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Rats Diciamocelo davvero: intervista ai RATS nel trentennale di Indiani Padani

03/11/2022 di Leandro Diana

#Rats#Italiana#Rock #Bagana #RATS #Rock Italiano

30 anni non sono pochi. Nel 1992 c ' erano ancora i messaggi sui gradini della scuola, c ' era la scoperta di un altro sesso verso cui ci si sentiva attratti ma senza sapere esattamente come fare e cosa dire, l ' esigenza di scolpire la propria identità ' sgrossando il blocco di marmo con scalpelli che ti continuano a scappare di mano, qualche amico di troppo che volava via ammaliato dalle lusinghe mortali della polvere bianca, c ' era il bisogno di condividere e fare tribu ' tirando su degli accampamenti un po ' isolati dal resto, ma senza mai andare troppo lontano da casa. Uno dei motivi per cui i Rats nel 1992 hanno attratto l ' attenzione di tanti quattordicenni come il sottoscritto , oltre alle chitarre, al duetto con l ' astro nascente Ligabue, ai testi in italiano che non le mandano a dire, e ' che i riferimenti geografici e culturali nella loro poetica erano saldamente radicati nella provincia italiana. A parte Wally che corre come Dustin Hoffman nel maratoneta. D ' altra parte non tutti gli adolescenti italiani del 1992 si sarebbero immaginati nei treni diretti in centro città ' di Tom Waits, nelle corse notturne sulle strade del New Jersey di Springsteen, o nella trasgressione leopardata e cotonata del Sunset Boulevard, a Los Angeles. La crociera dei Rats negli anni novanta si e ' dipanata alla scoperta della fatica quotidiana di vivere nella bonaccia eterna di quel mare verde ma anche grigio chiamato Pianura Padana, saldamente in acque nazionali. Una poetica perseguita coerentemente anche negli altri due album pubblicati per la CGD / EastWest, che vincendo la tentazione di ancorarsi alla formula sonora vincente hanno visto, esattamente come un adolescente in crescita, una sempre maggiore consapevolezza del quadro generale e la voglia, il bisogno di schierarsi in nome degli ideali, anche se appena scoperti e pronti ad essere sostituiti dalla prossima scoperta. I dischi della reunion, targati 2000, sono un ' altra storia, ma ne abbiamo comunque fatto cenno in questa lunga chiacchierata virtuale con i Rats, che hanno trovato il tempo di rispondere alle tante e lunghe domande che gli abbiamo posto nonostante fervano i preparativi per il gran concerto del 11 novembre prossimo al Vox di Nonantola (MO) per celebrare insieme ai fans il trentennale della pubblicazione di Indiani Padani, loro primo disco per una major e con la formazione classica con Ulderico " Wilko " Zanni voce e chitarra, Romano " Romi " Ferretti al basso e Lorenzo " Lor " Lunati alla batteria.
D - La differenza sonora fra Indiani Padani e i due dischi successivi è marcata: quanto si tratta di una scelta e quanto di un caso? E, nella prima ipotesi, quanto è stata una vostra scelta e quanto un indirizzo esterno (produttore, casa discografica)?



Non si tratta né di una scelta né di un caso.

Considera che Belli e Dannati è un album praticamente composto durante il tour di Indiani Padani i cui pezzi venivano provati soprattutto durante i vari soundcheck. Quindi è più figlio di una necessità. Discorso a parte per La Vertigine Del Mondo, che fin da subito è stato concepito per essere registrato in presa diretta in un teatro. Volevamo testare la veridicità delle affermazioni di parecchi fan che sostenevano che avessimo un suono molto più coinvolgente live che in studio. Detto fatto. Il produttore è sempre stato un quarto Rats e l’etichetta non ha mai avuto un peso nelle scelte artistiche. Si fidavano di noi.

D - Faccio sempre confusione con la terminologia italiana (produttore, produttore artistico, produttore esecutivo…: nel mondo anglosassone c'è un produttore solo): chi ha prodotto (nel senso americano) i dischi dei Rats?

Come detto nella risposta precedente, abbiamo sempre avuto il concetto di team. 

