Stefano Barotti

interviste

Stefano Barotti Il Grande Temporale...e oltre..

01/05/2021 di Marcello Matranga

#Stefano Barotti#Italiana#Canzone d`autore

Pubblicare un disco come Il Grande Temporale, in piena pandemia potrebbe apparire una scelta azzardata. Niente promozione, nessun concerto a supporto. Ma il tempo a disposizione riesce a non essere sprecato. Per chi ascolta dischi come noi, e per chi li incide. Da questo nasce la chiacchierata fatta con Stefano Barotti, uno dei migliori artisti di questo nostro paese. Immaginando di essere seduti con una bottiglia di vino a rallegrare il convivio nasce questa intervista..
Stefano, raccontaci come nasce il Barotti songwriter che abbiamo avuto modo di conoscere. ed apprezzare, nel corso di questi ultimi venti anni. 

Ho iniziato a suonare la chitarra a 17 anni, Bob Marley mi ha fatto innamorare della musica. Ricordo che, imparati i primi accordi con una vecchia chitarra classica di mio padre, cominciai subito a scrivere canzoni anziché provare ad impararne di conosciute e famose. Ero un ragazzo molto timido e introverso, e scrivere mi aiutò a trovare uno spazio nel mondo e con i miei coetanei. Credo di avere cominciato a fare canzoni per questo motivo. In qualche modo la musica e le canzoni mi hanno preso per mano e aiutato a crescere. Un grande amore che con alti e bassi mi accompagna da sempre. Fare canzoni per me è un bisogno sincero, qualcosa che mi fa sentire vivo e a fuoco.

Non sei uno scrittore particolarmente prolifico. La tua produzione discografica è decisamente poca. Ci racconti come nasce un tuo disco, e quali sono gli spunti che ti portano a decidere di incidere le canzoni che poi finiscono con il comporlo?

In realtà scrivo molto, ogni sera vado a letto pensando a una nuova canzone. Ma hai ragione, quattro dischi in vent’anni sono pochi. Sono molto selettivo con le canzoni. Decido di fare un disco quando credo di averne davvero di buone da mettere insieme. C’è sempre qualcosa che scatta dentro di me per decidere di “tornare allo scoperto”. Lascio che le canzoni maturino, c’è una prima fase di composizione e una seconda di produzione dove divento meno songwriter e più musicista. In questa fase penso meno alla canzone e più all’arrangiamento, ai colori che la canzone richiede, a quali musicisti coinvolgere. Poi torno a una visione, un ascolto, totale del brano cercando l’equilibrio tra testo, melodia, armonia e ritmica. Il ruolo di produttore mi piace molto, è un continuo stare dentro e al tempo stesso a distanza da quello che sta accadendo. Roba da apprendisti stregoni.



(Ph.courtesy www.stefanobarotti.net


Il Grande temporale è, a mio avviso, un grande album, ricco di immagini in bianco e nero, penso a pezzi come Spatola e Spugna, che trovo essere una canzone di una bellezza struggente. C’è qualcosa di autobiografico in canzoni del genere?

Ti ringrazio, è un disco in cui credo molto. In questo grande temporale il mio scrivere ha radici forti ma c’è anche una gran voglia di sperimentare e uscire dal classico songwriter italiano. Le mie canzoni sono spesso autobiografiche, parto spesso da me per poi raccontare quello che sta fuori. Gli occhi e i pensieri diventano finestre, poi uno spunto armonico, melodico, una frase o addirittura una storia mettono in moto una nuova canzone. Ho scritto Spatola e spugna in brevissimo tempo, ho visto e conosciuto tanti personaggi come il protagonista della canzone, non a Milano ma qui in provincia. Da loro ho preso spunto per questa storia, e tra questi ci sono sicuramente anch’io, ho frequentato tanto i cantieri edili, conosco il mondo del lavoro. Volevo scrivere una canzone semplice, popolare, dove si racconta il problema del lavoro precario, e dove una piccola storia d’amore diventa grande. L’Inter tiene legati padre e figlio in un calcio che purtroppo non esiste più. Ero un grande fan di Evaristo Beccalossi e ho giocato a calcio seriamente fino a vent’anni. Tra l’altro uscirà una nuova versione di questo brano con Bruno Pizzul ospite speciale.

