Raul Montanari

Raul Montanari Più grande di noi: confessioni di un pescatore a mosca


Hopefulmonster, Collana Pennisole, 2022, 136 pp., 12 euro Narrativa Italiana | Biografie

19/04/2023 di Valerio Corbetta
La ventina, più o meno, di romanzi di Raul Montanari, l’ho divorata in sequenza schizofrenica dal giorno in cui ho scoperto la sua scrittura fisica, dettagliata, capace di sondare l’animo e i sentimenti inserendo i personaggi dentro storie sempre coinvolgenti e ricche di pathos e finali a sorpresa. Uno dopo l’altro, i suoi libri hanno riempito ore di lettura mai pesante e regalato momenti di tensione, ma anche, all’inizio inaspettatamente, di sorrisi, compiacimento e solidarietà con i protagonisti.

L’esordiente mi era sfuggito di mano, colpevolmente scivolato nel dimenticatoio: poi d’improvviso, quando, un paio di settimane fa, me lo sono ritrovato quasi casualmente tra le mani, si è riaperta la strada che porta alternativamente verso le verdi valli bergamasche e la Milano grigia e opprimente, le amicizie che durano una vita, la passione mista al rancore. Diversamente da (quasi) tutti gli altri romanzi, Montanari qui prova a tenersi lontano dal noir, ma in realtà si trova a percorrere la stessa strada del protagonista, quel Livio Aragona, scrittore, che non ama esser citato come giallista, romanziere da thriller e noir, ma che non trova il modo per staccarsi di dosso quell’etichetta. E il racconto non può non rimandare a echi autobiografici, visti i contesti geografici e lavorativi in cui viene ambientato: e Montanari non può naturalmente fare a meno di inserire un intreccio in cui la violenza e il crimine viaggiano paralleli alla vita quotidiana, che scorre in città come tra i monti, andando poi a sconvolgerla.

Il casus belli che mi ha portato a ritrovare “L’esordiente” è stato l’acquisto di un breve saggio autobiografico dello stesso Montanari: le 136 paginette di “Più grande di noi: confessioni di un pescatore a mosca” che scorrono come una serie di brevi articoli di una rivista di settore. Col pregio, però, di esser scritti da una penna di romanziere, che mi ha portato dapprima a superare l’ostico step del primo capitoletto, per poi innalzare da zero a tendente infinito l’interesse per un argomento lontano dai miei gusti, come può esserlo quello della pesca. Un’ attività che ho sempre creduto monotona, pallosa, da pensionati che han del tempo da sprecare nella costruzione di esche, piazzamenti a mollo fino a metà coscia nei torrenti gelati d’inverno e sotto il sole a picco d’estate, ma che, raccontata alla maniera di Montanari, si posiziona invece sotto una luce differente.

Alla fine non credo che andrò a comprare canna, lenza, ami e tutto l’armamentario necessario: però il saggio è servito a riportare a galla molte ambientazioni lacustro-fluviali dei suoi romanzi, il vissuto personale che si ritrova come fondale e che si può riconoscere come milieu tipico, in cui si muovono i personaggi delle storie precedenti a questo saggio. Al punto che mi sarei aspettato di veder comparire l’impermeabile, con le tasche unte dagli involtini primavera, di Ric Velardi…