La Crus

live report

La Crus Milano / Santeria Toscana

10/05/2024 di Valeria Di Tano

Concerto del 10/05/2024

#La Crus#Italiana#Canzone d`autore

Ci sono cose che si scoprono con una illuminazione improvvisa, in un istante preciso che col tempo si può considerare a buon diritto una specie di scintilla: da lì in poi, grazie a quella scoperta, la vita cambia, migliora, si accende. 

Eravamo tantissimi venerdì 10 maggio in Santeria, a Milano: sguardi stanchi di gente che ha lavorato una intera settimana prima di riversarsi nella movida milanese di inizio weekend, con i capelli grigi, rughe intorno agli occhi, immersi nel fitto chiacchiericcio di chi si conosce e si riconosce.

La musica entra nel vivo con Lele Battista, "eroe romantico" di venticinque anni fa: delicato, coinvolgente, appassionato.
Ma sono i La Crus che infiammano il pubblico appena occupano lo spazio del palco.
Cioè Cesare Malfatti e Mauro Ermanno Giovanardi, che solletica l'aria facendo piovere tra le labbra di chi canta insieme a lui "piove persino sul mare/ che non ha certo bisogno/ di farsi bagnare". E dovevamo capirlo che era solo l'inizio, che quell'emozione avrebbe lasciato spazio a molte altre: Mentimi, Shitstorm, Come ogni volta, La nera Signora, Mangia, dormi, lavora, ripeti sono micce accese sotto la nostalgia, la rabbia, la delusione, la speranza che ci avvampano gola e visi. Impossibile chiamarsi fuori da questo crogiolo in cui tutto si fonde e che continua con Natale a Milano, L'uomo che non hai. A questo punto, ormai, le lacrime di malinconia che scivolano fuori da occhi truccati luccicano come rivoli di stelle sotto i fari colorati.

Joe è uno spettacolo di nervi, che guizza sul palco riempiendolo come un gigante, finché nella sua voce colossale, magnetica, scava uno spazio delicato, quasi un rifugio in cui trova posto il suono della tromba di Paolo Milanesi, impeccabile, seducente, complice: Dentro me è una poesia che fa tremare.
È il momento de La Rivoluzione, quando la voce di Chiara Castello, tastiere e cori superbi, diventa protagonista accanto a quella di Joe: un intreccio plasmato nella creta, solido e compatto. 

Insieme, fanno faville.
Alle prime note di Io confesso siamo ormai cotti dalla brace dei La Crus leggendari: cantiamo tutti, nessuno escluso, raccontando senza rendercene conto di chi ci ha spezzato il cuore, da qualche parte lontano. Suona liberatorio, come un rituale collettivo, come una preghiera a un dio al quale, subito dopo, chiediamo peròProteggimi da ciò che voglio.

Ma a questo punto accade qualcosa di inaspettato: il microfono passa dalle mani esperte e salde di Joe a quelle di Alex Cremonesi ed è una specie di magia liquida e tiepida che ci scorre sulla pelle e sotto. Io non ho inventato la felicità, canta e lo fa con una emozione che potrebbe essere distillata e usata per rianimare certe giornate grigie, perché è colorata, dolce, struggente, eroicamente fragile.

Quel tremore passa da lui al pubblico, diventa sospiro, diventa respiro. E fa benissimo.

Certe cose si scoprono in un baleno, per altre ci vuole il tempo di un concerto: forse è vero che nessuno inventa la felicità ma quel che è certo che i La Crus - Joe, Chiara, Cesare Malfatti, Leziero Rescigno alla batteria, Marco Carusino al basso, Alex e Paolo -, per chi era in Santeria, da questa serata in poi ne detengono inequivocabilmente il brevetto.