Midj

Midj il jazz italiano per L’Aquila. 6 settembre 2015


Postcart, Roma Saggi | Musica | jazz

15/09/2016 di Silvia Morganti
“Avevo una passione per la musica 

di ruggine 

nerastra tinta a caldo di caligine

metropoli”
(Paolo Conte, Elegia)

 

A distanza di un anno preciso dall’evento musicale più importante del jazz italiano è uscito  il libro che ne racconta, per istantanee, significato ed emozioni.  I protagonisti ne danno una particolare lettura in scritti brevi che accompagnano le fotografie, tante, in bianco e nero e a colori, che li ritraggono insieme alla città e alle persone che vi erano presenti.

L’Associazione Musicisti Italiani Di Jazz (MIDJ), nata soltanto l’8 marzo del 2014, ne è l’artefice: Paolo Fresu il cuore, con la sua Direzione artistica, ma soprattutto con la sua presenza discreta, umana e calorosa… lo si è incrociato quel giorno tante volte, in movimento tra un luogo e l’altro, a dare il saluto di benvenuto a chi arrivava o a chi stava per esibirsi, con una semplicità che ben nascondeva la complessa organizzazione che ci deve essere stata, ma di cui non faceva sfuggire nessuna ansia o preoccupazione; tutto sembrava accadere quasi per moto proprio, come se l’ingranaggio perfetto si fosse messo in funzione e facesse andare tutto al meglio nella giusta direzione, e tutti (artisti, ascoltatori, organizzatori, tecnici, aquilani e forestieri, bambini e adulti) si fosse parte essenziale dello stesso benedetto meccanismo. È incredibile, ma quel giorno sembrava che quelle impalcature così fitte di tubi (così esagerate, almeno a guardarle con il naso all’insù) stessero per esser tolte, come se fosse giunto il momento, dopo sei lunghi anni di attesa e di fermo, di non servire più, perché la ricostruzione finalmente fosse compiuta… quasi un’inaugurazione di un nuovo corso.

I musicisti, arrivati da ogni parte d’Italia e con tutti i mezzi, dal treno all’autobus messo a disposizione, dall’automobile al pullman di linea, dal traghetto all’aereo,  raccontano l’esperienza vissuta in una giornata di sole in una delle città italiane più sconvolte da un sisma e dalle vicende, ahimè,  che ne sono seguite (e che purtroppo lo hanno anticipato). Il mondo della musica jazz, variegato e molteplice, ha dimostrato di essere un’umanità ricca e feconda, capace di essere promotrice di sola positività.

Entrare a L’Aquila quel giorno ha significato partecipare ad un inno alla vita contro la devastazione e il senso di morte che ancora lì albergano. La musica è stato il mezzo attraverso cui la vita potesse esprimersi. Il silenzio è stato il rispetto, la riflessione, lo sguardo dolente su quello che attorno e dentro si presentava violato. La musica come risposta a distanza di un tempo che è apparso quasi immobile. Le foto come segno di ciò che è accaduto, alla ricerca di cogliere la magia che comunque si è in quelle ore realizzata.

Si è trattato di “un progetto folle: un unico giorno di musica con 18 palcoscenici distribuiti nei luoghi nevralgici del centro storico, con 100 concerti e circa 600 musicisti” (Paolo Fresu) e a sfogliare il libro suddiviso proprio per luoghi (Basilica di San Bernardino, Chiesa di San Giuseppe Artigiano, Chiostro ex Convento di San Domenico, Portici di San Bernardino, Piazza Santa Margherita, Scalinata di San Bernardino, Parco del Castello, Largo Tunisia, Auditorium del Parco, Piazza Chiarino, Via Borgo Rivera, Convento Santa Chiara, Ponte della Fortezza Spagnola, Chiesa del Crocifisso,  Fontana delle 99 cannelle, Chiesa di S. Vito, Piazza Duomo… e le vie) si compie un viaggio straordinario.  È vero non è stato un concerto, non è stata una festa, è stato un viaggio.

C’è stata la giusta distanza del tempo: non subito, sarebbe stato impossibile; non tardi, ma puntuale. Si è partiti in 60.000 e si è andati tutti insieme da ogni dove, quando ancora non era chiaro cosa sarebbe stato, poi a viverlo ognuno ha percepito con la propria sensibilità quello che dai sensi passava attraverso il pensiero per farsi esperienza straordinaria di qualcosa che oggi si ritrova tra le pagine del libro: un libro, di grande formato, dalla bella copertina, di carta curata, di pagine che conoscono il fitto della scrittura di tante firme autorevoli e la leggerezza degli spazi bianchi e che ha intenti benefici e non solo perché il ricavato sarà interamente devoluto, ma perché L’Aquila lì ri-vive e con lei ognuno di noi.

Nessuno poteva mai immaginare che nel 2016, pochi giorni prima dell’uscita del libro e della realizzazione della seconda edizione, altri luoghi lungo l’Appennino avrebbero vissuto la stessa immane tragedia sotto le scosse di un altro terremoto; ecco allora che dopo lo sconforto e il senso di desolazione, si è sperato da subito un destino diverso per Amatrice, Accumuli, Arquata del Tronto, Norcia e la musica jazz ha voluto dare il suo contributo. Il “Jazz italiano per L’Aquila” si è così duplicato nel “Jazz italiano per Amatrice” e l’intento è stato (ed è) quello di raccogliere, anche attraverso questo bel libro,  i fondi per ricostruire il Cinema-Teatro di Amatrice “Giuseppe Garibaldi”. E di questo e di tutto si ringrazia…