Valeria Tron L`equilibrio delle lucciole
Salani Editore, 2022, Pagg. 394, Euro 18,00 Narrativa Italiana | Romanzo
08/07/2022 di Federico Sponza
L'equilibrio delle lucciole è un libro che va centellinato, letto lentamente, affinchè tutta la bellezza che ogni pagina emana possa entrare in noi e sedimentarsi nella nostra anima.
Valeria Tron è una musicista, scrittrice di poesie, disegnatrice, lavoratrice del legno, un'artista a tutto tondo insomma. Con questo debutto nell'arte della narrativa conferma di essere qualcosa di speciale.
Mi ha raggiunto la bufera. L'automobile ha arrancato nel tornante, dove un pino si è abbattuto per metà e ora penzola ad angolo acuto, appesantito dalla neve. Dal parcheggio si vede appena il profilo delle prime case, il resto del paesaggio è nella cappa. Due passi ed è tormenta fin sulle labbra. La cucina di Nanà è illuminata, ma preferisco scendere a scaricare lo zaino prima che faccia buio. Sputa raffiche, questa bocca di brina gelata: attraversano i vestiti come farebbe un dardo e le ho sentite fin sulla pelle della schiena. Il viottolo è quasi impraticabile. Devo aggrapparmi alle balaustre e agli angoli delle case per non scivolare sul ghiaccio che sta sotto la neve fresca. Mio padre si sarebbe messo a ridere nel vedermi così goffa. C'è un silenzio integrale, nemmeno il gocciolare di una grondaia, che qui son tutte malconce e perdono come rubinetti. Nulla, solo il vapore del fiato che mi precede di mezzo passo. Sono la prima a scendere in fondo alla borgata da un bel po' di tempo; nessuna orma, se non qualcuna di uccello sui davanzali. Di fianco alle stalle le pietre hanno scordato il profumo del letame. Gli scarponi sprofondano. I muri calamitano la bufera, e così fanno i vetri e tutto, impastando i colori in un malinconico grigio.
Questo è l'incipit della storia di Adelaide e di Nanà, di una borgata alpina situata in Val Germanasca (ma potrebbe essere quella di qualsiasi paesino di alta montagna) dove Valeria Tron parla di radici, di montagna, di piccoli luoghi dove sbocciano legami indissolubili, di casa.
Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Meizoun.
E lo fa con una scrittura potente, ma delicata al tempo stesso, creando similitudini che diventano immagini nitide, che ogni lettore può ricondurre al proprio mondo, in quanto sono immagini dell'anima. Nelle pagine di questa perla letteraria ho rivissuto i miei quarant'anni e oltre passati frequentando altre montagne, i loro paesini, le loro genti meravigliose e mi sono ritrovato nei ricordi delle cose semplici, nelle scatole di latta piene di vite di persone care, come quelle che Nanà offre ad Adelaide. I ricordi di quelle case dove, quando entravi, venivi avvolto dal profumo del legno, della cenere del camino, della minestra sulla stufa; ricordi che sono vividi nella memoria, come il ricordo di quelle mani callose che, quando le stringevi per un saluto affettuoso, capivi cos'è la vita di un montanaro, del lavoro nei campi, nelle stalle, nelle malghe e, nello stesso tempo, della semplicità. Queste pagine mi hanno portato alla mente ricordi bellissimi e in molti casi mi hanno fatto venire le lacrime agli occhi.
In questi tempi dove si sta perdendo sempre più il senso delle tradizioni, dei ricordi, questo libro dovrebbe essere fatto leggere nelle scuole, affinchè i ragazzi di oggi possano capirne l'importanza. I nostri anziani sono la bellezza più grande che possono sfruttare, per capire che i piccoli gesti a volte possono essere fonte di felicità estrema o anche di forte dolore, ma questa è la vita.
Valeria Tron inoltre lotta con tutte le sue forze perchè la lingua della sua valle, il Patois, non si disperda nel nulla, e ce lo fa conoscere in modo semplice e accattivante, attraverso i dialoghi tra Adelaide e Nanà. Questa lotta dovrebbe essere condotta da tutti, affinchè anche i nostri vari dialetti, vero patrimonio della nostra storia, non vengano dispersi nel nulla.
Questo libro è una pietra preziosa che racconta una storia un po' dolce e un po' triste, ma che prende il cuore e non lo molla più. Consiglio la lettura mettendo come sottofondo un disco bellissimo che Valeria Tron ha pubblicato a suo tempo: Lève les yeux, di cui mi piace proporre il testo tradotto (nel disco Valeria canta in Patois) del brano che dà il titolo all'album:
Una scodella di latte caldo
e un fuoco acceso
una gerla piena di neve.
È quello che scrivo
voglio correre a piedi nudi su quel prato
e sentirne il fresco
Voglio scavare nella mia terra e piantare le tue radici.
Ti ho visto partire senza valigie
per un viaggio lontano.
Quando potevi aspettare ancora.
Sento forte il profumo delle stalle quando piove.
Vedo i tuoi occhi piccoli e stretti
aver freddo e fame.
Mi sono seduta sulle tue ginocchia davanti casa.
Mi sono addormentata nelle tue mani,
ma tu non c'eri.
Lasciami, lasciami cadere dove voglio
lasciami riposare una notte
Lève les yeux è una preghiera senza fiato
Lève les yeux è il cuore in fiamme di un bambino
Una scodella di latte frreddo.
Toccami.
L'aria ubriaca delle viuzze,
sui miei capelli,
del mio paese sento la voce,
è ancora vivo!
Questa fiamma che mi arde dentro
È quello che scrivo
Sei tornato da me
con un piccolo fiore
Abbiamo trovato il tesoro nascosto
Lasciami, lasciami cadere dove voglio
lasciami cadere dove posso
Lève les yeux son le tue parole, non le mie.
Io porto un'altra storia,
porto un'altra strada.