Fabio Cinti

interviste

Fabio Cinti Oltre il concetto di personalita': svelare l'essenza delle canzoni mettendosi al loro servizio

03/02/2024 di Giada Lottini

#Fabio Cinti#Italiana#Canzone d`autore

Il cantautore Fabio Cinti ci racconta il processo creativo attorno a "Guardate come e' rossa la sua bocca", il nuovo disco uscito per AMS Records il 12 gennaio, in cui, assieme ad Alessandro Russo, interpreta 8 canzoni di Angelo Branduardi, celebrandone i cinquanta anni di carriera.
Quando ho ascoltato il tuo disco e ho letto le note d'accompagnamento, la prima cosa che mi ha colpito è stata la parte in cui dichiari che interpreti con assoluto rispetto le canzoni: è un modo di interpretare ultimamente in disuso, perché i talent e molti successi radiofonici insegnano a chi si accosta al mondo della musica a personalizzare molto il modo di cantare o a inserire in molti classici della canzone italiana le barre rap, ed è questo quello che oggi generalmente si intende per cover. In te trovo invece un modo di cantare quasi di altri tempi, sincero. La trovo una dote, questa di porsi nei confronti della musica in modo così rispettoso.
Grazie. Se c'è una cosa, credo, che sia uno dei motivi per cui ricordo Battiato da un punto di vista, come dici tu, poetico, è perché lui è il maestro e io sono un suo discepolo. Se c'è una cosa importantissima che mi ha insegnato, e il cui frutto si vede in queste interpretazioni, è la volontà di mettere da parte la personalità. Noto che c'è uno sfoggio eccessivo di personalità da parte di chiunque. Non capisco perché la gente deve per forza spiattellarmi in faccia l'eccesso della propria personalità. Tu ci sei già, stai facendo qualcosa, c'è il tuo io, c'è la tua persona, c'è la tua voce, c'è la tua mano. C'è: quindi non ti preoccupare che ci sei già, non mi devi dimostrare per forza tutto quello che sei in più rispetto a quello che io già vedo, perché ci sei. Invece, la personalità andrebbe messa un attimo da parte per cercare di mettersi al servizio dell’opera su cui si sta lavorando. In questo modo, secondo me, si rende un servizio e si fa qualcosa di pù interessante. La gente che ascolta le canzoni può dire “Madonna che bravo!”, ma a me non interessa questo: a me interessa che tu, quando ascolti la canzone, dica: “Che bella canzone!”.

Penso sia una questione di momento storico: siamo arrivati più o meno fino agli anni '90 avendo dei grandissimi interpreti anche di canzoni altrui. Ci sono stati moltissimi parolieri ed autori oltre Pasquale Panella, di cui interpretate un testo (Fou De Love ndr.), ma questo mestiere si sta ormai perdendo. Adesso ognuno scrive, più o meno difficilmente, i testi per il suo disco e già questa è una differenza notevole rispetto al passato. Inoltre, dopo l’avvento di Internet e con la musica che è offerta in modo capillare alle masse, ognuno può fare qualsiasi cosa. Noto anche una sorta di narcisismo in questo, unito alla paura che non si riesca a farsi notare: per essere forti, per farsi vedere, bisogna fare qualcosa per essere fuori dal coro. Un metodo molto televisivo e molto social.
Certo, ma questo è a discapito della bellezza ultima della canzone, e a me questo non interessa. Poi, come diceva Battiato stesso: “Il nuovo è da sempre”, quindi c'è. Io mi interesso più delle cose che “sono”. Ho sviluppato un concetto, sulla bellezza: sto scrivendo un saggio e speriamo lo pubblichino.

Me ne avevi accennato.
Ho una mia teoria sulla bellezza, ma quello che cerco è proprio quell'emotività che è nelle cose che fanno parte della relazione tra una persona e l'opera che ascolta o l'artista che ascolta. Non per forza mi devo mettere al centro dell'attenzione o devo essere originale. È una cosa vecchia, questa.

È anche, forse, una questione di comunicazione: indipendentemente da come uno appare o dalle sue doti comunicative, se un pezzo è valido non occorre che si sbracci. A distanza di tempo oggi vengono riscoperti dei pezzi storici che non richiedono questo travisamento eccessivo dato dall’impronta personale di chi le canta.
Esatto, sono cover, non è la canzone.

