John Carroll Lynch

Drammatico

John Carroll Lynch Lucky


2017 » RECENSIONE | Drammatico | Commedia | Fantascenza
Con Harry Dean Stanton, David Lynch, Ron Livingston, Ed Begley Jr., Tom Skerritt, Beth Grant, James Darren, Barry Shabaka Henley, Yvonne Huff, Hugo Armstrong



03/09/2018 di Paolo Ronchetti
“Sentirsi soli e stare da soli sono due cose differenti” Lucky

Lucky è un uomo di 90 anni ex Marine che, dopo una vita intensa in cui ha vissuto da protagonista anche la tragedia della seconda guerra mondiale tra Filippine e Giappone, si ritrova a vivere la propria vita ai margini tra la propria città e il deserto. Fedele alle sue granitiche convinzioni e abitudini Lucky vive una vita fatta di rassicuranti ritualità: sveglia alla stessa ora, esercizi di “yoga”, latte, sigarette, caffè chiacchere e parole crociate al bar, spesa e chiacchere al piccolo drugstore, giochi a premi in TV, qualche Blody Mary alla sera nel locale di sempre. Dopo una caduta inspiegabile, nonostante le rassicurazioni del medico, qualcosa si incrina…

L’esordio alla regia di John Carroll Lynch sembrerebbe “tutto qui”: la sceneggiatura sembrerebbe apparentemente scritta su un piccolo foglio di carta, ma appunto queste sono solo apparenze. La fessura che si apre nel protagonista dopo “l’incidente” permette ad ogni persona di relazionarsi con sé stesso e con l’altro in maniera diversa, permette ad ognuno di cambiare il proprio sguardo sulle cose e riscrivere il senso della propria vita.

LUCKY diventa così, nei suoi 88 minuti, un film sempre più delizioso e pieno di una grazia che riempie dialoghi e silenzi. Gli attori, tutti grandissimi caratteristi, sono diretti con una attenzione straordinaria e ogni personaggio rimane appiccicato alla memoria in quanto il corpo e la voce di tutti i protagonisti sembrano essere esattamente il corpo e la voce del proprio personaggio. I dialoghi in alcuni momenti hanno la velocità e precisione chirurgica di una commedia anni 50 e si alternano a lunghi silenzi kaurismakiani. Ed è soprattutto in questi lunghi momenti, fatti di gesti o di assenze quotidiane, che il corpo del protagonista (lo straordinario Harry Dean Stanton, deceduto a film montato e che sembra abitare il proprio corpo come fosse un alieno) in qualche modo ricorda quello di Buster Keaton, capace di passare apparentemente indenne attraverso ciò che la vita presenta sul proprio cammino. Ma qui ci sono anche le parole a fornire una sorta di resistenza, solo apparentemente cinica o passiva, al tempo che passa e agli accadimenti della vita. E le parole, anche quando hanno a che fare con la rituale quotidianità, possono avere un senso, se le si sa ascoltare.

Lucky diventa così, con il passare dei minuti, non un film ateo sulla vecchiaia e la morte, come in troppi superficialmente affermano, ma un film sulla vita profondamente spirituale. Si esce con un sorriso che va dalla testa ai piedi dopo aver visto questo film. Si esce con un cuore colmo di gioia.

Resta da dire delle belle musiche e il consiglio della visione del film, se possibile, in Lingua Originale Sottotitolata: non per spocchia ma per la straordinaria naturalezza e i timing pazzeschi dei dialoghi originali.