Alessandro Hellmann

Alessandro Hellmann Cuba la rivoluzione imperdonabile da cristoforo colombo a bush


in collaborazione con Nicola Pannelli - Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2007, € 12,00 Romanzo | Società

di Simona
Una storia di amore e odio, di sfida e antagonismo degni di un feuilleton: non si tratta d un romanzo ottocentesco, ma del rapporto fra Stati Uniti e Cuba. Approfondire questo rapporto, in special modo a partire dalla caduta del muro: ecco un buon motivo per leggere questo libro. Ma non è il solo. Vi si aggiunge il fatto che con passione, umorismo e sincerità l'autore ripercorre in un soffio i duecento anni che hanno disegnato per Cuba un destino unico. Tuttavia, c'è da chiedersi, perché dovremmo interessarci ancora alle sue vicende in questo nostro tempo post-ideologico? Ebbene, perché Cuba da sempre racconta di libertà e giustizia, condizioni che, se noi occidentali riteniamo in gran parte scontate, ancora sollecitano il nostro lato emotivo e ideale dal quale, tutto sommato, sarebbe bene non prescindere se vogliamo definirci uomini.
Con chiarezza l'autore ripercorre i momenti chiave del paese caraibico in modo che i fatti , da soli, rendono giustizia alla via solitaria intrapresa dall'isola.

