Nicola Gervasini

Nicola Gervasini Il paradosso di Ippocrate


WLM, Collana Amando Noir, 2022, pp. 244, 17 euro Romanzo | Giallo

06/09/2022 di Marcello Matranga
Secondo noir per Nicola Gervasini, a cinque anni di distanza dall'esordio nel genere che era stato Musical 80, con l'indagine condotta dal commissario Manfredi. Evitando una tendenza ormai dilagante, Gervasini ne Il paradosso di Ippocrate  si astiene da serializzare i suoi racconti: pertanto qui non troveremo una nuova indagine per Manfredi, ma si scende negli inferi del mondo dei medici e delle case farmaceutiche, alzando il coperchio su una realtà che non è certo così lontana dal vero, se non, probabilmente, molto più sporca ed inquinata di quella che viene descritta nel romanzo.

La storia vede protagonista la dottoressa Diana Palmieri, apprezzata pediatra, che risulta essere decisamente poco simpatica, molto poco empatica, diciamo zero, e con una vanità che le fa credere di essere perfetta, ma la cui vita privata è priva di mordente, annegata in un matrimonio che ricalca stilemi consolidati, che nemmeno nel rapporto con le figlie riesce a rianimarsi. E quello che non trova in casa nasce all'improvviso dal caso, spostandosi lei a Roma per un congresso al quale è stata invitata come una delle relatrici. 

Da qui parte una storia a tinte fosche che coinvolge un'amica/collega spassosa e dirompente come Donita, un presunto innamorato dei tempi universitari che riemerge dal passato, un manager senza scrupoli e qualche personaggio di contorno. Il tutto si svolge tra continui colpi di scena che si succedono, però, contornati da dialoghi che a tratti interrompono la scorrevolezza della storia, risultando troppo lunghi e, talvolta, contorti. La certezza sono i Nirvana di Nevermind che aleggiano sul racconto, e il perchè lo comprenderete leggendo il libro.

Il racconto si snoda fino ad una non scontata conclusione, dove il riscatto (apparente?) e la vendetta troveranno una loro strada, consegnandoci una storia che una certezza ce la lascia, quella di non poter dar nulla per certo, nemmeno le più ferree convinzioni anche quelle su noi stessi e su quanto crediamo assodato.

E qui Gervasini centra in pieno il bersaglio.