Franco Bergoglio

Franco Bergoglio I GIORNI DELLA MUSICA E DELLE ROSE - Rock, pop, jazz, soul, blues nel vortice del `68


EDITORE Stampa Alternativa - COLLANA: Sconcerto - pp. 240 Saggi | Musica

26/12/2018 di Laura Bianchi
Franco Bergoglio, lo studioso che presenta il suo ricchissimo saggio I GIORNI DELLA MUSICA E DELLE ROSE - Rock, pop, jazz, soul, blues nel vortice del '68, è nato nel 1973; ossia, quando l'ondata di cambiamento, in tutti i campi, dalla musica, alla letteratura, al costume, si stava trasformando in qualcos'altro. Non ha certo vissuto i giorni della musica e delle rose, ma evidentemente ne ha coltivato dentro sé i colori e i profumi, da appassionato e esperto di jazz qual è; e, a un certo punto del proprio percorso di ricerca, ha deciso di riuunire in un volume la storia ragionata di quegli anni formidabili, sondandone la genesi e affrontando il complesso problema della loro eredità, evidente o celata che sia.

Difficile è sottrarsi al fascino di pagine che profumano di Oriente e di sperimentazioni ardite, che risuonano di echi inaspettati, eppure nitidi (come l'influsso che il jazz di John Coltrane esercitò sui musicisti rock di allora), che parlano di dibattiti, lotte, discussioni e conflitti, evidenti o sotterranei. Bergoglio è un meticoloso ricercatore, ma anche un abile affabulatore; del ricercatore ha l'abitudine alla classificazione e all'archivistica, e dell'affabulatore ha il gusto per la narrazione aneddotica. Così, il lettore si trova nel mezzo di una sorta di lettura a double coding: chi cerca il saggio colto, è soddisfatto dagli elenchi, dai cataloghi, dalla discografia ragionata, dalle date e dai dati precisi, inseriti non come vacui elementi di esibizionismo erudito, ma come preziosi tasselli di un mosaico altrimenti incomprensibile.

Chi si aspetta una sorta di racconto corale su un anno cruciale per la cultura che sarebbe seguita, invece, può gustare una serie di quadri vivaci e ironici, alla Lester Bangs, che scavano in profondità nelle trame fitte degli anni che precedono il 1968, per ricavarne una sorta di filo rosso, un senso, anzi, il senso complessivo di un movimento che, prima che essere musicale o culturale, è stato umano e spirituale: quindi, politico nel significato più alto del termine.

Soprattutto, dalla lettura delle dense pagine, si ricava l'idea netta dell'evoluzione, inevitabile, eppure per alcuni versi inspiegabile e inaspettata, di un bisogno inarrestabile di creatività, di libertà, di realizzazione fuori da ogni schema precedente, che negli anni precedenti passa attraverso esperienze estreme, autodistruttive, ma anche attraverso idee e manifestazioni urgenti e importanti per l'umanità, fino all'epilogo, il 1968 appunto, prodromo di uno scollamento fra impegno politico e mito di massa. Bergoglio conduce il lettore con una chiara visione d'insieme, che però riesce a rendere comprensibile e fruibile, mediante un'impostazione giornalistica, con brevi capitoli, ottimamente titolati, ognuno dei quali ha una precisa colonna sonora. Un modo per ambientare la narrazione, ma insieme costituire un valido punto di riferimento per quei giovani che devono ancora chiedere chi erano i Beatles.