Alvaro Mutis La neve dell'ammiraglio
1990 e 1996, EINAUDI
di Christian Verzeletti
Un autore che meriterebbe maggior considerazione è Alvaro Mutis: colombiano di nascita, apolide di professione e esule in Messico per forze maggiori, ha avuto qualche lampo di attenzione nel nostro paese grazie alla versione cinematografica di "Ilona arriva con la pioggia" e all'attestato lasciato da parte di Fabrizio De Andrè in "Smisurata preghiera", ma si tratta di episodi che riflettono appena il valore della sua opera.
"La neve dell'ammiraglio" rientra nella saga di Maqroll il Gabbiere, secondo volume di una trilogia che ha per protagonista l'alter ego dello scrittore e della sua stessa poesia, un antieroe alla deriva verso segherie misteriose nella Cordigliera, miraggio senza alcuna logica, se non quella di fornire un apparente meta al viaggio.
Mutis si rivela un maestro nel recuperare la tradizione delle avventure di mare, ma allo stesso tempo introduce delle varianti che portano in superficie significati e dubbi molteplici. È evidente il rimando a "Cuore di tenebra" di Conrad, ma la trama e la costruzione dei personaggi è ancora più astratta: la risalita lungo il Rio Xurandò diventa un viaggio all'interno dell'inconscio umano che si dispiega quanto più è staccato dalle fasulle stabilità terrene. La ricerca interiore compiuta da Maqroll tocca tanto gli estremi della selva quanto quelli dell'animo, grazie alle inconsistenti parole che il Gabbiere fissa su dei fogli di carta.
Attraverso questa reciproca descrizione, autore e personaggio si confondono, entrambi coscienti e alla ricerca dell'altro, appesi a un filo di ragione sempre in dubbio, ma dotati di una coerenza che li fa proseguire verso l'ignoto. In un lento gioco di vita e di morte, che procede sempre rollando spinto solo dall'esile trama di un affare impossibile , i sentimenti si mescolano con le paure e con le ossessioni: la morte è presente concettualmente nelle letture di Maqroll e concretamente nei pericoli imposti dalla risalita del fiume.
Vengono portati a galla tutti gli strazi che giacciono da tempo immemore sui fondali del cuore umano: il conflitto tra civiltà e barbarie, l'assillo del denaro e del sesso, l'ideale contraddittorio di patria e di casa, il desiderio smanioso di una trasgressione liberatoria, un anelito di pace mai placato e l'amore per una donna abbandonata. Il viaggio sul fiume è allora un esilio, è l'unica realtà in cui cercare se stessi, in cui scorgere gli altri, in cui aggrapparsi a un minimo di libertà e di creatività. Implicita è la critica a tutto quanto sia terra ferma, ed è proprio questo senso dell'inafferrabile, del non detto a fare di Mutis un grande scrittore.
Kurz e Marlow, Balzac e Proust, Dickens e Conrad, Huck Finn e il Capitano Achab salgono e scendono come maree silenziose, ma ciò che rimane quando l'acqua si ritira è la spessa melma di una scrittura sinuosa e insondabile fondata su una identità che risiede davvero sul fondo. "La neve dell'ammiraglio" è un romanzo interiore che non ha uguali e che ci mostra quanto rimanga ancora da scoprire nel territorio sudamericano. A patto che non siate turisti o esploratori, ma anime in pena e in precario equilibrio. Pronte a salpare incontro al vostro destino.