Vasco Pratolini

Vasco Pratolini Cronache di poveri amanti


Mondatori, 1996, € 7,75 Narrativa Italiana | Narrativa

di Simona
Sono molte le voci di via del Corno, una stradina in centro a Firenze, vicino a Santa Croce. Una stradina che ci figuriamo piccolissima, ma brulicante e vivace. Un microcosmo di gente che si dà sui nervi, ma non può fare a meno l’una dell’altra. Sono i “cornacchiai”, gli abitanti di questi palazzi che vivono tutta un’esistenza l’uno dirimpetto all’altro, talvolta sbirciando nella finestra di fronte, sempre ascoltando le voci che filtrano dai muri. C’è la Signora, anziana senza età, livida nell’aspetto e nell’anima, dalla fine letterariamente folle: intenta a soffiare bolle di sapone dalla finestra, mentre i bambini che giocano in strada, presto, neppure le badano più. C’è il carbonaio Nesi, prima, e poi c’è suo figlio: incombenti come un destino tragico sulla vita di Aurora, uno dei “quattro angeli di via del Corno”. C’è Bianca, troppo semplice per il sensibile Bruno, ma giusta per il garzone Eugenio. Milena, saggia e matura, perderà il marito colpito a morte dai manganelli del ventennio. Ci sono poi i due fascisti, Carlino e Osvaldo: impuniti sebbene colpevoli di arroganza, soprusi, manganellate ma, più che di ogni altra cosa, per sempre colpevoli della morte del maniscalco Maciste. Il personaggio eroico. Il più romantico, forte e buono. Indimenticabile angelo in sidecar, annunciatore di salvezza nella notte della sua morte: la notte dell’Apocalisse, per l’autore. Ci sono poi Ugo, che la disgrazia renderà migliore, e Gesuina, ex serva della Signora, capace di emanciparsi da essa. Ci sono poi le madri, sprezzanti o dolenti nella loro miseria, nella loro semplicità. C’è la prostituta Elisa, dal cuore ballerino; poi Margherita, Mario, il Cecchi, il Ristori…e tanti altri ce ne sono ancora. Inizialmente si confondono l’un l’altro, eppure, ad un certo punto cominciamo a ricordarli, poi a conoscerli. Diverse generazioni: ognuna vivida e non rassegnata. Si susseguono i pettegolezzi e le commedie, come le carnevalate contro i “cornuti”. E si susseguono le tragedie: miseria, freddo e soprattutto, in quegli anni, la strisciante limitazione alla libertà, la violenza.

Non la città, ma via del Corno era stretta d’assedio. I cornacchiai spiavano dalle finestre, e temevano, e non sapevano che pensare. Congetturavano a bassa voce, nelle stanze, tutti, ormai, come detenuti nelle celle.

Grande la capacità di Pratolini di comunicare un mondo intero, completamente diverso da quello da noi conosciuto eppure, in qualche misura, nel quale percepiamo insondabili radici. Nel mondo di via del Corno, negli slanci della sua gente, nelle meschinità, nelle piccolezze, si alternano felicità improvvise e repentini dolori. Un ritratto semplice e vero, dai colori tenui come un acquerello. E quello che rimane è il senso di continuità: di precarietà anche del dolore, così come della gioia. Il tempo trascorre e alla fine, via del Corno, comunità che protegge e lenisce se stessa, vivrà ancora delle gioie e dei dolori dei suoi più piccoli abitanti, che non giocano più in strada e vanno crescendo: la vita, così si dice, continua. Eppure non è neanche questo. Forse, più semplicemente, è questa la vita.

E dobbiamo tenere presente questo: che pervenuto al limite dell’ascoltazione di se stesso, e dovendo ammettere di avere tutto sbagliato nella propria vita, un uomo vede aperte due strade davanti a sé: o suicidarsi o, come diceva Aurora, “cambiar pelle”. Cambiar pelle non si può: occorre una volontà riservata a pochi. Solo i santi vi riescono, e qualche volta i poeti. Coloro, cioè, che credono veramente in qualcosa di eterno. …Rari sono i Santi, più rari i Poeti. …Si apre allora ai nostri occhi, una terza strada. …la via maestra, quella sulla quale camminano milioni come noi… Vi sono, naturalmente, anche su questa strada ostacoli e barriere, ma ci apriremo il varco assieme agli altri, e getteremo le macerie da una parte…. Così facendo, un uomo …avrà, a suo modo, cambiato pelle.


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