Nessuno di noi era di primo pelo dopo la firma con la CGD. Abbiamo sempre saputo quello che stavamo facendo e anche avuto la fortuna di lavorare con chi, semplicemente, sapeva come farlo rendere al meglio. 

D - La presenza esterna costante nei vostri tre dischi classici è stata quella di Alessandro Tebaldi Bigarelli. Qual è stato il suo ruolo?

Esattamente quello di co-autore e co-produttore. Insomma, come già detto, con peso diverso di volta in volta, un quarto Rats. 

D - La scrittura dei testi, sempre centrale e qualificante nella vostra musica nonché determinante dell'attaccamento enorme dei vostri fan, ha avuto vicende alterne nei vostri dischi. Su Indiani Padani i testi erano perlopiù di A.T. Bigarelli e Wilko su musiche dei Rats; su Belli e Dannati testi e musiche quasi interamente di A.T. Bigarelli; su La Vertigine Del Mondo testi di Wilko (e qualcuno di Lor) su musiche Rats. Maggiore è stata la coerenza su Inferno…, testi di Wilko su musiche corali. Ci sono state delle scelte a priori in tutto questo o si è trattato di un'evoluzione naturale, dato anche che, nonostante questa varietà autoriale, c'è comunque una certa coerenza stilistica e tematica di fondo? Solo questione di momenti di maggiore o minore ispirazione?



Siamo italiani e ben consapevoli di quanto i testi siano cruciali nelle canzoni. Siamo il popolo che più ascolta e cerca nelle parole storie che rispecchino le proprie esperienze ed emozioni. Quindi, l’attenzione a questo aspetto è sempre stata massima. Come detto in precedenza, l’interscambio del compito della scrittura, è un mix di necessità e circostanze. Effettivamente, la nostra storia compositiva avrebbe bisogno di un’intervista interamente dedicata ad essa per poter essere spiegata nella propria interezza. 

D - Dopo il suono più cupo, cattivo e un po’ asfittico di Belli e Dannati, La Vertigine Del Mondo segna un ritorno a un suono più aperto ma anche di un approccio più leggero e riflessivo al mondo e alla scrittura; quanto hanno inciso il minore apporto di A.T. Bigarelli e quanto la scelta di registrarlo live in un teatro ?

Sicuramente entrambe. C’è un cospicuo utilizzo delle tonalità maggiori e una decisa influenza dell’atmosfera del teatro. Inevitabilmente questi ingredienti hanno dato a quell’album più leggerezza e cediamo che dopo Belli e Dannati sia stato abbastanza naturale. 

D - Soprattutto nei tre dischi degli anni ’90, sembrano avere ben pochi riferimenti evidenti ad artisti e sonorità internazionali (io, per esempio, oggi sento gli Scorpions nello strumentale de I Colori Dei Dolori, e ho sempre sentito un po’ di Iron Maiden in Padre Nostro). Questo, forse ha contribuito a farvi vedere da molti come un nuovo modello autonomo di rock italiano, campioni della “terza via” italiana al Rock’n’roll, al contrario di gruppi più derivativi. Quali erano all'epoca, e quali sono oggi, i vostri riferimenti alle vostre fonti di ispirazione? E dove, secondo voi, nella vostra produzione emergono di più ? Tra voi tre avete gusti e influenze particolarmente variegati ?

All’epoca dei dischi che citi, eravamo tre fruitori di musica con gusti parecchio diversi tra loro e la band non ha mai avuto una leadership a livello stilistico. Credo che l’unicità e l’eterogeneità del nostro sound sia figlio di questo. Probabilmente adesso siamo più convergenti. Nella nostra produzione puoi veramente trovare dal punk al classic rock. Non ci siamo mai posti criteri di connotazione

D - In un'epoca in cui smartphone e social network erano parole senza significato, per molti giovani degli anni 90 che guardavano alla musica italiana cercando di andare oltre le hit da classifica, voi avete rappresentato la scoperta che si poteva fare rock autentico in lingua tricolore ed anche il punto di partenza per una ricerca musicale individuale. Per queste persone non siete solo un riferimento musicale ma una parte fondamentale della loro giovinezza. Siete coscienti di ciò .

