Namatoulee<small></small>
Derive • Suoni • Improvvisazione

Francesca Naibo Namatoulee

2020 - AUT Records

14/07/2020 di Paolo Ronchetti

#Francesca Naibo#Derive#Suoni

Il percorso della libera improvvisazione è sempre stato gioia e dolore per le orecchie. A volte se ne gode più dal vivo che nei lavori totalmente in studio dove l’esperienza sonora rischia di perdere forza e impatto emotivo. Con questo esordio di Francesca Naibo mi trovo invece di fronte ad un lavoro in studio che non perde nulla dell’efficacia live. Merito sicuramente della consapevolezza tecnica e teorica della chitarrista di Vittorio Veneto e Milanese di adozione. Ciò che colpisce nella Naibo è la sensazione continua di una fluidità in come le cose accadono; la sensazione forte che Francesca sappia sempre aspettare che qualcosa succederà e che ciò darà la possibilità di una nuova esplorazione. Questo avviene nelle sue lunghe improvvisazioni live ma in maniera incredibile anche in queste quattordici composizioni più raccolte nel tempo ma capaci di raccontare, come un viaggio, il suo limpido e ricco paesaggio sonoro.

Namatoulee, e in generale il suono della Naibo, sembra scaturire da una profonda attenzione al gesto e al respiro e mi rimanda a gesti ripetuti e affinati come in uno spettacolo di Danio Manfredini o ai gesti (apparentemente?) tranquilli di un mistico. Non sembra aver bisogno di accelerare od eccedere o mostrare. Preferisce cesellare e sospendere; respirare e fare fluire suono e idee. Certo anche lei ha i suoi trucchi e le sue frasi amate ma sembra usarle con naturale parsimonia all’interno di discorsi/percorsi più ampi.

Colpisce poi la personalità che sembra non rifarsi mai pedissequamente ai grandi nomi dell’improvvisazione (soprattutto chitarristica) e la varietà di approcci e stili che è capace di affrontare. Colpisce la sensazione di matericità del suo strumento che è mantenuta intatta dal bel lavoro di Stefano Castagna che ha registrato splendidamente i brani in un paio di giornate al Ritmo&Blue Studio. Colpisce la moltitudine ispirativa e timbrica.

Inutile citare i molti titoli ma già l’apertura sonica/siderale di Mae Lougon, fatta di lievi larsen e vibrazioni di corde/metalli/legni, colpisce e va a declinarsi verso fraseggi nervosi a cui segue Toundaleda: uno sgocciolio che si trasforma in tempesta e che, piano piano, ritorna ad essere sgocciolio. Ma queste sono solo suggestioni, così come i titoli dei brani, dati in un secondo momento cercando di inventare fonemi che richiamassero i suoni registrati.

Quello che appare evidente è come la Naibo conosca e controlli/discontrolli ogni pezzo della sua chitarra; ogni oggetto e effetto usato; ogni soffio di quella voce che a tratti usa per sostenere o contrappuntare le note della chitarra; il preciso uso dell’archetto che talvolta confonde il suono della chitarra con quello di un violoncello.

C’è tanto da scoprire in questa artista che mi appare una delle promesse più belle che possiamo custodire oggi in Italia anche a fronte di una leggerezza e padronanza del linguaggio che lascia ammirati. Una tavolozza sonora di grande varietà che fa dire, al violoncellista e improvvisatore Hank Roberts (tra gli altri con Frisell, Berne, Arcado String Trio) nelle note di copertina: “Francesca non suona come nessun altro: un improvvisatrice/compositore dinamica e di talento che porta suoni importanti e originali nel mondo della musica…” “... C'è una passione per la musica/suono /scultura e interazione dinamica, originata da un innovatrice che crede in se stessa e nel suo processo individuale di creatività…” “…in cui la comunicazione trascende oltre ciò che pensiamo di sapere o che vogliamo dire.”

Francesca Naibo: guitar, objects, effects, composition

Track List

  • Mae Lougon
  • Toundaleda
  • Nadare Nura
  • Fadadada
  • Lanka
  • Làmeda Lemèda
  • Foush
  • Teing Dol
  • Gontenghen
  • Fron-ne
  • Dengoro
  • Groff
  • Walee
  • Tandiketi