Io so come sei riuscito a vivere senza gli altri <small></small>
Italiana • Canzone d`autore • pop, synth-pop

Alia Io so come sei riuscito a vivere senza gli altri

2022 - Radici Music Records

19/08/2022 di Ambrosia J. S. Imbornone

#Alia #Italiana#Canzone d`autore

Quest’anno, proprio qualche giorno dopo l’uscita di questo disco, mi è capitato di ascoltare qualche pezzo dell’Eurovision Song Contest, come quelli di Nadir Rustamli dell’Azerbaijan, Sheldon Riley dell’Australia o il secondo classificato Sam Ryder (UK) e di chiedermi, al di là del dato di fatto che l’ESC sia un incrocio tra una fiera del trash, Risiko e Giochi senza frontiere in versione musicale: come mai in Italia non c’è molto spazio per belle voci maschili? Le abbiamo spesso trascurate, a favore del cantautore che scrive testi impegnati, ma canta con un filo di voce, del rapper, del trapper? Non che una voce debba essere un assoluto da esaltare, ma è strano anche che coglierne e cercarne la bellezza non vada di moda, o che talora la voce in un cantante sia trascurata e poco influente nel determinare successo o insuccesso nel panorama musicale italiano, a fronte di altri fattori (estetica, look, promozione, testi giovanilistici, giusto per usare un aggettivo da boomer, ecc. ecc.).

Cosa c’entra questo preambolo con Alessandro Curcio, ovvero Alia, cantautore e musicista giunto al terzo album, le cui origini sono in terra di Bergamo, ma ormai da tempo attivo in quel di Prato, ovviamente in Toscana? Beh, è presto detto: Alia non solo scrive testi e musica, ma effettivamente canta e ha una voce che si ricorda, fluida, liquida, morbida. Ed è tornato con un disco synth-pop dalle sonorità curate, luminose e/o malinconiche, deliziosamente esterofile, lievi o agrodolci, per cui ha scelto un approccio più collettivo e corale, coinvolgendo, anche in veste di musicisti, vari produttori, ovvero lo spagnolo Ruben KielmannseggeFabio Rizzo (titolare dell’etichetta palermitana 800A Records, chitarrista e cantante della band Waines, musicista con nomi come Fabrizio Cammarata & The Second Grace e Alessio Bondì, produttore artistico per Il Pan del Diavolo, Dimartino, Angelo Sicurella, Nicolò Carnesi, Black Eyed Dog e altri), Luca Urbani (musicista, produttore e autore, fondatore dei Soerba, solista da quindici anni, al fianco di Garbo, Bluvertigo, Alice, ecc.) e Cesare Malfatti (noto ovviamente come componente dei La Crus e del duo The Dining Rooms, cantautore, compositore e produttore), già presente tra gli ospiti dei precedenti lavori Asteroidi (2014) e Giraffe (2018).

La dimensione in cui le nove canzoni del disco si muovono è soprattutto quella della nostalgia; ha raccontato infatti Alia: “Ho perso mio fratello nel 2020, appena poco prima della pandemia. Sebbene quasi tutto il materiale sia antecedente tale evento, ho notato che le nuove canzoni erano rivolte al concetto di memoria. Ultimamente indugio infatti nei ricordi, rifiuto l’accelerazione e la bidimensionalità della narrazione pop contemporanea, mi dedico in prevalenza ad ascolti che riaprono cassetti ed evocano odori e profumi. Potrebbe trattarsi di una fase momentanea, ma in ogni caso voglio assecondarla. Emil Cioran diceva che “la nostalgia, più di ogni altra cosa, ci dà il brivido della nostra imperfezione”.

La nostalgia colora allora le sfumature variegate di questi nuovi brani, come una polvere magica di stelle, come le tinte rossastre di vecchie Polaroid, come un sapore dolceamaro da nodo in gola, tra i ricordi della bellezza estatica e lenta di Educazione sentimentale, tra le lacrime trattenute e poi liberate a cui si accenna nella breve Laura, o in un dialogo che, al di là dei dedicatari dei brani, è spesso soprattutto con sé stessi. Ecco allora riflessioni introspettive su temi come la difficoltà di sciogliersi (mentre un tempo si aveva il cuore “aperto ad ogni attacco”) e di esprimere i propri sentimenti, pure presenti, sul sentirsi come uno stagno, su una specie di “anestetizzazione” per cui tutto diventa meccanico, non si riesce a reagire e a sentire più niente, sull’inaridirsi che nel dolore temporaneamente fa anche bene, sulle maschere di disinvoltura e rigore, sullo spazio dell’interlinea tra “la vita che hai dentro e quella che hai perso”, o hai scelto. E ancora, con un tocco favolistico e struggente, si parla di chi è riuscito a vivere senza gli altri, come il pesce leone, che “vive da solo nel mare” con la sua “corazza speciale”.

Inconfondibile, tra gli altri, il tocco di Urbani nei due brani centrali della tracklist, il singolo Questo corpo e Il mio amore particolare: nel primo si ascoltano beat e synth sinuosi e notturni, freschi e insieme carichi di pathos e intimi, mentre nel secondo, tra chitarre acustiche nostalgiche e sintetizzatore, si dipana un approccio più melodico, ma pur sempre sperimentale, in un afflato vaporoso e poetico.

Ben riconoscibile è anche la raffinatezza e la nebbia lattiginosa e perlescente che attraversa gli ultimi due brani, prodotti da Malfatti, tra arpeggi di chitarra, un piano al contempo misurato e dolce e bossanova placida, che si apre a sfumature colorate, acuti e toni sognanti.

Alia ci ha regalato in definitiva un album delicato in cui entrare in punta di piedi tra le immagini dei suoi ricordi, come lo scatto di famiglia scelto per la copertina, un disco che valorizza pieni e vuoti, passando da bassi introspettivi a chitarre elettriche intime e a sonorità più vivaci e divertite, da momenti acustici impalpabili a introspezioni eleganti tra tastiere, piano e synth. L’elettronica viene declinata in varie forme, tremando nei nostri pensieri come acqua di fonte in cui specchiarsi e specchiarci, nei nostri bilanci personali, nei cambiamenti che non si possono evitare e negli strappi di cui non si riesce neanche ad avere subito un’adeguata percezione, nelle pieghe interiori dei nostri umori e stati d’animo, a volte impercettibili, eppure vividi e genuini.

Track List

  • Stevenson
  • Una brutta persona
  • Interlinea
  • Educazione sentimentale
  • Questo corpo
  • Il mio amore particolare
  • 8 febbraio 2020
  • Dolce
  • Il sogno del pesce leone