Un album corposo, con punte cupe velate dal nonsense malinconico, nel terzo lavoro discografico di
Gerardo Pozzi intitolato
Sono una brava persona, descrivendo la paura del non tangibile, di quegli affetti che sono più facili da allontanare che da vivere, trasformando le persone in indesiderati e, forse, in intralcianti. Il cantautore veneto non si pone limiti, presentando quindici tracce, senza mai abbassare il colpo, anzi attirando l'attenzione con giochi vocali inattesi, sostenendosi con un pianoforte che produce un suono avvolgente, in una solitudine nella quale sembrano scritti i testi. Un percorso umano, tra pause, riflessioni, immagini paradossali, e malesseri magistralmente raccontati in
Un’idea di galera, ma anche una serie di osservazioni attorno a sé, per poi ripercuotersi sullo stesso, come in
Caino vs Caino.
Sono una brava persona, durante l’ascolto, sembra un intercalare, una premessa doverosa, un voler andare oltre ciò che si ascolta, un “nonostante ciò che vi racconto”:
Sono una brava persona, e serve una sensibilità smisurata per proporre delle tracce così personali, dense e di sicura non immediata comprensione che si trasformano in un riempimento umano nell’uditore. Musicalmente suonato ed arrangiato egregiamente, tra violino (
Angelo Lovat), fisarmonica (
Sergio Marchesini), violoncello (
Alberto Petterle), arpa (
Beatrice Zaia), contrabbasso (
Filippo Tantino), oltre alle chitarre di
Enrico di Luca e di
Mauro da Ros in
Ta sèt ù bàmbo, mentre
Gerardo Pozzi, oltre alla voce, lo si ritrova al pianoforte, alla batteria, alle percussionie al sax tenore; col sapore di strumenti suonati, con le immagini di musicisti attenti alle note, in una chiave degli anni passati tra musica autorale e popolare, rivisitata.
La stessa immagine di copertina racchiude il senso dell’intero lavoro, nella desolazione, nell’abbandono ritrovarsi tra i piaceri nel “ripulirsi” dalla vita, facendo emergere l’interiorità più pura, fino ad arrivare a cercare di essere evitati in
Noi 4 artistucoli, in chiave molto ironica, in grado di riportare alla mente l’idea stereotipata di un artista che sul palco deve recitare, anche quando propone un’altra arte. Proprio con la dodicesima traccia inizia la parte più pregnante del disco con di quella crudezza disarmante ed affascinante, infatti a seguire la perla di
Sono una brava persona:
Stabat Mater con voce e testo di
Natalino Balasso, uno squarcio nel profondo che lo stesso
Gerardo Pozzi riesce a curare con
Reflex, la traccia che colpisce, probabilmente la più immediata, ma da riascoltare finché non si comprende che il cantautore è ora libero concludendo con
“guarderò dritto il mio specchio / lo fisserò stretto / e quando chiuderò gli occhi / sarò te stesso / finalmente te stesso / ma libero adesso / libero”.
Sono una brava persona è uno di quei lavori che richiede attenzione, ma che reisce a prenderti per mano per superare i momenti più ostici, ma anche per ricordare che si sono superati, è poesia moderna, è la capacità di comunicare vita con la voce, con l’ironia, la sensibilità e l’intelligenza che dimostra
Gerardo Pozzi.