Filippo La Porta

Filippo La Porta Improvvisazioni. Voci per un dizionario di jazz e letteratura


Collana Saint Louis Doc – Stefano Mastruzzi editore, 2023, 18 euro Musica | Saggi | Jazz

06/10/2023 di Franco Bergoglio

Antefatto: il critico e saggista Filippo La Porta dà alle stampe Improvvisazioni. Voci per un dizionario di jazz e letteratura, un agile libello che discute alcune voci per un ipotetico dizionario di jazz e letteratura. Seguo il tema professionalmente da ormai un ventennio: la lettura di un libro riguardante un simile argomento è come miele per l’orso in uscita dal letargo! Conseguenza: più che leggerlo lo aspiro da vero tabagista a secco. Fin dall’introduzione il tempo viene ripagato con citazioni azzeccatissime da grandi scrittori come Octavio Paz, Edward Said, Cesare Pavese, Miles Davis....e siamo solo alle prime pagine.


D’altronde, lo scrittore mette in pratica un meccanismo che mi sembra imprescindibile nell’approcciare un’arte come il jazz: il confronto comparativo con altre discipline. Il jazz si esalta quando andiamo a cercarlo nei media novecenteschi, quelli dove ha svolto anche il ruolo di colonna sonora, dove è stata la musica che spesso ha accompagnato la Weltanschauung di donne e uomini del periodo, dove ha avuto un ruolo tanto consistente da essere oggi un cliché

imprescindibile. Guardiamo al jazz nel cinema, al suo rapporto con la fotografia o anche a quello, meno esplorato ma fertile, con i comics.

Ovviamente anche la letteratura è lì nel mazzo e mi piace ricordare che a fianco della citatissima beat generation si aprono altri mondi e tra essi si trova il giacimento di jazz e letteratura “scavabile” nella miniera del romanzo hardboiled, anche fin troppo imbevuto di musica, specialmente nell’uso di luoghi comuni. Il noir è sostanzialmente coetaneo del jazz e ne ha seguito lo sviluppo fino alla maggiore età.


Pur essendo un fanatico del legame jazz - noir al quale ho dedicato tempo e fatiche andando alla ricerca delle connessioni profonde tra le due arti (Sassofoni e pistole, Arcana 2015, è un libro vecchio e mi permetto l’autocitazione) sono completamente d’accordo con La Porta, quando afferma di volersi tenere lontano dal discorso della scrittura jazz, una tecnica più strombazzata malamente che eseguita e che anche quando è stata teorizzata – vedi Kerouac – non ha poi prodotto tecniche o epigoni di valore. Gli scrittori che promettono di scrivere jazz o sono disposti a sfidare James Ellroy a duello, oppure che si facciano da parte.


La Porta insiste che la connessione jazz-scrittura va cercata altrove e si basa sul rischio, sulla possibilità concessa al vero artista creativo di sbagliare, di fare errori e qui il pensiero corre a Cortàzar o a Roberto Bolaño. Accostarsi al jazz significa anche costruirsi una propria estetica di ascolto e di fruizione. Il jazz - nonostante si stia calcificando e

accademizzando - conserva anticorpi robusti e permette approcci creativi. Le improvvisazioni più belle (qui per la cronaca La Porta cita esecuzioni di Bill Evans e Clark Terry) vengono mandate a memoria dagli appassionati. Eppure sul mistero della riproduzione della musica - meccanica o liquida che sia – dove ciascuno ha un proprio orientamento e si sono versati oceani di inchiostro, l’autore piazza un’altra acuta osservazione. Dei brani che ama, scrive: «conosco a memoria l’improvvisazione, ma sento che la forza di questa musica non sta lì, in quella

riproduzione fissata una volta per tutte». Chiunque abbia messo sul piatto un vinile ha provato, almeno una volta, una sensazione analoga. La magia è da qualche parte tra i solchi e l’infinito, ma non si sa bene dove sia.


«Il jazz è un'arte fragile e imperfetta, forse come il teatro - mentre il cinema è un’arte perfetta – perché jazz e teatro sono basati sulla performance irripetibile, esposta sempre a errori e appunto a un fallimento». «Sull’orlo dell abisso», con dietro il sistema che ha rinnegato e nulla davanti a sé per riprendere un’idea di Georges Perec, uno scrittore che il jazz lo ha amato visceralmente. Universalità, modernità, libertà, malinconia...queste sono le voci che si trovano sfogliando il libro. Consigliatissimo per gli appassionati di entrambe le discipline e adatto anche

a chi nulla sa e vuole provare a tuffarsi in questo mare...


Filippo La Porta, critico e saggista. Scrive regolarmente su “Repubblica”, “Il Riformista” e sul periodico “Left”. Insegna alla scuola Holden e in altre scuole di scrittura.

Delle sue innumerevoli pubblicazioni citiamo soltanto: La impossibile cura della vita. Tre medici-scrittori: Cechov, Céline, Carlo Levi (Castelvecchi, 2021); Il bene e gli altri. Dante un’etica per il nuovo millennio (Bompiani 2018); Poesia come esperienza. Una formazione nei versi (Fazi 2013), Roma è una bugia (Laterza 2012); Pasolini (Il Mulino 2012), La nuova narrativa italiana (Bollati Boringhieri 1995).