Stefano Barotti

interviste

Stefano Barotti

10/12/2003 di Christian Verzeletti

#Stefano Barotti#Italiana#Canzone d`autore

Stefano Barotti è un cantautore “in costruzione”: ha fondamenta solide, mani da artigiano e canzoni che contengono molto di più di quanto lasci pensare la sua età. Il suo esordio, pubblicato dalla Club De Musique e distribuito dall’I.R.D., è uno dei dischi in italiano più promettenti di quest’anno. Siamo convinti che Stefano sia già un autore da seguire.

  
    Interviste:

                   Stefano Barotti

Stefano Barotti è un cantautore "in costruzione": ha fondamenta solide, mani da artigiano e canzoni che contengono molto di più di quanto lasci pensare la sua età. Il suo esordio, pubblicato dalla Club De Musique e distribuito dall'I.R.D., è uno dei dischi in italiano più promettenti di quest'anno. Siamo convinti che Stefano sia già un autore da seguire.


Mescalina: Stefano, dove ti trovi? Dalle tue canzoni direi che non vivi distante dal mare …
Stefano Barotti: Dieci minuti a piedi con un buon passo.

Mescalina: È curioso che la tua etichetta (Club De Musique Records) sia invece di Courmayeur, in alta montagna …
Stefano Barotti: Le montagne ci sono anche qui, anche se non cosi alte e maestose. Questo disco per essere finito ha fatto il giro del mondo: le canzoni sono nate a Massa, sono state registrate in Liguria e in Nuovo Messico, è stato masterizzato in Colorado e stampato in Austria per un etichetta di Courmayeur. Ha viaggiato più di me…..

Mescalina: Come mai arriva ad un'età già adulta? Oggi gli esordienti tendono a bruciare la loro giovinezza …
Stefano Barotti: Quando avevo vent'anni quello che scrivevo dopo un paio di mesi non mi piaceva più. Col tempo sentivo quelle canzoni imperfette e deboli. Certo, c'era una verginità musicale e un istinto creativo che si sono persi col passare degli anni, ma non oso pensare ad un mio disco prima dei 28 anni.

Mescalina: In altre parole ti senti uno di quegli "Uomini in costruzione" del titolo?
Stefano Barotti: Sì, sia come persona sia artisticamente, la canzone che dovrò scrivere o che sto costruendo è quella che mi interessa di più. Non mi piace appoggiarmi alle cose già fatte e finite. La sorpresa e il cambiamento invece mi fanno sentire vivo.

Mescalina: Dalla tua scrittura e dal tuo suono si percepisce un approccio umile, che però guarda sempre lontano …
Stefano Barotti: Credo sia l'intenzione di chi vive vicino al mare e gli basta voltarsi per vedere le montagne. Forse dipende anche dalla mia storia, discendo da contadini e pescatori.

Mescalina: Queste canzoni tra l'altro ti hanno portato in America: che esperienza è stata?

Stefano Barotti: Bellissima, a Santa Fe con Jono Manson abbiamo ultimato i mixaggi del disco oltre a registrare nuove canzoni. Ho fatto un concerto acustico che ricordo sempre con piacere.. Ho scritto anche una canzone su quell'esperienza "Santa Fe". La canto sempre nei miei concerti, c'è una frase portante che dice: "laggiù dove finisce l'America e comincia la musica".

Mescalina: Con chi hai suonato? E come sei stato accolto?
Stefano Barotti: Ho suonato con Mark Clark (Otmar Liebert), Steve Lindsay (Bill and Bonnie Hearne, Jono Manson ), John Egenes (Bill and Bonnie Hearne, Eliza Gilkyson) e i miei amici Tom Adler e Jaime Michaels, due bravissimi cantautori di Santa Fe, e naturalmente Jono Manson. L'accoglienza è stata straordinaria. Ricordo ancora tutta quella gente che è venuta al mio concerto e che ha seguito in religioso silenzio tutte le mie canzoni.

Mescalina: È da questa esperienza che hai scelto di far produrre il disco a Jono Manson?
Stefano Barotti: No, non è andata cosi. Abbiamo cominciato a registrare in Italia con Jono e musicisti italiani, poi Jono ha portato i nastri negli Stati Uniti e ha cominciato a lavorare su alcune canzoni, arrangiandole. A settembre per chiudere il lavoro sono andato in Nuovo Messico dove abbiamo finito il tutto.

