Vinicio Capossela

Vinicio Capossela Come li pacci. Un racconto a più voci di dieci anni di Sponz Fest


Baldini e Castoldi, collana Le Formiche, 2023, 320 pp., 25 euro Musica | Racconti

05/10/2023 di Laura Bianchi
Com'è possibile riassumere dieci anni in poche frasi, come Guccini canta in Incontro? La risposta è negativa, soprattutto quando i dieci anni in questione sono quelli di un evento - festival - kermesse - festa (già la definizione sfugge a ogni regola costrittiva) come il visionario, immaginifico, rutilante, folle Sponz Fest. Che già dieci anni fa lo Sponz fosse una scommessa da pazzi, molti lo pensavano. Che il festival organizzato da Vinicio Capossela e dalla sua Accolita di (non) rancorosi in Alta Irpinia avrebbe resistito ben dieci anni, nessuno lo avrebbe immaginato. Almeno, nessuno che non fosse un po' Come li pacci, ossia, sufficientemente pazzi e visionari da creare un evento popolare e colto insieme, e per giunta al Sud.

Invece.

Invece quest'anno Sponz Fest ha compiuto dieci anni; e, per celebrare degnamente la prima decade, faticosamente e gioiosamente raggiunta, Baldini e Castoldi ha deciso di pubblicare, a cura di Luca Sebastiani e Irene Sciacovelli, con la  supervisione di Capossela, una raccolta di testimonianze, foto, ricordi, poesie, manifesti, pagine di diario, che ripercorrono tutti i dieci anni di questa magnifica pazzia.

Il libro però è proprio "per chi l'ha visto e per chi non c'era": non è solo un album nostalgico dei partecipanti - sopravvissuti alle kermesse, dallo stesso Capossela al suo Mr. Mall Vincenzo Costantino Cinaski, dal creatore degli Indescrivibili disastri Franco Bassi all'animatore di certe notti Michele Maffucci, senza contare la lunga fila dei superospiti, che davvero non ci si crede che siano arrivati fino a Calitri, Avellino, West: Riondino, Morgan, Gohara, Morandi, Redeghieri. Zamboni, Ribot, Don Antonio, Brondi, Portelli, per citare solo alcuni di quanti hanno voluto lasciare una testimonianza di giorni - e notti - difficili da dimenticare. 

Allora, Sponziamoci tutti - si chiama così una delle Associazioni che hanno fatto cordata per sostenere uno sforzo economico e logistico notevole - per aggregarci a quella "grande, caotica comunità" (come la definisce Marc Ribot), che porta avanti non solo un festival, ma soprattutto l'idea che vi sta dietro. Dalla Libera Università dei Ripetenti ai Camminanti dello Sponz Trekking, dalla SponzArti, dedicata all'arte contemporanea, alla cultura del cibo e del vino, il percorso caoricamente creativo e comunitario del festival emerge netto, vivo, immediato: far diventare civile questo Paese, partendo da un paese, che, per qualche giorno - e notte - diviene capitale della cultura, nel senso del coltivare semi, piantandoli in una terra fertile, e irrigandoli con l'acqua della curiosità e il vino della convivialità.

A ulteriore dimostrazione della preziosità del documento, ecco scorrere davanti ai nostri occhi le splendide fotografie, che ripercorrono dieci anni di situazioni poetiche e ispiratrici, ed ecco l'elenco dei protagonisti - ospiti di ogni anno, che compaiono nelle foto: non solo grandi nomi della cultura in senso lato (Carlo Ginzburg, Emir Kusturica, Vito Teti, Mimmo Lucano, Piero Martin - autore di un contributo illuminante -, Angelo Branduardi, Howe Gelb), ma anche il popolo degli Sponzati, entusiasti, sorridenti, certi di partecipare a un evento unico.

E non vengono citati gli altri ospiti, che non sono ritratti dalle foto presenti: una su tutti, Michela Murgia, recentemente scomparsa, e partecipante allo Sponz del 2019, in onore della quale Capossela rivolse un pensiero profondo e affettuoso sulla sua pagina: “Nella notte delle stelle cadenti e dei desideri espressi in segreto, apprendere della morte di Michela Murgia che i desideri ha sempre avuto il coraggio di guardarli in faccia senza annacquarli con la paura. Il cuore ritorna al suo magnifico discorso sul sapere dare una fine alle cose pronunciato al banchetto funebre di Trenodia in cui ci ricordò che solo chi non ha paura della fine riesce a vivere con pienezza la vita. E poi a una interminabile chiacchierata fino all’alba in un hotel di Cabras in cui aveva lavorato come portiera di notte nel 2005. E tutte le lezioni di disciplina della libertà che ci ha impartito in questi anni con l’esempio, fino alla fine. Nonostante questa scia luminosa, il cielo è inevitabilmente più nero stanotte. Michela Murgia ricorda a tutti noi quel che abbiamo mancato in viltà, ipocrisia e menzogna.”.

Lunga vita al Festival della Condivisione, dunque: non lasciamolo solo, nella sua battaglia contro burocrazia e ottusità. 

 

 

 


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