Stefano Barotti

interviste

Stefano Barotti Tempo di albicocche

03/06/2007 di Maurizio Pratelli

#Stefano Barotti#Italiana#Canzone d`autore

      
   Tempo di albicocche
    Intervista STEFANO BAROTTI

Dopo un ottimo esordio, "Uomini in costruzione", Stefano Barotti ha finalmente pubblicato l'atteso secondo album. "Gli Ospiti" è una prova così matura che non può lasciare indifferenti. Se dal punto di vista lirico la naturale attitudine poetica del cantautore toscano non sorprende più, da quello più strettamente musicale la crescita è davvero notevole. Oggi Barotti rappresenta al meglio la tradizione dei cantautori che cantano la vita e l'amore con classe, semplicità e raffinatezza, senza mai scivolare nel banale. Una categoria che sembrava estinta. Ne abbiamo parlato con lui.


Mescalina: Sembra proprio che la musica non si sia offesa troppo. Aspetta sempre con pazienza le belle canzoni …
Stefano Barotti: Grazie … Ci tenevo a introdurre il disco con questo verso. Rispecchia il mio ritorno dopo un bel po' di tempo a cantare canzoni in un disco.

Mescalina: In effetti qualche anno era passato da "Uomini in costruzione", un disco che aveva almeno quattro brani di grande spessore lirico …
Stefano Barotti: Effettivamente ho lasciato passare un po' troppo tempo da "Uomini in costruzione". Riascoltandolo adesso dopo "Gli ospiti" mi ha fatto un certo effetto. Credo che il primo disco zodiacalmente parlando sia sotto un segno di terra, negli Ospiti invece c'è molta più acqua, è un disco più liscio e fluido, meno attaccato al suolo. Sapevo che il secondo disco era una tappa importante, proprio perché il primo aveva lasciato un buon segno e buone prospettive.

Mescalina: Ed ora spicchi il volo, sei diventato un costruttore di ali …
Stefano Barotti: Mi è capitato di sognare di avere le ali. Non so se sto spiccando il volo, ma mi capita spesso di sentirmi per aria nonostante le scarpe. Credo nella musica, e credo sia una delle poche cose rimaste a far sognare le persone.

Mescalina: Continuando a citare la canzone che apre questo disco mi viene da dire che le tue canzoni sono come albicocche mature: è ora di raccoglierle.
Stefano Barotti: Credo di sì ... Mi dicono che per scrivere canzoni mature bisogna arrivare ai 40 anni, maturare in qualche modo con loro. Ormai sono vicino, ne ho 35. Il mio modo di scrivere è cambiato molto, non aspetto più le canzoni alla scrivania. Le lascio arrivare … aspetto la stagione buona come fanno le albicocche.

Mescalina: Anche in questo nuovo disco trovo che i testi siano fortemente centrali, poetici e ancora estremamente ispirati, penso ad esempio a "Il profumo dei sogni".
Stefano Barotti: "Il profumo dei sogni" è stata scritta a sei mani. Ho scritto la musica con Gabriele Ulivi, il mio chitarrista. Mentre le strofe del testo sono tratte da una poesia di Carmen Gargano, un'amica di Napoli. Ho impiegato molto tempo per capire quali canzoni potevano stare insieme nel disco. Ne ho scartate almeno cinque. A volte mi capita di scrivere di getto, ed è la cosa che mi piace di più. Altre volte mi colpisce qualcosa e lo lascio li nel cervello aspettando che una frase richiami una melodia o viceversa. Non scrivo quasi mai musica e testo separatamente …

Mescalina: Mi ha colpito molto anche "L'angelo e il diavolo", davvero una bella canzone d'amore come non se ne sentono spesso …
Stefano Barotti: Ho scritto questa canzone per una ballerina, è una favoletta … Ma spesso accade che nella vita due persone molto diverse tendano ad innamorarsi, io ho portato il concetto all'estremo, a volte nelle relazioni il ruolo di angelo e diavolo è mutevole tra i soggetti, e c'è sempre una forza divina, un terzo incomodo come nella canzone: Dio che guarda e gioca a scacchi, come se alla fine a decidere sia sempre il cielo: il caso, le circostanze o gli ostacoli. Le persone ci provano … si innamorano … ma spesso ogni amore che toccano si fa lontano. Credo sia la storia di tutti.

Mescalina: Veniamo alla tua collaborazione con Jono Manson e alle sessioni americane, nel disco ci sono ottimi suoni e ottimi arrangiamenti.
Stefano Barotti: Abbiamo lavorato davvero tanto. Ho scelto canzoni per l'America e altre per l'Italia. Per esempio "Gli ospiti" è frutto di un lavoro di cantiere coi miei musicisti italiani, c'è un idea di arrangiamento forte, studiata, concepita a più teste. Come se la canzone fosse stata scritta in sala prove insieme ai musicisti. Per le sessioni americane invece ho preferito registrare brani che dessero l'impressione del live. Gente che sta suonando tutta insieme come per esempio in "Natale sui monti". Con Jono abbiamo scelto i musicisti per ogni brano e calibrato gli arrangiamenti, cercando di scegliere il vestito migliore per ogni canzone oppure di lasciarle il più nude possibile. Riguardo gli ottimi suoni è tutto merito di Jono, è un grande produttore, sa sempre qual è la combinazione giusta per farti arrivare una canzone al meglio.

