Femina Ridens<small></small>
Emergenti • Songwriting • folk, dream-pop, cantautorato sperimentale

Femina Ridens Femina Ridens

2013 - A Buzz Supreme/Audioglobe/Digitalea/The Orchard

05/09/2013 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Femina Ridens#Emergenti#Songwriting #Folk

Personalmente ne ho scoperto l’album in uscita alcuni mesi fa, grazie a una cover live pubblicata su YouTube e dedicata a un gioiellino carnale e lirico, dal titolo volutamente provocatorio, l’intensa Masturbati di Andrea Tich (1978): lei è Francesca Messina, che, dopo un lungo e articolato percorso tra variegate formazioni musicali, teatro e doppiaggio, ha esordito come solista sotto il moniker Femina Ridens, come la pellicola del 1969 di Piero Schivazappa, definita da Marco Giusti “cultissimo erotico con pretese”.

Ed è un “debutto” di grande caratura: tra il risuonare lieve delle lamelle della kalimba e altre percussioni, dal suono antico e misterioso, chitarre acustiche, glockenspiel (nella vertigine perlescente di Tutto il mio silenzio, uno dei brani dall’arrangiamento più efficace) e synths, ora eterei, ora densi di ansia, la voce della songwriter scorre delicata e viscerale, fatata e uterina, liquida nell’impastare le parole come al maschile sa esserlo forse solo la voce di Marco Parente, incredibilmente acuta, calda e fluida come il suono di uno strumento o il canto doloroso e poetico di una qualche mirabile specie ornitologica.

È facile paragonarne lo stile a quello di Cristina Donà, ma nei suoni minimali, dotati di un passo dolente, eppure al contempo in grado di squadernare incanti evanescenti, nei testi accurati e sapidi, nella voce che inietta brividi sottopelle c’è già uno stile personale. Mentre lo elabora, la Messina non fugge sulle nuvole rosa di improbabili amori idealizzati, ma dipinge i colori reali di pensieri e riflessioni, degli sfoghi di una satira schietta, eppure raffinata (Appariscente, dedicata a un playboy superficiale e bugiardo, che sembra quasi destinato alla stessa cruenta fine del sadico dottor Sayer di Femina ridens), così come di delusioni e speranze, come negli auspici di Barbablù, chiusa da leggeri tocchi di marranzano (“dimentica, sorridi, senza rancore, smembra l’uomo bestiale e che rinasca migliore”).

Si tratta di pregiata scrittura al femminile, che riveste i brani e li nutre di colori e umori intimi, come accade anche nell’unica cover delle otto tracce, la splendida Vorrei incontrarti dell’Alan Sorrenti che pareva il Tim Buckley italiano: Francesca ce ne regala una versione che mescola alla perfezione delicatezza accorata, alimentata da arpeggi acustici, a momenti impetuosi, uniti alla prima attraverso crescendo decisi e avvolgenti.

Rasserenanti e figlie del miglior folk sono Ciò che non hai fatto e Unici, molto in odore di sonorità americane, mentre equilibratissima, tra sonorità scarne, trasparenze oniriche e l’abbraccio incoraggiante del sostegno ritmico appare Esuberanza, che scintilla della luce accesa da una certezza ancora una volta realistica: “c’è ancora qualcosa per cui conviene svegliarsi”. La vita non si presenta semplice e facile come nelle commedie hollywoodiane, né degradata come in canzoni che esibiscono uno stile sciatto e ruvido, ma vi si resiste con la grazia della bellezza e l’arma di un sorriso tagliente. Un album da ascoltare. 

Track List

  • Relazioni ansiose
  • Vorrei incontrarti
  • Appariscente
  • Tutto il mio silenzio
  • Ciò che non hai fatto
  • Barbablù
  • Esuberanza
  • Unici

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