
Jacqui & David Morris Nureyev
2017 » RECENSIONE DOCUMENTARIO | Documentario
Con Rudolf Nureyev





02/11/2018 di Silvia Morganti
Non è un film, non è un tributo, non è una memoria; è una cosa viva! Nureyev fu un colosso, un leone che seppe trasformarsi in pantera, un uomo dotato di virtù: sposò la danza che non abbandonò mai, da cui non si separò per nulla al mondo. Si può lasciare una madre, gli amici, l’amore, la patria, ma la danza mai. È una vita, la sua, che - potremmo dire - conobbe tanti e tanti aspetti tra dolore e gioia, tra tenacia e gratitudine, tra impedimenti e successi (strepitosi). Nureyev fu un gigante, amatissimo in Francia, a Londra, in America, in Italia, ovunque. Un russo della Guerra fredda, di cui pagò il prezzo fino in fondo. Eppure il film mette in scena il dato della sua appartenenza in chiave di non-appartenenza: un uomo che non ha una lingua materna, perché il tartaro lo sta dimenticando, quando conosce un po’ di inglese, francese, italiano; un uomo che non ebbe una patria, seppure la madre-Russia aveva tentato di trattenerlo a sé ad ogni costo, perché scelse di fare il salto più importante della sua carriera, il salto e la fuga al di qua del ‘muro’.
Acclamato come un’icona del tempo, forse più di Beatles e Mick Jagger, seppe trasformare la danza stessa non accentando limiti già imposti (il ballerino non è un semplice ‘portatore’ nella coppia, ma è protagonista). Della sua impronta ne giovò quel mondo occidentale che lo ospitò e portò al trionfo; concesse a quel mondo di “frigoriferi ed elettrodomestici” di nutrirsi di ben altro, di bellezza ed arte.
Il film racconta tappe dalla nascita alla morte della sua vita: gli incontri speciali con danzatori destinati ad entrare nella sua esistenza e viceversa, che a dirlo a parole si è poco loquaci. Margot Fonteyn, la più famosa prima ballerina del Royal Ballet; Erik Bruhn, il più amato danzatore del tempo. Ma anche Martha Graham e con lei la danza contemporanea. Sì perché Nureyev fu classico e contemporaneo!
Non vogliamo qui ripercorrere date, incontri, avvenimenti (per quello bastano le enciclopedie dove tutto è registrato), né tantomeno raccontare le modalità del racconto stesso, anche se occorre sottolineare che il film parla anche di Storia; però c’è un punto in cui la commozione e la riflessione stringono il cuore, si tratta di un punto doloroso; è lì che a consolazione (forse) appare la voce di Leonard Cohen con Everybody Knows. La colonna sonora è in fondo assai interessante, creando un certo miscuglio di registri diversi.
Qui però ci si ferma, ma voi uscite da casa e andate a vedere con i vostri occhi i rallenty in b/n, quei movimenti in volo e quelle espressioni del volto, e tutto il resto (meraviglioso).