Mescalina: Di Jono mi piace, se sei d'accordo, il suo adattarsi alle tue caratteriste, non impone al disco un suono per forza roots o comunque americano
Stefano Barotti: Ormai siamo affiatati … lui conosce bene quello che il suo mondo musicale può fare per il mio e viceversa. Figurati che in studio per una session o l'altra era lui a dirmi "No, Ste ... troppo americano". È una sfida affascinante mescolare questi due mondi senza che si annientino a vicenda. Fondamentalmente sono vicinissimi tra loro ma bisogna stare attenti a farli correre paralleli. L'importanza del testo all'italiana non deve uccidere l'intenzione del suono, e il suono vivo americano non deve sovrastare la poesia del testo.

Mescalina: Insomma un disco molto omogeneo dove le canzoni si svelano una alla volta, la mia ultima "scoperta" è "La neve sugli alberi"
Stefano Barotti: Era mia intenzione fare un lavoro compatto, come se ogni canzone svelasse l'altra nel susseguirsi degli ascolti. È una cosa che succede anche a me ascoltando il disco. Per esempio la mia preferita adesso è "L'uomo più curioso del mondo". "La neve sugli alberi" è una canzone ricchissima di suoni dove affiora di tutto: il mio amore per Ivano Fossati, la musica anni '70 mentre il dobro e il banjo richiamano il roots americano. Ci sento persino echi morriconiani.

Mescalina: C'è qualche musicista a cui ti sei ispirato in questo disco oppure che hai ascoltato molto in questi ultimi anni?
Stefano Barotti: Grazie ad Alessandro Maggiori, il mio discografico, ho una banca dati infinita. Ogni volta che vado a trovarlo ha tre o quattro artisti da farmi conoscere. Ho ascoltato di tutto in questi ultimi anni, e mi sono lasciato influenzare, assorbendo la musica d'altri a mio modo. Lascio arrivare la musica altrui nella mia come le api fanno coi fiori. Ho scoperto le accordature aperte grazie a Nick Drake. Un artista che ha cambiato il mio modo di scrivere, infatti in un brano cito la sua luna rosa che gira e suona nel piatto. Altri artisti come Josh Rouse, Damien Rice, Sufjan Stevens, Polly Paulusma o gli Iron & Wine mi hanno dato molto. A questo va aggiunto il mio amore per gli anni Settanta, dove c'è ancora molto da assorbire.

Mescalina: Come mai hai scelto "Gli ospiti" per dare il titolo a questo tuo secondo lavoro?
Stefano Barotti: Beh … è stato un titolo sofferto. Ho deciso il titolo in aereo mentre tornavo in Italia con il master del disco in tasca. È la canzone che più mi emoziona tra le undici. Oltre a questo in tutti i brani ci sono cose che passano si accomodano e se ne vanno ... In particolare l'amore raccontato in questo disco. Ma non solo quello … il disco è pieno di cose che passano si fermano e se vanno, come la neve sugli alberi, le stagioni che affiorano in molti brani o il richiamo continuo a fare entrare qualcuno o qualcosa … "Arlecchino che bussa alla porta", "alle volte passava il ragazzo alle volte passava l'uomo", "aspettando una qualche novità ad esempio la neve". Oppure invertendo i soggetti trovarmi ospite della mia musica come in "vive dentro una canzone". Spero che questi undici brani siano ospiti graditi per il lettori cd.

Mescalina: Posso immaginare che altri avrebbero cercato di lavorare sulla voce, magari con qualche effetto. Tu invece hai scelto di lasciarla intatta, con i suoi toni molto caratteristici …
Stefano Barotti: Jono mi ha abituato così … non riesco più ad ascoltare la mia voce alterata da riverberi o altro. Ho registrato alcune tracce di voce in Italia e altre in America. Diciamo che mi piace lasciare intatto il suono e concentrarmi sull'intenzione vocale.

Mescalina: Credo che queste canzoni meritino un tour con una band, che ci dici in proposito?
Stefano Barotti: Stiamo promuovendo il disco, alcune date saranno in elettrico altre in acustico, per un totale di dieci concerti. Suono con altri quattro musicisti, ho aggiunto un tastierista alla band per riprendere gli arrangiamenti di pianoforte e organo hammond. Spero che il disco abbia una buona risonanza per poter organizzare un bel tour a Settembre / Ottobre. Il disco mi piace, ma il live è ancora la cosa che più mi diverte e dove le mie canzoni trovano la forma migliore ....

Mescalina: Un grande disco che si chiude con una piccola canzone, ci può stare?
Stefano Barotti: "Piccola canzone" poteva avere solo quel numero. Io la chiamo "la coda". Mi piaceva l'idea di andarmene in punta di piedi, con una canzone breve ed intensa, che lascia l'ascoltatore in sospeso, con un respiro, un sospiro, come quando poco dopo l'amore.