Mescalina: Come vi siete incontrati?
Stefano Barotti: Al Jux Tap di Sarzana, uno splendido locale e sede di Music Village (l'etichetta discografica che con Club De Musique ha prodotto il disco). Il locale è di proprietà di Simone Grassi (produttore esecutivo del mio disco), amico comune mio e di Jono. Lui ci ha fatto incontrare.

Mescalina: Sul disco ci sono musicisti di caratura internazionale …
Stefano Barotti: Sì, è una cosa della quale vado particolarmente fiero.

Mescalina: E poi c'è sempre una presenza sottile che si aggira tra le canzoni: "la certezza di un clandestino a bordo"…
Stefano Barotti: Credo che ognuno di noi abbia degli inquilini interiori. Alcuni affiorano, altri restano nascosti. A me è capitato questo … mi capita di chiamarlo clandestino perché a volte vorrei buttarlo giù dalla nave, ma infondo è un bravo ragazzo. Mi fa piacere tu abbia sentito questa presenza in tutte le canzoni.

Mescalina: Il tuo disco mi ha colpito per l'equilibrio tra l'essere un cantautore introspettivo e un cantastorie …
Stefano Barotti: Mi piace l'introspezione, sia la musica che i pensieri lo sono. Mi piace guardarmi dentro: prima, perché è un pozzo infinito di cose vere e vissute. Secondo, perchè spesso è l'unico modo per arrivare all'espressione. E terzo, volendo fare dell'ironia ma nemmeno più di tanto, si risparmiano un sacco di soldi di analisi. Oltre a questo mi sento un cantastorie, sono toscano, il raccontare, il narrare fa parte del nostro essere. Ci piace stupire.









Mescalina: Anche il suono equilibra il cantautorato italiano con il rock d'autore americano …
Stefano Barotti: Se Ivano Fossati, Francesco De Gregori, Paolo Conte, Fabrizio De Andrè e tanti altri mi hanno influenzato dal punto di vista dell'espressione lirica, il rock d'autore americano e i vari Neil Young, Tom Petty, Bob Dylan e Bruce Springsteen mi hanno plasmato per quello che riguarda le strutture armoniche e il suono. Sono due mondi che sento vicini da sempre.

Mescalina: A forza di parlare di equilibrio, bisogna dire che suoni più maturo di quanto faccia pensare un disco d'esordio! Non credo sia un caso che alcune canzoni sono una "scusa" per riflettere sul ruolo dell'artista, del cantautore e sulla scrittura in sé …
Stefano Barotti: E' come ho detto prima, ci sono artisti che arrivano al loro primo lavoro discografico a vent'anni. Non è il mio caso. Scrivo da sempre e da sempre metto in discussione quello che scrivo. Penso che nel periodo storico in cui viviamo dove tutto corre a una velocità spaventosa il ruolo dell'artista sia cambiato. Non credo nei cantautori eletti e tanto meno nel "tutto è arte". Le canzoni sono della gente, non di chi le scrive.
Dovremmo prenderci tutti un po' meno sul serio.

Mescalina: Di solito come ti viene la scrittura?
Stefano Barotti: Arriva un'idea, una melodia o un verso. Spesso scrivo senza chitarra, l'armonia, cercare gli accordi prima di trovare una chiave taglia le gambe a quello che sta succedendo. Non sono uno che si siede alla scrivania per ogni cosa che gli viene in mente. L'idea, la tengo lì, nel cervello, la lascio maturare. Raramente scrivo. Col tempo impari a capire quando il pesce ha abboccato e quando è tempo di scrivere.
Altre volte prendi la chitarra e guardi se c'è dentro una canzone, ma non succede quasi mai. Scrivo tutto insieme, musica e parole. Mai scritto separatamente. Mi piacciono le canzoni che nascono in 20 minuti. Oltre a questo però c'è anche una parte tecnica, l'istinto non sempre fa tutto da solo. La razionalità serve ad incastrare le parole, cercare una rima, un verbo, o qualunque altra cosa ti permetta di chiudere il cerchio.

