Catherine Dunne

Catherine Dunne Una buona madre


Traduttore Ada Arduini, Guanda, Collana Narratori della Fenice, 2022, pp. 352, 19 euro Narrativa Straniera | Romanzo

21/04/2023 di Valerio Corbetta
Un filo invisibile collega tre generazioni coniugate al femminile. Un filo che è avvolto attorno e dentro una realtà durissima, fatta di abusi, violenze psicologiche oltre che fisiche, ottusità e mentalità retrograda che nella seconda metà del secolo scorso si fatica a pensare così radicata in una civiltà evoluta.

Invece, nell’Irlanda così minuziosamente descritta nella sua quotidianità da Catherine Dunne, vince ancora il pensiero medievale, irrorato da una cultura che si regge sulla paura del giudizio del prossimo e cede la propria dignità all’oscurità del pensiero di una chiesa complice e repressiva.

Dal suo esordio letterario nell’ormai lontano 1997 con “La metà di niente”, la scrittrice dublinese ha riempito pagine di storie di donne, madri, figlie, mogli, amiche: con un tratto delicatissimo, che non le impedisce di mettere alla berlina usi e costumi di un’isola tanto meravigliosa quanto ancora frenata nel pensiero e nei comportamenti in una parte della sua popolazione. Gli enormi passi in avanti, compiuti negli ultimi decenni di apertura alla modernità in cui la “tigre celtica” è entrata tra le economie e culture più all’avanguardia d’Europa, non hanno cancellato gli orrori che hanno coinvolto le strutture gestite da Chiesa e Stato, fatti acclarati, ma non ancora completamente chiariti e di cui si trova riscontro nelle note di postfazione.

In questo Una buona madre sono le storie di ragazze-madri a reggere il racconto. Un incredibile intreccio di personaggi ed eventi che alla fine cuciono la storia come un patchwork di diverse pezze, dimensioni e colori, che servono poi a ricoprire sotto un unico manto gli anni dai Sessanta a oggi. Tra salti temporali e di protagonisti, all’inizio si fatica a trovare un filo conduttore. Ma l’abilità della Dunne sta nel tenere sempre alta l’attenzione, fino a scoprire piano piano come quei pezzi di stoffa rappresentati dalle diverse storie alla fine servano per realizzare una coperta che avvolge tutto e tutti.

E gli uomini? Certo, ci sono pure loro: ma se ne salvano pochi da un punto di vista morale: nessuno merita un capitolo e semmai servono a creare solo correnti negative (fatta eccezione per uno dei figli di Tess, Aengus), dentro le quali vengono trascinate le protagoniste di un romanzo retto totalmente dalla visione al femminile. La speranza in un mondo migliore però esiste e la via per perseguirla sta nell’indicazione di Eileen, che, dopo averla “salvata” dall’istituto di St.Brigid unitamente alla figlia appena nata, risponde a Maeve: “Non c’è bisogno di ringraziarmi: fai la stessa cosa per qualcun altro, un giorno, tutto qui. Qualcuno che abbia bisogno di un po’ di gentilezza. Tu trasmettila”.