Joel Cohen

Joel Cohen L’UOMO CHE NON C’ERA


2001 » RECENSIONE |
Con B. B. Thornton, F. McDormand, J. Gandolfini, S. Johansson

di Claudio Mariani
Oramai i fratelli Cohen (Joel regista e sceneggiatore, Ethan sceneggiatore e produttore), ci hanno abituato bene, inanellando una serie di film quantomeno godibili e passando tranquillamente da un genere all’altro senza perdere mai di qualità. Sono passati dalla commedia psicotica con Arizona Junior, al film criptico e tutto tensione (Barton Fink), alle commedie divenute “alla Cohen”, come Il Grande Lebowski, allo splendido giallo nella neve di Fargo ed al noir di Crocevia della morte. Personalmente pensiamo che nella loro carriera abbiano fatto solo un passo falso, che è stato Mr Hula Hoop, nel 1994. Dicevamo che i due cineasti statunitensi hanno variato molto senza perdere colpi, o quasi, ma mantenendo sempre integro il loro stile misto tra il surrealista ed il grottesco, questa volta, invece, con L’uomo che non c’era, hanno fatto di più, sfornando un capolavoro mettendo quasi completamente da parte le loro stesse caratteristiche. Questo loro nono film è una sorta di noir atipico, con poca suspence e molta psicologia; è la storia di un uomo che porta avanti la sua vita nella provincia americana tra un lavoro che non si capisce se gli piaccia, e una moglie che invece si capisce che non gli piace più come un tempo. Le cose vanno a rotoli quando il protagonista per procurarsi una cifra per un investimento ricatta l’amante della moglie e sbadatamente lo uccide; da lì gli eventi trascinano questo “uomo che non c’era” verso l’inevitabile baratro, forse non peggiore della sua esistenza quotidiana. Il film è girato in un bianco e nero bellissimo, e la telecamera indugia spesso e volentieri sul volto mono-espressione di un grande Billy Bob Thornton, con la sua sigaretta sempre accesa, in ogni scena del film. E la pellicola è appunto questa, la faccia fumante del protagonista, i tempi lunghi, quasi morti, e la più grande composizione al piano che sia mai stata scritta, la quinta sinfonia di Beethoven, che, per grazia di Dio, i fratelli statunitensi ci ripropongono per tutto il film, allietandoci, oltre che la vista, anche le orecchie. E’ una storia buia, estremamente cinica nel suo affacciarsi alla realtà quotidiana, al poco spessore dei rapporti umani e all’assenza del rimorso nel protagonista, che non si capisce se sia insensibile o semplicemente assente. Un film fondamentale di quest’annata, da vedere, magari quando non si è di cattivo umore perché questa storia ci farebbe troppo guardare dentro di noi, facendoci autoanalizzare; in uno stato d’animo del genere è sicuramente meglio andare a gustarsi Il favoloso mondo di Amelie, anch’esso nelle sale. Bisogna quindi affrontare l’Uomo che non c’era in un momento di solidità psicologica, e si riuscirà ad apprezzarlo e a valutarlo per quello che realmente è. Non possiamo fare altro che aspettare i fratelli Cohen alla prova del nove col prossimo film, e non ci stupiremmo se il loro lavoro sarà una commedia allo stato puro; chi vuole scommettere?