Morgan Neville

Documentario

Morgan Neville A Sort of Homecoming


2023 » RECENSIONE | Documentario | Storico
Con Bono, The Edge, David Letterman, Glen Hansard



24/03/2023 di Laura Bianchi
Sarebbe potuto essere uno dei tanti documentari musicali autocelebrativi e promozionali, narcisistici e retorici. Dagli U2, e in particolare dal suo leader globale Bono Vox, ce lo si sarebbe aspettato.

Invece.

Invece, A sort of homecoming, il docufilm del regista Premio Oscar Morgan Neville, presentato sulla piattaforma Disney +, è esattamente quello che vuol dire il titolo della celeberrima canzone del gruppo irlandese (del 1984, eppure ancora attuale): una specie di ritorno a casa, dove con Home non si intende solo, non tanto, la città natale di Bono, Dublino (se non sei nato al Rotunda Hospital non sei veramente di Dublino...), ma le radici essenziali di uno stile musicale che si è trasformato nel tempo.

Con Bono, però, non c'è la band al completo, ma solo l'amico di sempre The Edge, e, a fare da catalizzatore positivo del ritorno all'alchimia delle origini, His Daveness, ossia David Letterman, che apporta al film Il giusto contrappunto ironico, con scene da American in Dublin, candidamente spaesato di fronte alla vibrante bellezza del popolo irlandese, alternate a stralci di intervista in cui i due musicisti rivelano cosa sia stata - e forse sia ancora - per loro l'idea di musica: una casa in cui non trovare mai pace, ma da abitare seguendo lo spirito dei tempi.

E casa è anche la storia che si srotola intrecciandosi con le scelte, etiche ed estetiche, della band, qui interpretate dai due sessantenni, che si volgono ai se stessi di quarant'anni prima, con la lucida consapevolezza di aver costruito il proprio futuro, modellandolo giorno dopo giorno, con la forza delle loro decisioni e delle loro esperienze. 

Quindi, più che nel concerto per happy few con 
Glen Hansard e Grian Chatten dei Fontaines D.C., all’Ambassador Theatre, in cui ri-suonano versioni minimaliste e dense di aura (parola di Bono) di alcuni loro successi, e più che nella session nel celebre pub McDaids, con ancora meno amici fidati, in cui fanno rivivere una loro canzone minore, ma ancora vivissima, Invisible, possiamo cogliere l'essenza della storia degli U2 nel brillìo negli occhi di The Edge, quando racconta la genesi di Sunday Bloody Sunday, nata durante una crisi esistenziale a ventun anni; o nella confessione di Bono, quando ammette la propria invadente personalità, che ha messo a rischio più volte l'unità del gruppo.

Tutta l'irlandesità, il profondo radicamento nella società in cui vivevano e vivono, vengono messi in luce da Neville attraverso gli incontri di Letterman non solo coi due musicisti, bensì con altri artisti a loro affini, primo fra tutti Glen Hansard, barba da saggio e occhi di un azzurro che ipnotizza, come lo definisce Letterman, ma soprattutto umiltà, generosità e bravura, nel donare senso e voce all'autentica, originaria vena folk della band.

E poi, c'è Dublino, con i suoi luoghi iconici, con il mare e le sue scogliere, con la gente cordiale e schietta, che si immerge nell'acqua di Forty Foot in ogni giorno dell'anno, trovando in essa un benessere simile a quello provato nell'ascolto della musica. Lo stesso luogo che ispira il duo per una nuova canzone, dedicata a Letterman, e a quanti riescono a tornare nel passato senza rimpianti, tuffandosi nell'acqua vivificante dei ricordi, per ritrovare sé stessi.