Stanotte Ho Fatto un Sogno ha qualcosa nel testo che mi rimanda a certi passaggi di De Gregori. Forse sbaglio, ma la sensazione è quella. La canzone è bellissima a mio avviso. Cosa ti piace della musica italiana in genere?

Credo sia il brano che preferisco del disco. Come dici tu in alcuni tratti affiorano passaggi dello scrivere “alla vecchia”. La grande scuola dei cantautori italiani mi ha influenzato parecchio, per anni ho scritto in quella direzione. Penso che anche l’utilizzo degli archi (orchestrati dal grandissimo Roberto Martinelli) aiutino la tua percezione nell’accostare questa canzone a Francesco De Gregori. Per me è sempre un complimento, anche se mi sono allontanato un po’ dalla musica italiana, forse perché è diventata qualcos’altro a suon di Tv, talent e generi musicali che proprio non mi piacciono. Ogni tanto necessito di ascoltare i giganti, dischi del passato, per me i Dalla, Battisti, Battiato, Graziani, Daniele, Jannacci, sono pozzi senza fondo dove mandare giù il secchio per nuove ispirazioni. Poi ci sono artisti italiani che navigano “nel mio mare”, che apprezzo, stimo e seguo con interesse. Penso a Francesco Bianconi e Lucio Corsi per esempio. E chiudo con Bobo Rondelli che è il mio preferito.

Mi Ha Telefonato Tom Waits è un pezzo strepitoso, in continuo bilico fra ironia e sogno. Vogliamo allora passare a capire quali sono i riferimenti imprescindibili per Stefano Barotti a livelli di canzone al di fuori dei nostri confini?

Closing time è un disco meraviglioso che mi ha cambiato la vita. Ispiratissimo e di una bellezza struggente. Da quel disco è nata l’idea per questa canzone. Io la chiamo canzone thriller. Volevo fare un omaggio a Tom Waits e questa chiave di lettura mi sembrava il modo migliore. Sicuramente lui come Nick Drake, Neil Young, Dylan, Tom Petty, Marley e i Beatles, sono stati il mio primo dizionario. Ma ce ne sono molti, ascolto tanta musica. Ho avuto la fortuna di conoscere e collaborare con Joe Pisapia, un artista che mi ha dato tanto, e che trovo eccezionale. Poi ci sono i Josh Rouse, Ray Lamontagne, Jonathan Wilson, Bet Gibbons, Sufjan Stevens, i Lambchop, Iron & Wine, potrei andare avanti fino a domani…Sul mio piatto attualmente stanno girando i Divine Comedy.

Il Grande Temporale vede all'opera moltissimi musicisti. Come sei riuscito a coinvolgerli tutti?

Fare un disco è un po’ come fare una festa e invitare gli amici. Ho avuto molte collaborazioni nel corso degli anni, e per questo disco volevo musicisti diversi a seconda dei brani. Con gli americani ho lavorato a distanza così come per Marco Giongrandi che ha registrato dal Belgio e John Egenes dalla Nuova Zelanda. Per altri è stata occasione di incontro, condivisione e voglia di creatività. Per ognuno di loro c’è stata partecipazione e voglia di esserci, suonare dentro il mio grande temporale. E questo naturalmente mi ha riempito di gioia.

Vorrei fare una menzione particolare per ricordarne uno che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare molti anni fa quando suonava nella Eccher Band di Massimo Bubola, ovvero Roberto Ortolan. Come l’hai conosciuto? Avete avuto modo di suonare in altre occasioni, e quale è un ricordo che ti ha lasciato?

Roberto ha registrato e cantato nel grande temporale nei suoi ultimi mesi, mentre stava affrontando un temporale molto più grande e questo per me è stato un regalo enorme, è un onore avere le sue chitarre e la sua voce in quelle canzoni. L’ho conosciuto circa 15 anni fa perché è venuto a vivere dalle mie parti. Eravamo grandi amici e avevamo progetti in comune, uno in particolare che però non siamo riusciti a chiudere. Un concept album di 16 canzoni. Scritte a quattro mani. Abbiamo condiviso tanto insieme: musica, canzoni, l’amore per il vino e la cucina. Ci scambiavamo ricette e bottiglie. Lui veneto, io toscano. Simili e diversi, ma uniti dalla voglia di fare canzoni. Scrivevamo e suonavamo a casa sua, per noi era un parco giochi dove cercare nuove canzoni. Abbiamo intrecciato i ferri anche su qualche palco, ma la nostra era una collaborazione musicalmente più intima, da tavola. Mi manca.

