Richard Ford

Richard Ford Donne e uomini


2001, FELTRINELLI

di Christian Verzeletti
Sin da "Incendi" e "Sportswriter" ammiro Richard Ford, non tanto per i suoi libri, quanto per il lavoro che svolge sulla società e sull'uomo contemporaneo. Anche "Donne e uomini" continua una riflessione che probabilmente l'autore non terminerà e che ancora più probabilmente solo i posteri comprenderanno meglio. Destino, pessimismo, realismo, psicologia sono termini che non rispecchiano l'opera di Ford, non scindibile dai personaggi che la popolano, "comuni esponenti del ceto medio presi nella morsa di piccoli dilemmi interiori da loro stessi confusamente provocati". Principalmente la scrittura di Ford ha il pregio di lasciare attoniti: più che coinvolgere e commuovere, la scansione dei tempi e della sua parola spiazza il lettore ponendolo di fronte a quella realtà che con la lettura crede superficialmente di evadere. L'autore de "Il giorno dell'indipendenza" deve molto a Raymond Carver, a quel minimalismo obbligato dalla vita, ma personaggi e storie non sono poi così quotidiani, sono invece i conflitti in cui questi si dibattono ad essere comuni all'interiorità di molti: riuscire a portare ad un livello cosciente ciò che l'uomo tende a nascondere è prerogativa solo di un grande autore, capace di rigenerare così il valore artistico e sociale del libro, sempre più relegato ad un prodotto commerciale da usare come riempitivo. "Donne e uomini" sono tre racconti, che si possono consumare anche in fretta, non sono di grande impatto e non richiedono molto tempo, salvo poi scoprire che sono colmi di un disorientamento che interroga senza pausa. "Cosa può accadere tra due esseri umani? Come si può regolare la propria vita, far pochi danni, eppure rimanere attaccati agli altri? . Ed era una cosa che si poteva controllare, o una questione insita nella propria personalità, oppure un mutamento di cui si poteva solo restare vittime?". Sta al lettore interpretare le pause, cogliere i vuoti, intuire quello che la parola di Ford non riesce a dire, o meglio non dice, e soprattutto riconoscere quei messaggi che vengono infiltrati "come spie dietro le linee nemiche". Quasi non ci si accorge nemmeno dei fantasmi che si aggirano tra le righe: piccole apparizioni di Sartre e di Langston Hughes, l'attrazione decadente di Parigi così libera, così privata e dall'altra parte "lo sguardo limpido e la certezza nel cuore" della visione americana. Austin è solo un rappresentante che ha problemi con la moglie, Larry poco più di un bambino che cerca di orientarsi tra le pulsioni del mondo degli adulti, Charley un romanziere che cerca scampo dalla sua esistenza, ma tutti si dibattono alla ricerca di "qualcosa da dire" capace di modificare o di definire almeno un attimo della loro vita. Ed è proprio questa incapacità del dire, che rende ancora più vitale la scrittura di Ford, in quanto a parlare rimangono i piccoli particolari che tessono il filo degli episodi: una maglietta con una Cadillac rosa, delle barchette di carta su un laghetto, l'eco dei rimbalzi di un pallone ripetutamente calciato contro il muro, un improvviso rumore in strada. È così che l'autore lega il passato al presente, un racconto all'altro e ne fa "tutto un continuo. Adesso e allora. Donne e uomini". Questi racconti ci strappano quell'irreale senso d'onnipotenza che l'individualismo e il capitalismo ci mettono addosso giorno dopo giorno, ci restituiscono quella fragilità e quella precarietà che sono fonte di vita, quell'umanità che cerchiamo troppo spesso di seppellire. Richard Ford meriterebbe fin d'ora di essere studiato sui banchi dei licei e nelle aule universitarie.