Roberto Polillo

Roberto Polillo Fotografare il jazz. Il volto, la musica, l’improvvisazione


Mimesis, 2023, 136 pagine, 15 euro Musica | Società | Fotografia

21/12/2023 di Franco Bergoglio

“Fu durante il primo concerto milanese di John Coltrane, nel 1962, che cominciai a percepire l’intensità che lega la fotografia alla realtà del jazz”. Con queste parole Roberto Polillo introduce il proprio ragionamento sul rapporto fra fotografia e jazz. Aprirsi all’arte durante un concerto di Coltrane ha rappresentato per molti musicisti, artisti di ogni genere e semplici spettatori, una vera “epifania”. Il sacro del jazz ne ha invaso corpi e menti per sempre. Molte sono le cronache del primo concerto italiano di Coltrane e di come ha influito sulle vite di una parte importante di coloro che hanno potuto assistervi.


Polillo era un adolescente che si stava avvicinando al jazz e grazie al padre, lo storico direttore della rivista Musica Jazz Arrigo Polillo, aveva la possibilità di fare pratica come fotografo assistendo a concerti con ospiti i migliori musicisti del momento. Stiamo parlando degli anni Sessanta e primi Settanta, quando nel jazz erano ancora attivi i mostri sacri della prima generazione, gli uomini dello swing, i bebopper e gli innovatori del free. Tutti in scena appassionatamente.


Polillo ha avuto la fortuna di assistere a concerti avendo a pochi passi Louis Armstrong, Earl Hines, Miles Davis, Thelonious Monk. E il Coltrane di cui sopra. Nel libro Fotografare il jazz. Il volto, la musica, l’improvvisazione Polillo seleziona alcuni dei suoi scatti e li accompagna a brevi riflessioni sull’importanza dei singoli musicisti, ma soprattutto ne analizza la personalità vista attraverso la lente dell’apparecchio fotografico. Sono diversissimi come improvvisatori - e lo sono anche sotto l’occhio della macchina fotografica - due pianisti come Bill Evans o Keith Jarrett. Il distillato lirico di Evans esce in ugual misura dalle fotografie che lo ritraggono ieratico, quasi immobile alla tastiera, mentre l’ipercinetismo di Jarrett è prova del suo approccio all’improvvisazione, quello che lui stesso ha definito in una bella citazione ripresa da Polillo: “il compito di misurarsi con l’impossibile”.


Le stesse diversità si possono notare nelle personalità che emergono dalle foto di tre batteristi come Max Roach, Art Blakey o Elvin Jones. Le foto di Polillo oggi sono documenti storici preziosi, ma portano intrinseca una qualità artistica che le avvicina a quelli dei grandi miti della fotografia jazz come William Claxton, Herman Leonard, Roy DeCarava, Guy Le Querrec, Giuseppe Pino. Questi sono i numi tutelari citati da Polillo. Segnalazione a parte, in

particolare, per uno scatto di Polillo del quartetto di Coltrane, trattato con la tecnica delle esposizioni multiple. L’immagine colpisce per l’energia del gruppo che, mulinando sulla pellicola, a distanza di oltre sessant’anni, ci fa ancora sentire degli echi di quella musica poderosa.



Per conoscere Roberto Polillo: https://rpolillo.photoshelter.com/index