Certo che lo siamo e la cosa buffa è che questa consapevolezza ci è giunta proprio nell’era degli smartphones e dei social networks. Ogni giorno riceviamo messaggi e commenti che si riferiscono a questo. All’epoca non c’era la possibilità di avere un contatto così diretto con chi comprava i nostri CD e veniva ai concerti. Sai che un sacco di musicisti professionisti, autori ecc. che sono in attività oggi, ci citano tra le loro fonti di ispirazione ? E ti assicuriamo che molti, sono insospettabili. Tutto questo è bellissimo. 

D - Cosa ave(va)te in comune e cosa invece vi ha sempre distinto dal resto della scena rock italiana ?

In comune, sicuramente la voglia di mettere in campo le energie per creare una scena. 

Negli anni ‘ 90 c’era un supporto reciproco incredibile. Se non ci credi, chiedi a Drigo dei Negrita quando, ad un concerto al Rock Planet di Cesenatico, Wilko si improvvisò roadie cambiando una corda rotta alla sua Strato principale mentre usava quella di scorta. Quello che ci ha distinto, meglio chiederlo al pubblico. 

D - Qual è lo stato del rock italiano, secondo voi, negli anni 2020 ?

Hai detto rock italiano ? Sinceramente non sapremmo cosa rispondere. Speriamo si stia preparando ad una rinascita.

D - Ehi le collaborazioni in questo settore sono rare; so che siete molto amici con i Ritmo Tribale e Briegel ha sostituito Romi in un paio di occasioni. A parte la Dinamo Rock e Megajam 5 (ci torniamo tra un attimo), che rapporti avevate e avete oggi con il resto della scena ?

Con ciò che resta di quella scena incredibile che erano gli anni ‘90, lo stesso di allora. Rispetto e stima reciproca, amicizia e confronto continuo. 

D - Come mai l’esperienza dei Megajam 5 (un disco del 1997 di classici minori del classic rock, soprattutto britannico, realizzato da un supergruppo composto da Wilko e Lor, insieme a Graziano Romani, Max Cottafavi dei ClanDestino e Briegel dei Ritmo Tribale) è rimasta un unicum ? Come mai non è mai scattata un ‘ operazione supergruppo di reduci che scrivono canzoni originali ?

Quello fu un altro progetto nato da una circostanza. Serviva una rappresentanza musicale della Dinamo Rock per un concerto al Pala Eur di Roma in occasione della giornata mondiale contro l’AIDS e il mister, come faceva la formazione della nazionale artisti rock, fece anche quella della band e ci azzeccò in pieno. Rimase una band di amici che suonava classici del rock angloamericano degli anni ‘60 / 70 perché quello era il solo e unico spirito che il progetto aveva. 

D - Mi pare che Wilko abbia tentato di avviare una carriera solista attorno al 2006, o era il 2010 ? Ma pare che il tentativo sia abortito prima di decollare. Come mai ?

Era il 2003. Team e management inadeguati e scarsa convinzione da parte di Wilko in primis, causarono l’aborto. 

D - La collaborazione con Ligabue è stata, col senno di poi, più una benedizione o più una maledizione ? (…Mi viene in mente Oronzo Canà e il suo è stata tutta colpa di quel gol a freddo…”). Non è un po’ stato un inizio troppo col botto che vi ha dato una certa visibilità presso gente che poi da voi si aspettava qualcosa di diverso da quello che eravate davvero ? A proposito: in retrospettiva, direste che siete stati quello che volevate essere, artisticamente, o le cose vi hanno portato altrove ?

Assolutamente una benedizione. Sarebbe da ipocriti ignorare le 10.000 copie vendute in una settimana dopo l’uscita in radio di Fuoritempo. Inoltre, tutto fu molto bello perché nato in modo totalmente spontaneo e per un semplice legame di amicizia. Anzi, c’era chi ostacolava la cosa ma la coerenza di Luciano la rese possibile. Poi, nell’ambiente, ci fu chi non digerì il successo che quest’operazione ci diede. Stop, meglio fermarsi. 