Quando e come è nato questo disco? Come è nata l’esigenza di creare insieme ad Alessandro queste nuove interpretazioni di pezzi celebri di Angelo Branduardi che vanno al di là del tributo ai suoi cinquanta anni di carriera?
Di fatto io e Alessandro Russo abbiamo, oltre a Battiato, altri punti fermi nella nostra esperienza sia separata che assieme. Tra questi punti fermi c'è stato e c'è anche Branduardi, un cantautore che abbiamo sempre ascoltato e che, soprattutto in situazioni private, qui a casa mia, dove c'è un pianoforte, abbiamo sempre suonato e cantato per conto nostro. Ce la siamo cantata e suonata finché un giorno abbiamo detto: “Ma sai che queste canzoni che facciamo per conto nostro funzionano?". Con gli amici che le ascoltavano, magari dopo cena, quando ci mettevamo a suonare qualcosa, abbiamo visto che funzionavano molto, per cui abbiamo deciso insieme a Christopher Bacco che è il produttore dell’album, di metterci a registrarle. Ne abbiamo scelte una dozzina circa, ma alla fine siamo arrivati a sceglierne otto per esigenze legate alla durata del disco. È un disco pianoforte e voce: se è troppo lungo rischi di essere noioso. Inoltre, non tutte le canzoni si prestano alla riduzione per pianoforte e voce: l'esigenza è stata semplicemente quella del piacere di fare quelle canzoni che di fatto suonavamo sempre.

Si collega anche alla precedente versione per archi de La voce del padrone di Battiato?
Esatto. Lì Alessandro non ha partecipato, perché stava facendo altro. Ritornando a questo ci siamo accorti che nel 2024 ricorre il cinquantennale del primo disco del 1974 di Branduardi, che ho incontrato durante le fasi di lavorazione. Mi è stato presentato da Elisabetta Sgarbi e Fabio Zuffanti e siamo stati a cena assieme; abbiamo parlato quasi tutto il tempo delle spedizioni a nord ovest, delle navi Erebus e Terror ed altre spedizioni del 1800. Pazzesco, sapeva tutto. Una persona gentilissima, elegante, disponibile: veramente un gentiluomo. Gli ho dato le canzoni e dopo mi ha fatto sapere che gli erano piaciute molto, che gli era piaciuto il progetto. Non abbiamo parlato di featuring, ma, se glielo avessi chiesto, magari avrebbe accettato.


Ho riascoltato prima le sue canzoni e subito dopo le tue per la curiosità di scoprire come sono cambiati i pezzi, una sorta di confronto innocuo. Si è parlato di riduzione, perché è stata eliminata una grande quantità di strumenti che Branduardi ha usato negli arrangiamenti. Eppure, ad esempio, in brani come La luna o La volpe sento una grande ricchezza, nonostante venga usato solamente il pianoforte. La qualità poetica della voce aumenta.
Sì, perché la voce è portata naturalmente in avanti.

Le canzoni in sé, queste in particolare, sono molto poetiche, vengono i brividi leggendone i testi e ascoltando le parole, e il piano enfatizza questo lirismo. Da una parte il disco nasce perché tra amici vi siete divertiti a suonare le canzoni che vi piacciono, ma dall’altra…
C'è un'altro fatto: c'è uno studio, questo è il punto successivo. È lo stesso studio, mi piace chiamarlo così, mi sembra la parola giusta, che ho fatto per La voce del padrone. Questo studio consiste nell'andare a cercare in tutti gli strumenti presenti nell'arrangiamento le parti che sono emotivamente funzionali. Cosa vuol dire emotivamente funzionali? Che sono le parti immediatamente riconoscibili: se io prendo la chitarra e improvviso gli accordi de La luna e canto non sono emotivamente a fuoco perché sto facendo di tutta l'erba un fascio. Sto prendendo gli accordi in generale della canzone, suono e canto, tu te la ricordi e va bene; ma se io vado a pescare quelle note e quelle melodie che si incastrano tra di loro, i contrappunti che ci sono e le suono anche solo con uno strumento, l'orecchio automaticamente cade in una specie di trappola emotiva tipica di quella canzone. Per fare questo bisogna fare uno studio e capire quali sono la melodia, l'armonia e il ritmo che sono le tre cose portanti della canzone. Quali sono le tre linee che si incastrano e che fanno di quella canzone solo quella canzone? Questo punto, quando ho fatto La voce del padrone avendo a disposizione anche un quartetto, è stato molto importante. La cosa necessaria, secondo me non era soltanto di fare la canzone. Voglio che quando le persone ascoltano Summer on a solitary beach, La luna, La volpe, Confessione di un malandrino, abbiano la stessa sensazione che gli arriva quando stanno ascoltando la canzone originale. Ciò che produce questa sensazione è una specifica sequenza di note che è solo quella, è come risolvere il cubo di Rubik.

