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Giovanni Allevi Joy
2006 - Bollettino Edizioni Musicali / Sony
Il disco infatti viene proprio aperto dalle note di “Panic”, un brano delicato come spesso si può riscontrare nella scrittura pianistica di Allevi e che, come per l’apertura assegnata a “No concept”, assume il ruolo di un invito all’ascolto. Molto bello anche il successivo “Portami via” con echi classici abbastanza marcati e “Downtown” con il suo movimento fluido alternato ad accenni di singhiozzo che si dilatano fino a sfociare in sincopi, proprio come quelle del traffico di auto e persone cittadine.
Il disco scorre piacevole anche sulle note di “Water dance”, brano molto leggero e svolazzante, seguito da “Viaggio in aereo” e “Follow you” che, giocata su toni più cupi delle precedenti, sembra avere una funzione di passaggio riflessiva ed introspettiva.
Facendo il gioco di affinità e divergenze, “Joy”, rispetto a “No concept”, suona molto meno legato agli Stati Uniti, alle intenzioni blues molto mascherate che stavano alla base; questo disco ha un suono decisamente più europeo, più classico, pur rimanendo scritto dalle stesse mani. Allo stesso tempo rimane estremamente melodico, composto da brani che hanno una capacità comunicativa diretta ed immediata sull’ascoltatore.
La conferma potrebbe essere il brano intitolato “Vento d’Europa”, il più legato alla tradizione pianistica europea, in cui si sentono ancora gli influssi di Chopin, soprattutto quello delle Ballate.
Affascinante la tensione che entra ne “L’orologio degli dei” ed il suo scorrere ripetitivo seguita da “Back to life”. Una nota negativa si ritrova a mio parere solo nel brano “Jazzmatic” in cui Allevi gioca forse su un ritmo non suo.
Con “Joy” Allevi porta avanti un approccio che si è fatto sempre più personale allo strumento reinventando i propri studi classici ed applicandoli alle durate, ai tempi, alle movenze della forma canzone, con una prassi esecutiva ed una scrittura in cui il compositore ha trovato la più fertile delle miscele.