D - Non sono molti i punti in cui la vostra musica subisce un influsso diretto riconoscibile del blues e della Black Music (e di solito c'è lo zampino sul pianoforte di Alex Lunati); eppure, per esempio, è noto che Wilko sia un grande amante della Allman Brothers Band. È un caso che non sia emersa questa influenza o c’è dietro un’idea stilistica precisa ?

Nessuno di noi ha mai influenzato troppo la band con i propri idoli musicali. Sarebbe davvero un caos. Perché sì, è vero che Wilko ama molto la ABB ma le sue band preferite rimangono i Sex Pistols e gli Stranglers. Pensa che mix ne sarebbe uscito.

D - A parte la presente celebrazione di Indiani Padani, qual è il disco a cui siete più legati, quello in cui vi riconoscete di più artisticamente, e quello da cui suonate più canzoni durante i vostri concerti ?

Le nostre set list sono sempre molto equilibrate. Suoniamo brani da tutti gli album più conosciuti. Ma stiamo rispolverando anche oldies.

D - Ce n'è uno che vorreste riregistrare, remixare o rimasterizzare per liberarne potenzialità all'epoca inespresse .

Che domande ! ? Tutti ! 

D - La CGD si è mai accorta delle foto dei vostri piselli nel collage della pagina centrale del booklet de La Vertigine Del Mondo ?

Veramente ? Ci sono i nostri piselli in quella copertina ?? Ahahahah…

D - A proposito di compleanni a cifra tonda: Siete in attesa di essere collegati con l’inferno desiderato ha quasi dieci anni. Quanta continuità e quanta rottura ci vedete voi rispetto al vostro passato, e quanto è rappresentativo del vostro futuro ?

Come tutti i nostri lavori, è una nostra creatura ed è figlia della necessità di far sapere a tutti che eravamo ancora in giro e che avevano ancora cose da dire. È piaciuto a molti. Sia al nostro pubblico che ai media che se ne sono occupati. Ha indubbiamente creato aspettative e ne siamo consapevoli. Vuol dire che c’è un futuro. Per ora, è la sola certezza. Non siamo ancora finiti. 

D - A mio modo di vedere “Siete In Attesa… “è il vostro disco più bello in assoluto e di gran lunga: senza dubbio il capolavoro della maturità con testi di maggior peso specifico e un impatto sonoro che non lascia prigionieri. Voi come lo posizionate rispetto al resto della vostra musica? Lo considerate un esperimento? La chiusura di una parentesi che dovevate a voi stessi, o possiamo considerarlo un nuovo inizio? 

È un disco registrato dopo diciotto anni di silenzio. Non poteva non essere così. Sì, anche a noi piace molto. Tutto quello che abbiamo fatto ha sempre rappresentato quello che eravamo nel momento in cui lo facevamo e per fortuna non siamo mai stati per troppo tempo gli stessi. Semplicemente, album dopo album, abbiamo restituito alla vita ciò che la vita ci ha dato in quei precisi momenti. Tutto è un nuovo inizio. Sempre.

D - Quali sono i programmi del prossimo futuro dei Rats? Ci sono altri dischi? Celebrerete il trentennale anche degli altri due dischi dei ’90 regalando loro un nuovo vestito live? Quando avremo fra le mani un disco dal vivo dei Rats?

C’è sicuramente la voglia di proseguire un percorso che si era interrotto nel 1998. Le modalità di questa prosecuzione sono completamente in divenire. Anche se dentro ci sono un po’ tutti gli interrogativi di questa domanda.

D - Al netto della distanza di Romi (che da anni vive a Miami, in Florida, USA… poveretto!!!) come la vedete l’organizzazione di un tour italiano? È immaginabile una vostra presenza più frequente sui (pochi) palchi italiani (rimasti)?

Come si dice, ci stiamo lavorando.

D - Tornando indietro, rifareste ogni scelta della vostra carriera artistica? Avete qualche rimpianto, desiderio inespresso o sassolino nella scarpa?

Assolutamente sì. Un rimpianto è sicuramente quello di avere perso una figura come Stefano Senardi subito dopo il successo di “Indiani Padani”. Con lui ancora alla guida della CGD (poi diventata e/W) molto probabilmente la nostra storia sarebbe stata diversa. Di sassolini sono piene le scarpe di chiunque. Questa è la vita.