N.a.n.o

interviste

N.a.n.o I mostri del rancore e bellezza antiretorica

05/12/2011 di Ambrosia J. S. Imbornone

#N.a.n.o#Italiana#Pop

Quando l’amore è tradito, calpestato, disperso, diventa malvagio: da limpido e gonfio di luce e splendore, si fa marcio e lurido, un mostro di rancore, pericoloso e spiacevole. Questo amore ha pensato di raccontare N.A.N.O. (al secolo Emanuele Lapiana, ex c|o|d) nel suo secondo album, sollevando con delicatezza il velo delle idealità ipocrite, per indagare il privato con sonorità intime e perentorie, grovigli di distorsioni e sinths, grumi di pathos composti da sonorità varie, orchestrali e pop, elettroniche e acustiche. Il dolore distrugge prima di tutto chi lo prova e non sa come liberarsene, ma è anche il contraltare in questo caso di un amore infinito, pronto al sacrificio, alla difesa più strenua, paziente e commovente, quello del brano migliore del disco, Cuoricino, in cui la poesia amara di Lapiana si fa dolce aspirazione a un volo meraviglioso e onirico a due, oltre ogni difficoltà.
N.A.N.O. ha uno stile personale che insegue una bellezza mai retorica e mai convenzionale, attraversando generi e tradizioni: ecco come ci racconta la sua musica, le sue collaborazioni con Federico Fiumani (Diaframma), Pacifico, Sara Mazo (ex Scisma) e Max Collini (Offlaga Disco Pax) e tanto altro ancora.
Racconti dell’amore malvagio: in queste canzoni l’amore è quello che smarrisce la propria sacralità per diventare “brutto amore schifoso”, violato dal tradimento, straziato dalle pugnalate del dolore, ribaltato talvolta persino in rancore violento. Come mai hai deciso di raccontarne questo lato? Ha influito anche una qualche vocazione a rovesciare l’ipocrisia e la retorica con l’ironia e, allo stesso tempo, un candore ambiguo e surreale?
***Non so ancora dirti di preciso che cosa mi abbia spinto a raccontare l’amore malvagio; sicuramente quando scrivo mi piace toccare argomenti inusuali; credo tu abbia ragione: mi piace alzare il velo, mi piace un po’ fare il bambino che dice per primo che il re è nudo; ho sempre amato i “diversi”, le opinioni scomode, credo che nel politicamente scorretto ci sia molta poesia. 

***Secondo te l’amore è in qualche modo anche…pericoloso, per come trasforma e si trasforma?
***L’amore vero è sempre pericoloso; ti spinge oltre, vuole di più da te; non puoi fare finta che non esista. Per amore si fanno le rivoluzioni e si diventa reazionari, si rovinano famiglie e se ne fanno di nuove; se sei mediocre nell’amore lui ti abbandonerà, non ti perdonerà.

***Cosa rappresenta la figura de Lo Squalozecca, che “ti compra tutto quello che vorresti / ma ti ha venduto già”?
***Lo Squalozecca rappresenta il tuo amore che diventa marcio, è il proprio lato oscuro, il proprio mostro personale. E’ quando hai una persona cara vicino che non ti lascia spazio, vuole tutto da te, e non si rende conto che sta rovinando tutto; lo Squalozecca è convinto di essere giusto, pacifico, normale, amorevole; ma in realtà ti soffoca, ti ammala, ti fa diventare cattivo, e tu diventi a tua volta squalozecca; è un loop negativo che si trasforma in un enorme mostro d’amore.

***In questa canzone c’è la voce di Federico Fiumani: come è stato coinvolto nel progetto e che rapporto hai con la musica dei Diaframma e in generale con la new-wave?
***Entrambi hanno avuto un’enorme influenza sulla mia formazione musicale. Sono un patito della new wave e dei Diaframma. Ma preferisco nettamente i Diaframma cantati da Fiumani. Ha una voce così personale, così “a gamba tesa” che ho cominciato ad amare i Diaframma quando hanno smesso di essere new wave. Federico lo conosco da anni, e mi aveva coinvolto nel tributo ai Diaframma “il dono” un paio di anni fa, quindi gli ho chiesto se sarebbe stato disponibile; ha voluto ascoltare alcuni brani, e poi ha scelto Lo Squalozecca: speravo dall’inizio che gli piacesse, gliela ho quasi scritta addosso.

***E con gli Scisma?
***Gli Scisma sono un gruppo con cui ho condiviso una bella fetta di percorso, musicalmente parlando; credo che inizialmente, le influenze ed il percorso degli Scisma e dei miei c|o|d siano stati molto vicini. Credo che siano stati una band seminale e molto oltre rispetto a quanto regalava la scena italiana a fine ’90.

***Come hai scelto i brani in cui inserire la voce fragile e morbida di Sara Mazo?
***Il Buio è stata praticamente scritta pensando alla voce di Sara; per Brainstormo invece, è stata un’intuizione momentanea. Mentre eravamo in studio con Sara ho provato a sostituire la mia voce con la sua, e la magia è stata immediata.

