Gurinder Chadha

Commedia

Gurinder Chadha Blinded by the Light


2019 » RECENSIONE | Commedia | Drammatico
Con Viveik Kalra, Hayley Atwell, Rob Brydon, Kulvinder Ghir, Neil Williams, Aaron Phagura



30/08/2019 di Laura Bianchi
"Nessuno si ferma a Luton!", esclama un ragazzino al suo amico, guardando da una collina l'autostrada che porta a Londra. Inizia così Blinded by the light, il nuovo lavoro di Gurinder Chadha, la regista kenyota di origini indiane di Sognando Beckham, che stavolta chiede ispirazione al giornalista inglese di origini pakistane Sarfraz Manzoor, e alla sua autobiografia Greetings from Bury Park, per raccontare un'educazione sentimentale, un romanzo di formazione degli anni Ottanta, grazie a un mentore inconsueto: Bruce Springsteen.

La fuga dalla città ottusa e impoverita, i sogni da rincorrere, la terra promessa da raggiungere, la tensione verso l'indipendenza dal padre, il lavoro duro, la ricerca ancora più dura di un lavoro dignitoso, il dolore per gli scontri fra etnie, il bisogno di amore di cuori affamati: Springsteen canta tutto questo da quasi cinquant'anni, e, se il suo messaggio resiste all'usura del tempo, è perché incrocia sempre cuori che lo sanno ascoltare e attualizzare.

La tesi principale del film è questa: nel 1975 come nel 1987, e ancor oggi, esistono ragazzi che comprendono lo spessore della figura del Boss, ne adeguano i testi sulla misura delle proprie esperienze, e camminano, amano, vivono al ritmo della sua musica. Tesi ingenua, nel senso etimologico del termine, tesi assolutamente priva di quel cinismo che oggi va tanto di moda, e che spinge molti a denigrare quanti vogliono ancora lanciare un messaggio di speranza, di tenacia e di resistenza, di fronte ai tempi difficili.

Chadha e Manzoor provano così a raccontare la vita di Javed, un ragazzo pakistano, immigrato di seconda generazione, che vive con un padre profondamente legato alle sue origini, e che con queste si scontra, trovando la propria strada grazie al talento di scrittore, a un pugno di amici veri, e alle canzoni di Bruce Springsteen. Giudicate "roba da vecchi" già nel 1987 (età del trionfo del synth, soprattutto in Gran Bretagna - come testimonia la ricchissima colonna sonora - e della disco), sono invece rivissute da Javed con uno slancio fresco e adolescenziale, e vengono sottolineate anche da sequenze semplici e accattivanti, al limite del karaoke, in cui la storia prende la forma dei testi di Thunder Road, di Dancing in the dark o di Born to run.

Metà commedia sociale alla Ken Loach (ma senza il suo mordente), metà young adult movie con risvolti sentimentali, il film cattura lo spettatore per la sua freschezza, per l'immediatezza dell'interpretazione del protagonista e di alcuni comprimari, per l'appassionata dichiarazione di amore nei confronti delle canzoni di Springsteen, capaci di unire etnie e generazioni, se solo le si accetta per quello che sono: pezzi di vita di un autore profondo e tormentato, che ha avuto il coraggio di condividere la propria esistenza col pubblico, chiedendo ad esso di ritrovarvi una parte di sé.

È quanto fanno Jared e il suo amico, regalandosi l'energia per sognare nonostante una realtà difficile da accettare, e per provarci, almeno, a rendere reali i loro sogni. Le scene finali del film, aperte alle infinite possibilità del futuro, sottolineano proprio l'assenza di un happy ending propriamente detto, ma piuttosto una continua ricerca, in un viaggio che, finché avremo fiato, ci vedrà born to run.

 


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