originariamente apparsa su Empty Glass uscito nel 1980. Beh, credetemi, c’è di che rimanere esterrefatti dalla bellezza di questa versione. Il pianoforte apre la strada al resto degli strumenti ed è estasi pura. Certo se cominci così cosa puoi aspettarti dal seguito? Ed ogni dubbio viene spazzato via dalla seguente Minstrel Boy Howling At The Moon che era già apparsa in versione diversa su Highway Trance (1994). Qui Jimmy si supera con una ballata spettacolare nella sua semplicità cui si contrappone una bellezza adamantina. La title track ha il testo di Woody Guthrie adagiato su una partitura musicale scritta da LaFave, il cui risultato finale è delizioso. Bob Dylan riletto da Jimmy LaFave è la cosa meno banale che ci si possa attendere. Quante prove ce ne ha dato Jimmy nel corso della sua carriera è perfno difficile quantificarlo. E non è da meno questa What Good Am I (Oh Mercy era il disco sulla quale appariva la versione di Bob). Sembra quasi che Jimmy abbia voluto riservarle un trattamento deferente e soffuso, ma dal risultato veramente bello.

Il secondo capolavoro del disco, dopo l’iniziale Let Me Love Open The Door, arriva con una rilettura da pelle d’oca di Help Me Through The Day scritta da quel genio di Leon Russell. Versione lunga, infinita, drammatica, quasi sette minuti di emozioni con il pianoforte sugli scudi nella parte iniziale che apre la strada ad un tempo scandito dalla sezione ritmica e da una chitarra assassina che si staglia sullo sfondo. Potrei ascoltare questa versione in loop decine di volte senza stancarmene. I May Be Used (But I Ain’t Used Up) la conoscevo nella versione di Waylon Jennings, anche se la canzone in realtà è stata scritta da Bob McDill, celeberrimo autore di decine e decine di successi in ambito Country. Bella versione, ma dopo aver volato altissimo ci siamo presi una piccola sosta che in realtà lasciamo subito per tornare dalle parti del Dylan degli inizi con un pezzo come My Back Pages. Vale qunto scritto poco sopra su come Jimmy abbia spesso saputo rivisitare il più grande songwriter che la musica abbia conosciuto in maniera personalissima. Provate a sentire questa versione e comprenderete di certo il senso delle mie parole. My Oklahoma Home che i più ricorderanno per la versione di Bruce Springsteen nelle Seeger Sessions. Scritta da Agnes “Sis” Cunningham (fondatrice del Broadside Magazine) e da suo fratello Bill, è un’altro dei vertici assoluti di Peace Town. Siamo in ambito Folk, ma la versione di Jimmy colpisce per la grande forza che viene trasmessa nell’interpretazione. Un gioiello di altissimo livello. A Thousand By My Side arriva dalla penna di LaFave. E’ un bel pezzo solo strumentale sempre ben suonato ma decisamente nella norma. Il compito di chiudere il primo CD spetta ad una intensa ed emozionante Already Gone di Butch Hancock.

Quando parte il secondo CD con It Makes No Difference di The Band si raggiunge l’apice della bellezza. certo, merito della canzone, un capolavoro per conto suo, ma la rilettura di LaFave è meravigliosa. Classicissima nell’andamento, suonata con amore che trasuda dai solchi (una volta, col vinile….). Insomma un’emozione incredibile per un pezzo di bellezza straordinaria. E poi il pianoforte, suonato da Stefano Intelisano, è magistrale. Naturally di JJ Cale, è un disco che ho personalmente consumato. Ritrovare tra le canzoni di Peace Town una bellissima Don’t Go To Strangers, cucita addosso a Jimmy LaFave per stile è  stato sorprendente. La canzone si apre ed arricchisce di sapori diversi rispetto all’orginale. Provate a metterle a confronto e comprenderete meglio quanto scrivo. When The Thought Of You Catches Up With Me personalmente mi suona sconosciuta. Arriva dalla penna di David Ball, artista Country praticamente un Signor nessuno dalle nostre parti. Il pezzo è piacevole, ma nulla di trascendentale. Salvation Train vede ripertersi quanto avvenito in preceenza per la title track, ovvero testo di Woody Guthrie e musica di Jimmy LaFave., così come avverrà poco più avanti per Sideline Woman. Salvation Train è un bel pezzo dall’incedere rock/blues, che si accende con l’ingresso dell’organo. Sarebbe stato perfetto per un sing-alone nel finale di un concerto. Blues che si respira nella seguente Ramblin’ Sky, scritta da LaFave, confermando la piacevolezza delle composizioni scelte per questo album. Molto, molto piacevole The Promised Land di Chuck Berry, un classicone rivisitato in passato da gente come The Band, Grateful Dead, Elvis Presley, Johnny Rivers. La versione di LaFave mescola il Rock’n’Roll del pezzo originale con il Country dando vita ad un risultato intrigante. Your Gonna Make Me Lonesome When You Go è il terzo brano di Dylan della raccolta. Rivisitazione personale come sempre, ballata ariosa ed intensa. Ineccepibile verrebbe da dire.Untitled è il secondo pezzo solo strumentale del disco chitarristico e rockeggiante, con vaghi rimandi al Mark Knopfler dei Dire Straits. Goodbye Amsterdam di Tim Easton ha il compito di chiudere in bellezza questo disco con una versione dove la fisarmonica riveste una parte importante appena dietro la voce di Jimmy.

Peace Town è destinato ad essere uno dei dischi più apprezzati di questo 2018, almeno nel suo ambito musicale, facendo crescere il rimpianto per la scomparsa, tanto prematura quanto dolorosa, di un artista tanto amato.

 

Track List

  • Disc 1:
  • Let My Love Open The Door
  • Minstrel Boy Howling At The Moon
  • Peace Town
  • What Good Am I
  • Help Me Make It Through The Day
  • May Be Used (But I Aint Used Up)
  • My Back Pages
  • My Oklahoma Home
  • A Thousand By My Side.
  • Disc 2:
  • It Makes No Difference
  • Dont Go To Strangers
  • When The Thought Of You Catches Up With Me
  • Salvation Train
  • Rambling Sky
  • Sideline Woman
  • The Promised Land
  • Your Gonna Make Me Lonesome When You Go
  • Untitled
  • Goodbye Amsterdam

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