Sono aspetti che mi hanno sempre incuriosito e che sono utili a capire cosa c’è dietro un disco. Come sei riuscito a calarti emotivamente, oltre allo studio che hai condotto su ogni pezzo? Come hai gestito l’emotività nell’interpretare le canzoni?
Io credo ci sia bisogno soltanto di una cosa e in questo voglio citare anche Morgan. Quando Morgan canta Tenco, Lauzi, Bindi, lo fa benissimo perché conosce le canzoni che sta interpretando. Credo che per calarsi emotivamente all’interno di un pezzo bisogna essere in parte quello che si sta cantando. Bisogna immedesimarsi: questo non c’entra con l’imitazione e non bisogna certo immedesimarsi in Branduardi, Tenco o Battiato, ma bisogna calarsi nella canzone. Quando si canta una canzone, bisogna essere quella canzone. Sei il senso di quella canzone e quindi “senti” quello che viene cantato, quello che è importante. Lo devi conoscere intimamente, per questo se adesso qualcuno mi chiedesse: “Hai fatto due dischi in cui hai interpretato Battiato e Branduardi, vuoi fare un terzo disco cantando, che so, Battisti e Mogol?” io direi di no perché non sarei in grado di immedesimarmi intimamente come ho fatto con loro.

Una domanda che ti avranno fatto in tanti è proprio: ci saranno altri dischi di questo tipo?
Ci stiamo pensando, ci sono almeno tre nomi di grandi cantautori ed uno minore ma, secondo me, grandissimo: Herbert Pagani.

Questo sarebbe un grande recupero.
Herbert Pagani era considerato da Battiato stesso uno dei più grandi cantautori di sempre. Ci sono delle sue canzoni che attraversano la storia, che restano sempre moderne. Questi grandi cantautori che stiamo nominando avevano dei mezzi di scrittura per cui le cose che scrivevano erano di una delicatezza, di una gentilezza per cui potevano permettersi di scrivere quello che volevano. Non erano mai arroganti, né piacioni.

Una curiosità sul titolo del disco: Guardate come è rossa la sua bocca deriva da un verso di Sotto il tiglio. Come mai questa scelta?
Ogni volta che arrivavamo a cantare quel verso, lo cantavamo assieme come se fosse un punto d'arrivo: arrivavo in quel punto lì, “guardate come è rossa la sua bocca”, come fanno i bambini con una filastrocca. Ci è rimasta impressa perché era un punto di incontro di tutte le canzoni: ogni volta arrivavamo in quel punto e ci fermavamo perché ci veniva spontaneo. È stato ovvio intitolare il disco così.

Una domanda più personale: qual è per te la differenza, se c’è, tra interpretare un brano altrui e cantarne uno tuo?
C'è una differenza enorme. Credo di essere stato premiato con la targa Tenco perché, secondo me, sono più bravo a cantare le canzoni degli altri. La differenza, secondo me, sta nella volontà di cercare l’approccio emotivo. Quando canto le mie canzoni sto sempre un po’ nascosto, ho più paura di mostrarmi, dovrei essere più coraggioso e sfacciato; quando canto canzoni di altri, quel coraggio e quella sfacciataggine le ho, perché faccio delle canzoni uno scudo mettendole in primo piano. È come se avessi con me un'arma molto affilata, che è la canzone con la quale mi difendo. Invece, quando canto le mie canzoni, non so se quell'arma è affilata o no, me lo deve dire qualcuno in seguito. In questo caso stiamo parlando di Battiato e Branduardi, di successi enormi: è ovvio che mi sento al sicuro.

Sicuramente avrete previsto, con Alessandro Russo, di portare in giro questo disco: come saranno i vostri concerti?
Sicuramente nelle date porteremo sia Battiato sia Branduardi, facendo anche le dovute differenze, come esempi di “scritture simili e affini”. Ci sarà un duello tra questi due grandi artisti, nel senso più nobile del termine. Dal punto di vista strettamente dell'ascolto, le canzoni sono esattamente così come le abbiamo suonate. In alcuni casi ci saranno altri strumenti, come ne La voce del padrone con gli archi, in altri ci saranno due pianoforti per quel che riguarda Branduardi, ma dal punto di vista esecutivo sono esattamente così. Io canto esattamente in quel modo, senza filtri, non ci sono intonatori, auto-tune e simili. Adesso con il booking stiamo lavorando e presto ci saranno novità.

Ufficio Stampa - Red & Blue Music Relations

Fabio Cinti: Instagram
Alessandro Russo: Instagram