Alan Moore

Alan Moore Illuminations - I racconti fantastici


Fanucci Editore, 2023, 502 pagine, 17 euro Racconti | Narrativa Straniera | Fantastico

30/05/2024 di Luca Di Pinto

Da circa un lustro lontano dal fumetto, lo scrittore-mago-fumettista Alan Moore torna alla ribalta editoriale con Illuminations – I racconti fantastici, pubblicati in Italia per la prima volta da Fanucci Editore. Il geniale padre artistico di Watchmen e V per Vendetta (e precedentemente autore anche dei romanzi La voce del fuoco e Jerusalem) con questa nuova opera si inerpica fra le pagine del fantastico, trasponendo instabilità e irrequietezze dei giorni nostri a un concetto di hauntology quanto mai inquieto e sfuggente, segretamente attinto dal pozzo nero di Lovecraft e Poe (quest’ultimo citato anche fra i ringraziamenti) senza mai scivolare nel tranello di una pedante referenzialità.


Volendo, non solo Lovecraft e Poe, con il primo di questi assai presente nelle apparizioni di chupacabra, che infestano quella storia di fantasmi mascherati da persone in Nemmeno leggenda, giacché a ognuna di queste interessa unirsi al gruppo col solo scopo di perseguire un proprio fine, attraverso un lento e inesorabile lavoro ai fianchi, alla ricerca di cose “invisibili ai nostri occhi”, cioè di una meta sconosciuta ai più, e investita dall’assurdo susseguirsi di eventi, in un frenetico fluire intriso di mistero e allucinazioni terrene; e chissà quale grado di sutura possa esserci fra questo e una certa spiritualità di matrice nipponica, che, attraverso l’espressione bonno, persegue l’idea di collocare i desideri terreni al livello, appunto, di un’illuminazione!.


Perciò, si diceva, non solo i due sacri numi tutelari, dal momento che l’innato potere immaginifico e avanguardistico di uno Jodorowsky, condito dagli spettri magici dell’esoterismo, affiora tutto sommato nell’illuminazione mistica del piccolo Ricky, in Lettura a freddo, ma che qui fa, di un’interconnessione spirituale, il mezzo per cavalcare l’illusione al servizio di clienti “portatori di luce”, contrastando via via una linea guida propriamente razionalistica, alla cui radice presto torna, perché raggelato infine da un abbaglio inaspettato, paradosso e ossimoro narrativo di un finale assai beffardo.


Di questo potere caustico e sarcastico, Moore si serve, nel lungo racconto Cosa ci è dato sapere su Thunderman, pamphlet aguzzo sull’industria del fumetto, dedicato a Kevin O’Neill, “con tutta probabilità il miglior disegnatore di fumetti della sua generazione e anche colui che sa dove sono sepolti tutti i cadaveri inquieti dei fumetti horror”. Punto nevralgico, dunque, l’ironia e la provocazione: “ (…) gli scrittori puntavano molto di più sulle finezze della continuità tra fumetti rispetto a, diciamo, gli artisti o i coloristi (…)”, riferendosi poi agli stessi “come se non capissero l’importanza della continuità”.


In un certo senso è il tema della narrazione a essere rivendicato, con tono dissacrante e corrosivo, a margine di un dibattito fra giovani scrittori ed ex appassionati di fumetti, improvvisamente speziato dal disinteresse di uno di loro per i supereroi: “ (…) Il suo principale interesse, disse, non erano tanto i personaggi, quanto il messaggio che si poteva veicolare attraverso la narrazione (…)”. O, ancora, stilettate e rimandi a quando il fumetto era ancora visto come “mezzo di comunicazione importante che poteva contribuire all’educazione degli americani (…)”.


Del ricorrente spleen, intriso di onirica melanconia e spirito pungente, l’autore si serve anche più avanti, rivangando questo oltraggio a certi cardini comunicativi della tradizione artistica, sacrificato sull’altare di una “rinuncia al passato per il futuro”, a indicare quasi una metafora di vita passata insieme, mano nella mano, prima di ritrovarsi poi improvvisamente soli “sotto una pioggerellina sul litorale del domani”, intrappolati forse nella caducità degli eventi, attonitamente a chiedersi se “le cose brillano oppure cantano”.