Mescalina: Quanto sono stati importanti per te cantautori come De Andrè e De Gregori? E immagino anche altri …
Stefano Barotti: Sono stati di vitale importanza, metto Fabrizio De Andrè su tutti gli altri. I suoi dischi mi hanno cambiato la vita, artisticamente ma anche umanamente. Francesco De Gregori l'ho scoperto tardi, pochi anni fa, mi hanno influenzato molto entrambi. Devo citare anche Ivano Fossati, mi piace il suo mondo, mi ha sempre dato l'impressione di scrivere canzoni con dentro il vento. Le sue canzoni mi fanno pensare a larghi spazi, e non sai mai come e dove atterreranno. Ho imparato molto da loro. A volte mi dicono che somiglio a questi artisti, e mi fa piacere. Altre volte mi dicono che gli somiglio troppo, e mi fa un po' meno piacere. Credo di venire da li, come De Andrè viene da Georges Brassens e De Gregori arriva da Bob Dylan. Io ho avuto loro.

Mescalina: Non ti senti un po'artigiano? In fondo, tutti I cantautori lo sono …
Stefano Barotti: E' la parola che mi piace di più quando si parla di scrivere canzoni. Mettere in relazione la creatività con i gesti manuali di un artigiano e la cosa più azzeccata che si possa dire.

Mescalina: A questo proposito non credi che il cantautorato italiano abbia bisogno di un po' di vigore in più? A parte alcuni casi, sembra ristagnare un po' …
Stefano Barotti: Ne sono convinto, certo bisognerebbe parlare con chi organizza certe manifestazioni, o con chi valuta le qualità di un disco e un artista a seconda delle presenze televisive.
Credo ci siano tanti artisti validi, che hanno idee e voglia. Non credo sia il mondo cantautorale a ristagnare, ma bensì la condizione discografica italiana e il suo concetto di artista. O ti mandano al festivalbar o ti fanno fare il cantautore impegnato.
Sono contento di lavorare con Club De Musique.

Mescalina: Questo ambiente "soffocante" potrebbe essere un motivo che induce alcuni giovani, come te, a cercare soluzioni alternative, anche verso l'America …
Stefano Barotti: Credo di essere stato fortunato. Tutto quello che è capitato con Jono Manson, Club De Musique e Music Village sono state ancore di salvezza per me. A volte mi accusano di troppo americanismo, non vado matto per i puristi. Esistono persone che riconoscono semplicemente le cose che gli piacciono e quelle che non gli piacciono. Io tifo per loro.

Mescalina: Tra l'altro nelle tue canzoni è ricorrente il tema della partenza: i tuoi personaggi hanno spesso le valigie pronte …
Stefano Barotti: Ogni volta che faccio un viaggio, mi piace pensare che una sorpresa, una coincidenza o un nuovo bisogno possa non farmi tornare a casa. Questo penso rifletta nei miei personaggi. Sono affezionato al verso "valigie pronte, stringhe sciolte". Penso sia il mio criterio di libertà.

Mescalina: Forse mi sbaglio, ma ascoltando "Uomini in costruzione" mi sono fatto l'idea di un cantautore timido … e di riflesso ho notato come i protagonisti delle tue canzoni tendano a stare nell'ombra, ad avere una maschera: un lupo, un cecchino, un pagliaccio …
Stefano Barotti: Sono timido, e ho detto più volte di essere un cantautore notturno. Nelle mie canzoni c'è un continuo richiamo alla luna e come dici tu i miei personaggi stanno nell'ombra. Ho sempre l'impressione di essere un po' troppo nudo mettendo sul palco i miei sentimenti, forse il buio è l'unica possibilità che ho di nascondermi almeno un poco.

Mescalina: Lo stesso succede con gli oggetti a cui la canzone sembra dare vita …
Stefano Barotti: Mi piace scrivere versi fotografici, mi piace citare gli oggetti e metterli nell'occhio di chi ascolta. A volte stanno nell'ombra, altre volte la melodia li fa muovere.

Mescalina: Tornando alla copertina tu ti senti più spaventapasseri o bambino?
Stefano Barotti: Molto spesso spaventapasseri perché ho gli occhi più veloci dei miei muscoli e i miei movimenti. Vedo passare le cose e non riesco a prenderle.
Ma parlando da adulto sono decisamente un bambino.

Mescalina: In ogni caso, entrambe le figure sono ben auguranti: una ha il compito di preservare il raccolto e l'altra ha una vita da crescere …
Stefano Barotti: Sono due "uomini in costruzione". Dovendo scegliere sto dalla parte del bambino, i bambini, e lo dico senza retorica, conoscono i segreti del mondo.

Mescalina: Quindi non posso che augurarti "buona costruzione" …
Stefano Barotti: Ti ringrazio, auguro un buon artigianato anche a te.