Allan Holdsworth None Too Soon
2012 - MoonJune
In questa ristampa del ’96, il grande chitarrista stravolge lo standard jazz alla sua maniera, squarciando ancora di più il genere al fine di portarlo a un estremo sonoro adatto a più spettatori, non soltanto jazzofili. L’irriconoscibile Nuages di Django Reinhardt, il buon lavoro fatto su Isotope di Joe Henderson e così per tutti gli altri omaggi (Coltrane, Evans e non potevano mancare i Beatles che finiscono ovunque, anche qui), danno merito al musicista britannico di aver praticato, a suo tempo, una ricerca non indifferente nel repertorio e nel suono.
A mio avviso, l’aspetto più interessante di questo lavoro riguarda la capacità di ottenere, in quasi tutte le tracce, una botta e risposta di assoli con il grande tastierista Gordon Beck, mantenendo la sezione ritmica comunque in risalto (onore al mitico Kirk Covington e a Gary Willis), al fine di proporre un disco, per il disco che è, in cui tutti gli elementi sono protagonisti e il suono arriva come quello di un quartetto, non soltanto di un singolo elemento in prima linea.
In questo modo, anche la rilettura di Norvegian Wood ha il suo fascino e i brani più intimisti (i 7:44 minuti della trilogia None Too Soon) stratificano una superficie orchestrale di arrangiamenti dal giusto peso.
Certo, è Allan Holdsworth. Lo si premia per la sua innata bravura, si cerca ancora di capirlo e rispolverarlo, gli si perdonano gli eccessi ma, oggi più che mai, risulta un musicista anacronistico, paladino di un periodo di evoluzioni in cui i guitar heroes cervellotici godevano di gran pubblico. (S)fortuna che, come cantavano gli Afterhours, per qualcuno Non si esce vivi dagli anni ottanta, per altri, i più giovani, quelli che non hanno vissuto nemmeno i novanta, sarebbe abbastanza improbabile l'avvicinamento ad un album del genere.