Nick Hornby

Nick Hornby Alta fedeltà


Guanda, 1995, € 6,71

di Simona
Si tratta dell’opera prima dello scrittore inglese che ci appare però sorprendentemente matura, se così si può dire, considerato che il protagonista appartiene alla fantomatica categoria dei trentenni immaturi senza nessuna voglia di crescere e di assumersi responsabilità. La caratteristica degli immaturi di Nock Hornby, tuttavia, è quella di essere al contempo brillanti, simpatici e niente affatto sciocchi. In questo caso il nostro eroe si chiama Rob Fleming, trentaseienne londinese ex deejay proprietario del Championship Vynil, un negozio di dischi “prudentemente piazzato in modo da attirare il minor numero possibile di curiosi di passaggio.” Vi lavorano altri due amici di Rob, un po’ sfigati e fanatici di musica: il timido e delicato Dick e Barry, alquanto poco delicato e tanto meno timido. Passano il tempo a sfottersi l’un l’altro, a criticare le scelte musicali dei clienti come di chiunque altro e, soprattutto, a fare classifiche. Le cinque più memorabili fregature di tutti i tempi, le cinque migliori canzoni della Motown ai tempi d’oro, Le cinque migliori canzone 1 – lato A, le cinque migliori canzoni da suonare al proprio funerale e va dicendo.

“La lista dei cinque mestieri che più sognano di fare. Regna il silenzio, in negozio; per qualche istante diventa un’aula di scuola elementare durante una quieta ora di disegno. Biro succhiate, righe tirate, sopraccigli corrugati, e io che guardo sopra le spalle.”

La trama è scarna, e nemmeno lo si pretende da questo genere di libri. Inoltre non è certo quella la parte migliore dei romanzi di Nick Hornby quanto l’ironia, le battute, le gag, qualche riflessione penetrante sui perché della vita e, perché no, il ritratto ironico ma calzante di una generazione. Così, Rob viene mollato dalla ragazza, Laura, che è diventata un avvocato di successo e lavora nella City, ed è il pretesto per una serie di piccole vicende e grovigli di pensiero piuttosto riusciti.

“Oh beh. Oh, beh, un bel niente. Avrei dovuto dirgli una di queste cose qui. Avrei dovuto usare almeno una parolaccia. Avrei dovuto minacciarlo e con violenza. Non avrei dovuto attaccare dopo un “Boh”. Queste cose mi distruggono, mi logorano, e finirò per crepare di cancro o di mal di cuore o qualcosa del genere. Tremo e continuo a tremare, e riscrivo la scena nella mia testa finché non diventa un distillato di veleno, e la cosa non aiuta affatto.

Poi, all’improvviso, ecco che nella scarna trama e in un contesto letterariamente poco pretestuoso si inserisce un colpo di scena davvero “impegnativo”: la morte. E di fronte a cotanta circostanza anche il re degli immaturi è costretto a fare i conti (la seconda parte è meglio della prima). Ma Rob è pur sempre Rob, e Hornby è pur sempre Hornby.

“Ti senti bene?” dice Barry quando mi vede con l’occhio fisso nel vuoto. “Con chi parlavi?”

“Con Laura. Suo padre è morto.” “Oh. Che brutta notizia.” E poi se ne va all’ufficio postale con un fascio di ordinazioni sotto il braccio. Visto? Da Laura, a me, a Barry: dal cordoglio, alla incertezza, a un fuggevole, tiepido interesse. Se volete trovare un modo per togliere il pungiglione della morte allora Barry è il vostro uomo.”

Niente di trascendentale, ma se siete dei trentenni, non siete sposati, magari vi piace la musica e avete voglia di leggere un libro non sciocco però divertente, questo è il vostro libro. Vi ci riconoscerete, e tipi come Rob, Dick, Barry o Laura vi sembrerà di averli già visti in giro, da qualche parte. Mi sa che siamo proprio così.

“Le cose, una volta accadute, riesco sempre a vederle per quello che sono – il passato lo padroneggio niente male. E’ il presente che non capisco.”

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