Pietro Castellitto

Drammatico

Pietro Castellitto Enea


2024 » RECENSIONE | Drammatico | Azione
Con Pietro Castellitto, Giorgio Quarzo Guarascio, Benedetta Porcaroli, Chiara Noschese, Giorgio Montanini



20/01/2024 di Roberto Codini
“Ecce bimbo” : un borghese “giovane giovane”

Dopo I predatori, film di esordio di Pietro Castellitto, che ha ricevuto il premio alla regia nei David di Donatello edizione 2020, l'attore e regista torna alla regia e lo fa alla grande, con un altro film ironico, divertente e spietato contro la borghesia romana, in particolare di Roma Nord, ambiente nel quale il
giovane Castellitto, figlio d’arte di Sergio (che nel film interpreta il padre, psicologo, ruolo che aveva interpretato nella serie TV In Treatment) e di Margaret Mazzantini, scrittrice e sceneggiatrice, questa volta
nel ruolo di un giovane che, a differenza che nel primo film, non è un ricercatore che studia Nietzsche, ma uno spacciatore dell’alta borghesia romana.

In realtà Nietzsche, ossessione e passione di Pietro, c’è anche in questo film, pellicola nichilista, nella quale l’ombra del filosofo e del suo pessimismo superomistico aleggia, nonostante il finale solo
apparentemente consolatorio.
Pietro è Enea, nome della cultura classica e non è un calciatore (a differenza che nella serie TV, in cui aveva interpretato Francesco Totti), ma un giocatore di tennis (sport più popolare a Roma Nord), che si eccita ascoltando una bella ragazza che geme durante la partita durante i dritti e i rovesci (Benedetta Porcaroli), che poi diventerà la sua fidanzata (e non solo) e che lui spia dalla siepe, come Michele Apicella in Bianca di Nanni Moretti. Enea nonostante tutto è un po' morettiano, a partire dalla prima scena, nella quale l’amico Valentino (interpretato dal bravissimo Giorgio Quarzo Guarascio) parla con la mamma di Enea (Chiara Noschese) e dà vita ad un dialogo che ricorda quelli di Ecce bombo.

Enea è cresciuto in una famiglia ricca: il padre è uno psicologo di successo, la madre conduce una rubrica televisiva sui romanzi del momento. Il ragazzo si divide tra la proprietà di un ristorante sushi e il circolo di tennis, ma, per sfuggire alla noia, precipitando in un superomismo nichilistico di matrice (falsamente) nietzschiana, diventa spacciatore di cocaina e, insieme all'amico Valentino, abile aviatore con una madre affetta da Alzheimer, mette su un gruppo (definito “clanico”, da clan) degno di Romanzo Criminale, ma senza la necessaria organizzazione.

Nel film ci saranno diversi eventi tragici e alcuni protagonisti scompariranno dalla scena senza alcuna spiegazione. Ma questo è probabilmente un effetto voluto. La sceneggiatura (dello stesso regista, mentre alla produzione ha partecipato Luca Guadagnino) è solida e lineare; quindi la vita va avanti nonostante tutto e tutti e un matrimonio sarà celebrato sulle note di “Maledetta primavera”. La scelta della colonna sonora è un altro elemento che rende questo film una pellicola di altri tempi, dove autocoscienza e consapevolezza della propria inutilità danno spazio alle droghe necessarie per vivere.

Io vengo da una famiglia povera, tu no”, ammonisce il padre ad Enea. “E questa è la differenza tra me e te”. Una differenza che conta molto, che pesa. In una Roma egoista e violenta nella quale si confondono Piazza Fiume con Piazza Mazzini (sono vicine in linea d’aria, la Roma conosciuta è questa) i borghesi piccoli piccoli che somigliano ai disadattati di Ecce bombo vivono nell’eterna noia dei privilegiati e solo Valentino sarà capace di pensare e di dire quello che sente. Gli altri andranno avanti, noncuranti delle umane tragedie, ballando indifferenti sulle note di canzoni non più di moda.

Forse c’è una nuova generazione di registi trentenni che non fanno sconti e raccontano storie nere senza pietà, come i fratelli D’Innocenzo di Favolacce e America Latina. Castellitto lo fa con la sua riconoscibile ironia romana e si segnala come un regista del futuro. Un futuro forse non bellissimo, in un mondo che, come cantavano i Devo negli anni ’80, è bello solo per alcuni.
Il Filosofo tanto amato da Pietro Castellitto, Friedrich Nietzsche, in Al di là del bene e del male, ha scritto: “Il fascino della conoscenza sarebbe più debole se per giungere alla stessa non si dovesse superare tanto pudore”.
Il film del giovane Castellitto è certamente al di là del bene e del male e davvero senza alcun pudore; forse questo è parte del nichilismo dei registi trentenni, che comunque restano la nostra unica speranza per comprendere il senso delle cose e del cinema che forse ci attende.