Andrea Camilleri

Andrea Camilleri La pazienza del ragno


Sellerio Palermo - Euro 10,00

di Francesco Ongaro
Ennesimo episodio delle indagini del commissario Montalbano – Montalbano sono! – forse il personaggio letterario attualmente più noto al pubblico italiano.
C’è poco da aggiungere al molto che è stato scritto attorno al fenomeno Camilleri/Montalbano/Zingaretti. Di sicuro per leggere tutti gli episodi della saga occorre apprezzare il genere oppure – ed è il mio caso – essersi innamorati della lingua di Camilleri, di quel suo italosiculo accattivante, che non stanca, che invera i personaggi, che crea il contesto meglio di qualunque descrizione. Allora per qualche ora si andrà a riposare nella càmmara di letto, ci si arrisbiglierà sudatizzi, si cercherà di capire l’ora taliando il ralogio, scantandosi per qualche ombra furtiva. E così via. Gli esempi sono infiniti. Ciascuno può scegliere quello che preferisce. Sarebbe impensabile incontrare un personaggio di Camilleri che agisca e pensi al di fuori di questa lingua. E non si tratta di un atto limitante, ma qualificante. Perché la lingua di Camilleri è una lingua che crea azione, che sposta i significati in un’area nella quale azione e pensiero corrispondono, si sviluppa partendo dal vissuto di personaggi che risultano più autentici della Sicilia più autentica – come qualche critico ha già scritto -.
Montalbano è un personaggio che, romanzo dopo romanzo, gattopardescamente muta senza mutare. È agganciato al quotidiano, agli umori del paese – vedasi, a tal riguardo, la lunga riflessione contro il comportamento della polizia a Genova durante il famoso G8 nel precedente Il giro di boa -. Ha un suo senso della giustizia che non sempre coincide con la giustizia dei codici, una coscienza che spesso si sostituisce alla giustizia reale – ed è ciò che più piace in lui, perché ne mostra il lato umano, perché dice di un muoversi nel/tra il “male” con un senso delle cose e della vita che ha radici profonde e antiche, come antica è la terra alla quale appartiene -.
In quest’ultimo romanzo – a detta di alcuni non solo in termini cronologici, ma definitivi – Montalbano, che piano piano si scopre invecchiare, in una certa misura fa opera di autoconsapevolezza e tutta la vicenda, che giostra attorno ad un rapimento, diventa occasione per riflettere sul suo essere poliziotto – un omo che aviva un personale criterio di giudizio supra a ciò che era giusto e ciò che era sbagliato – sulla sua vita. Non ci sono morti ammazzati nei modi più bizzarri, omicidi in serie, strampalati codici medioevali da decifrare per arrivare alla verità, templari fuori tempo massimo, rivelazioni dal libro dell’Apocalisse, avide sette sulle tracce del Sacro Graal, ma l’agire di un uomo mosso dalla curiosità, che forse, senza nemmeno esserne consapevole, ama la vita e le persone più di ogni cosa. Ed è questa dimensione umana che rende le storie di Camilleri reali e curiose. Perché il fantastico e il grottesco stanno nell’animo delle persone e non tutti possiedono gli strumenti adatti a sviscerarli. Camilleri/Montalbano li hanno.
Si legge in una sera, non perché corto ma perché non ci si decide mai a posarlo sul comodino. A notte fatta, poi, non resta che addrumisciarsi felici dopo tanticchia di silenzio

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