Già all'inizio dell'Ottocento sull'America Latina soffia un vento nuovo, un vento che porta parole di libertà e giustizia, con le guerre di liberazione di Simòn Bolìvar.
Da allora Cuba combatte, contro gli spagnoli e contro l'ombra statunitense che si allunga sempre più sull'isola fino a ottenerne il controllo.Sono anni di corruzione senza pudore a ogni livello.
In Messico Fidel Castro organizza la resistenza e nel 1956 il Granma salpa per Cuba.
Più che uno sbarco è un naufragio. Si salvano in 12 con sette fucili. Ma dodici uomini con sette fucili possono fare una rivoluzione? Sì, perché a quei dodici uomini sulla Sierra iniziano a unirsi i contadini, ma anche impiegati e operai e, infine, gli studenti.
La rivoluzione ha vinto. Una rivoluzione etica prima ancora che comunista. Etica nei fatti; fine dello sfruttamento, previdenza sociale garantita, lotta al traffico di droga, alla mafia, alla prostituzione, alfabetizzazione e vaccinazioni a tappeto, uguaglianza tra i sessi, tra le razze, sostegno militare all'Africa nera nella lotta contro la colonizzazione e l'apartheid, invio di medici e insegnanti nei paesi del terzo mondo, esproprio dei terreni oltre i 400 ettari e ridistribuzione a cooperative e contadini poveri. I proprietari vengono espropriati a fronte di un indennizzo. L'indennizzo è calcolato in base al valore dichiarato al fisco. Ed è qui che gli Stati Uniti si indispongono...
D'ora in poi la Rivoluzione diverrà imperdonabile, per anni e decenni. Imperdonabile al punto che gli Stati Uniti giungono a identificare un “terrorismo buono”, che favorisce la democrazia. Una storia da 3.500 morti e 2.000 feriti, cominciata con un caccia statunitense che nel 1959 mitraglia l'Avana uccidendo decine di persone. Le incursioni si ripetono. Piovono bombe sulle fabbriche e sulle piantagioni. Gli aerei vengono dalla Florida, dove hanno trovato calda accoglienza i facoltosi cubani compromessi con il regime di Batista.
La storia continua con il terrorismo economico, con un blocco totale in grado di mettere in ginocchio anche una grande potenza. E da subito Cuba si trova in una prigione di zucchero, che non riesce più a vendere agli Stati Uniti. Per questo si rivolge al Cremlino. Cuba diventa un pericolo. Pericolo rosso. E' una minaccia per la democrazia e per il mondo occidentale. Cuba è la cortina di ferro a un passo da Miami. E' vicina, anzi vicinissima. Gli Stati Uniti puntano a isolare Cuba politicamente. E ci riescono. E' chiaro che non c'è scelta. Se tutti ti chiudono la porta in faccia non puoi che rivolgerti a chi la porta l'ha lasciata aperta.
Ma alla fine la cortina di ferro cade. A questo punto come si può giustificare l'attività di anti-castristi di dubbia moralità, ormai avviati ad una brillante carriera al servizio della CIA e delle organizzazioni paramilitari mafio-terroristiche anti-castriste di Miami, una volta scongiurato il pericolo rosso? Semplicemente con l'amore spassionato degli statunitensi per la libertà, la giustizia e la democrazia.
Dice Wayne Smith, ex direttore della sezione di interessi USA a Cuba: “La democrazia e i diritti umani ci interessano assai poco. Se ci importassero, i nostri nemici sarebbero altri.... Con queste due linee politiche, la pressione economica e i diritti umani, vogliamo provocare il rovesciamento di Fidel Castro per insediare un governo di transizione che ci piaccia e recuperare il controllo dell'isola.”
Qualcuno aveva dubbi?
Il turismo diventa il nuovo obiettivo dei terroristi anti-castristi di Miami: resort, alberghi, persino spiagge sono prese di mira da commandos armati e attentati. La propaganda non è meno aggressiva attraverso radio e TV foraggiate a suon di milioni di dollari. “Signore e signori, vi proponiamo oggi la testimonianza dell'amico Pedro. Da quanti giorni sei arrivato qui negli Stati Uniti? Quante migliaia di dollari guadagni nell'azienda in cui hai trovato subito lavoro? Che Dio ti benedica, Pedro, e benedica l'America...”
Quindi arrivano i balseros. In sostanza: se sei un cittadino cubano e vuoi emigrare negli Stati Uniti legalmente non puoi farlo perché ti viene negato il visto; se però arrivi negli USA dirottando un aereo o una nave, ti danno subito la cittadinanza e un lavoro.”
Così si arriva alla “tempesta perfetta” L'arresto dei Cinque. Cinque cubani che cercavano di controllare le attività dei gruppi di Miami. Un caso di vergognosa ingiustizia del sistema giuridico statunitense e di vergognoso silenzio dell'informazione ufficiale internazionale. Un caso degno di un filmone di Hollywood a caccia di Oscar. Peccato che nella patria della libertà nemmeno la più grande azienda cinematografica del mondo sia libera. Eppure sarebbe un film pieno di pathos e colpi di scena in perfetto stile Hollywood! Per esempio succede che durante il lungo processo non si riescono a trovare prove della colpevolezza degli imputati, ed è allora che accade qualcos'altro.
A Miami scoppia una piccola e assurda guerra civile intorno al caso di Elian Gonzalez, piccolo balsero la cui madre muore nella trasbordata. Il caso sulla carta è chiaro: sia secondo il diritto internazionale sia secondo la legge statunitense la tutela del bambino deve essere assunta dal padre, rimasto a Cuba. Ma i parenti di Miami non mollano perché “qui non conta la legge statunitense. Qui siamo a Miami. Conta quello che vogliamo noi!” Il governo USA si trova costretto a intervenire con un blitz militare. A Miami è il caos: manifestazioni di protesta, bandiere a stelle e strisce bruciate. Occorre calmare gli animi. Occorre una merce di scambio. Il processo contro i Cinque. I giurati si riuniscono e in soli cinque giorni emettono la sentenza. Colpevoli. I Cinque sono condannati, sottoposti a un regime carcerario durissimo, e le loro famiglie ostacolate nel loro diritto di vedere i congiunti.
E' un vero e proprio sopruso. Eppure, oltre al danno dell'ingiustizia perpetrata a questi uomini, a Cuba, presto si aggiungerà la beffa ai danni degli stessi americani e di tutti gli “uomini di buona volontà”.
E' il giugno del 2001. Mentre l'FBI si impegnava con tutte le sue forze a trasformare in spie i cinque cubani che stavano cercando di proteggere il loro paese dai terroristi, nella stessa Florida alcuni commandos suicidi si preparavano indisturbati a realizzare il più spettacolare attentato della storia. ... In compenso, però, la popolazione americana si sentirà senz'altro rassicurata dal fatto che recentemente il Pentagono abbia ritenuto di dover declassare la minaccia della conquista degli Stati Uniti da parte del potente e temibile esercito cubano. “La minaccia certo persiste, ma il verificarsi dell'invasione risulta ora meno probabile.”
Qualcuno aveva dubbi?
Ed è proprio così: Cuba rappresenta una minaccia. Essa è la spina nel fianco di un mondo massificato e timoroso di perdere i propri privilegi; un mondo arrogante che giudica ingrato e punibile chiunque prenda direzioni diverse: per questo Cuba è imperdonabile. Eppure è solo un paese che percorre la propria strada nel nome di un ideale di umanità migliore, non più ricca. Una strada non priva di errori e contraddizioni; un percorso spesso solitario, sempre coraggioso, animato da una speranza costante, incrollabile. Dov'è la minaccia? Qual è la minaccia?
Non è la minaccia di un esercito, ma la minaccia di un'idea: l'idea che si possa essere artefici del proprio destino.


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