***Com’è nata la collaborazione con Pacifico? Pensi di avere in comune con lui una certa metrica lunga dei versi e il gioco sottile di metafore e rime?
***Pacifico è un pezzo molto importante della mia musicalità 2.0; intendo dire che alla fine della mia esperienza Major con i c|o|d non ho scritto né suonato per un paio d’anni. Poi ho sentito il suo debutto solista ed è stato come se  mi avessero buttato addosso acqua fresca, che è poi divenuta lava. Ho sentito subito il bisogno di tornare a scrivere, a suonare, a cercare la bellezza. La cosa pazzesca è stata che l’ho conosciuto 6 anni dopo, per caso, su myspace, la mia musica gli è piaciuta, e piano piano abbiamo cominciato ad interagire, senza quasi rendercene conto. Gino [n.d.r.:De Crescenzo, vero nome di Pacifico] è una persona speciale, oltre che un grande autore.

***Come mai la canzone in cui Pacifico apporta il suo “stupendume” è intitolata Y?
***Y è il cromosoma che differenza l’uomo dalla donna. E’ nata con questo titolo perché voleva inizialmente essere una canzone che parla di omosessualità; nello sviluppo del testo ho poi scopeto che non volevo parlare di quello, ma di come, a tutte le età ci si senta vecchi, fuori moda: è un ricordo di me quindicenne che per la prima volta guardo dei bambini più piccoli, e capisco di avere cominciato a perdere qualcosa. Y adesso sta per young. ;-D

***Come è nata invece l’idea del testo di Testacoda, tra l’altro appunto come coda de Il Buio?
***Altro ricordo d’infanzia. E’ un omaggio allo Zio che mi ha fatto divertire di più da bambino. Era un ferroviere comunista con l’hobby del violoncello. Una persona magnifica. E’ mancato di recente, ed ho chiesto a Max [n.d.r.:Collini, voce degli Offlaga Disco Pax] di partecipare per ovvi motivi. E’ il ponte ideale tra il buio e cuoricino: ti accompagna per mano, è una passeggiata nella neve.

***Io accuso rivolge il suo acume polemico contro i sessantottini; a tuo avviso, la loro incoerenza era già in nuce alle origini, oppure è aumentata in qualche modo rinnegando le parole d’ordine dell’epoca?
***Preciso che io accuso non è un brano contro il ‘68, ma è un contro una generazione intera. Quella che ha ridotto l’Italia in queste condizioni, e non se ne vuole andare. Fatta da tanti, diversi. Tra questi ho nominato anche i sessantottini perché tutta la prosopopea e la pomposità che oramai si assegna al ‘68 di default mi ha stufato. Credo che pochi di quelli che hanno conservato quello spirito autentico siano attualmente al potere, ed è normale così. Il potere è una prerogativa dei prepotenti e dei furbi, dei manipolatori, da sempre. E sono loro che fanno la Storia, purtroppo. Questa generazione di nati alla fine della guerra si è beccata in pieno il Boom economico e si è autoconvinta di essere indispensabile ed immortale. Ora sono vecchi, corrotti, stufi, svogliati, ma pensano di essere ancora giovani, energici e che non moriranno mai. Ma hai visto che mostri di 60 anni che ci sono? Tette dure, pelli tirate, labbra da bambole gonfiabili.. Un tempo gli anziani erano saggi.

In più con questo brano volevo pungolare le generazioni di “giovani”; il futuro è vostro. Andatevelo a prendere, invece che aspettare! I vecchi hanno un po’ di esperienza in più, ma voi avete gambe buone e cervelli svegli, forza!!

***Come mai hai pensato di dare un’allure quasi etnica e mediterranea a Cuoricino, inserendo la voce “Spaccanapoli” di Sara Giovinazzi e adoperando mandolino, mandola, oud e tamburello?
***E’ stata una scelta d’istinto; Cuoricino è uno dei miei brani preferiti dell’album, mi piace molto l’intenzione iniziale, e trovo i primi 2 minuti del brano proprio speciali, sia per il testo che per la musica; proprio per questo motivo ho sentito la necessità di non fare la classica cosa strofa/ritornello. Ho deciso quindi di catapultare questa storia di sogni e d’amore in mezzo alla strada, all’Italia che amo di più, quella terrona, caciarona, di strada: ricca di suoni, sapori, meraviglie. Sara è la voce di mia nonna (i miei nonni sono di origine calabro/irpina) che mi urla dal balcone di tornare a casa che è tardi. La sua voce mi muove.

***Come pensi che la tua musica sia cambiata nei suoni dal tuo esordio solista ad oggi e come sei cambiato come musicista e autore rispetto all’esperienza dei c|o|d?
***La mia musica è cambiata con me… Ho sempre amato il cambiamento, e penso sia uno stato mentale indispensabile per me. Un tempo ero convinto che la mia attitudine indie rock alla musica fosse l’unica via. Poi ho capito che ci sono molte altre vie, e che le perle si nascondono ovunque, in ogni genere, in ogni tempo; adesso cerco solo la bellezza, ed utilizzo ogni strumento, stile, genere musicale che posso per raggiungerla. Ogni canzone per me deve esprimersi al massimo. Questo atteggiamento creativo mi sta regalando belle soddisfazioni e mi fa divertire: per me la musica è un territorio da esplorare, una lingua aliena da imparare. Ogni volta cerco di approcciarmi ad essa come fosse la prima volta.