Come mai su piattaforme come Spotify appare solo il tuo ultimo disco e non anche quelli precedenti? E che “rapporto” hai con la musica liquida visto che poi hai una sorta di tua playlist sulla tua pagina Spotify?

Non ho un gran rapporto con la musica liquida. Sono antico, compro ancora vinili. Li preferisco. Per forza di cose anche i miei dischi saranno disponibili sui digital store e piattaforme. E come dici tu in ordine contrario, dal disco più recente al più vecchio. Proprio ieri è diventato liquido il mio secondo disco Gli ospiti. Uno dei grandi problemi della musica è che ci sono più artisti che pubblico. Un tempo il disco era come un libro, una vivanda da preparare per cena, una buona bottiglia. Dovevi dedicargli cura, attenzione e tempo. Tutto questo “McDonald” della musica ha divorato il ruolo dell’ascoltatore e soprattutto ha divorato gli artisti.

Incidi per una piccola, ma estremamente vitale e valida, etichetta discografica, La Stanza Nascosta Records di Salvatore Papotto che ha sede in Sardegna, ad Alghero. Come sei in contatto con loro e come ti trovi?

Ho iniziato la mia collaborazione con loro lo scorso anno, per l’uscita del nuovo disco. Mi trovo molto bene, conosco da diversi anni Salvatore, è un amico e ha seguito la mia musica fin dagli inizi. Ho pensato di far uscire il disco con La Stanza Nascosta anche per questo. Sanno bene chi sono e cosa faccio. Inoltre è una delle poche etichette per musica indipendente dove l’ufficio stampa è davvero valido grazie a Claudia Erba. Una bella realtà per la musica italiana.Conosco ancora poco il Salvatore Papotto produttore e spero di poterlo conoscere meglio al più presto, e condividere le cuffie con lui.

 
(Ph.courtesy www.stefanobarotti.net)


Sembra che stia arrivando una schiarita in questo periodo orrendo con il possibile ritorno dei concerti dal vivo. Pensi potremo rivederti on stage nei mesi a venire, e c’è qualcosa ha iniziato a muoversi in questo senso?

Non vedo l’ora di tornare a suonare, mi manca il palco e portare le mie canzoni a spasso. Così come mi mancano gli amici che incontro grazie ai concerti. Dicembre scorso era in programma un tour per la presentazione del disco. Purtroppo è saltato tutto. Spero di poter portare presto il mio grande temporale sul palco. Infondo i dischi si fanno per questo.La sensazione è che nei mesi a venire ci sarà un po’ più di ossigeno, spero che chi di dovere si dedichi alla ripresa delle attività culturali e si possa tornare a un po’ di sana e bella musica dal vivo.

Qualche idea in divenire per un prossimo nuovo album? O non pensi sarebbe bello pubblicare un live album ripercorrendo la tua carriera?

In effetti ci sto pensando, ho allargato la band a 5 elementi. Le idee sono tante e quella di un disco live per ora è quella più a fuoco pensando al futuro.Per questo però c’è bisogno di concerti, bisogna che i musicisti si affiatino e le canzoni prendano la loro direzione grazie alle mani di tutti. Sarà dura scegliere una scaletta, sarebbe bello fare un bel disco doppio.Detto questo ho diverse canzoni nuove pronte per un nuovo disco di inediti.

Penso che, come a molti o di noi, sia capitato anche a te di “sfruttare” il maggior tempo a disposizione avuto durante i mesi di lockdown leggendo molto. Se è stato così anche per te cosa hai letto di interessante o magari scoperto grazie a questa situazione.

Durante quel periodo mi sono dedicato quasi completamente al disco, ero nelle fasi finali delle sessioni voci e di missaggio, è stata particolarmente dura chiuderlo in quella situazione, dovendo lavorare a distanza col fonico e lo studio. Ma non volevo far passare troppo tempo per paura che il disco si addormentasse su di se. Non ho potuto seguire di persona neppure il lavoro di masterizzazione, grafica e illustrazioni di copertina e mi è dispiaciuto molto. Tutto a distanza come gli amori impossibili, ma ne siamo usciti. Sono stati mesi inaspettati e tremendi per tutti, non ho letto molto, ho approfondito piuttosto il mio cucinare coinvolgendo mio figlio di 5 anni.