La Sicilia dell’800, con i suoi paesaggi ancora incontaminati e tutte le sue contraddizioni sociali fa da sfondo all’intesa storia d’amore tra Angela (Valeria Solarino) e Sara (Isabella Ragonese), dramma moderno ed antico al contempo. Moderna perché ancora oggi il tema dell’affermazione dei diritti delle coppie omosessuali e dell’ostracismo che spesso subiscono è oggetto di dibattito. Antica perché in quel contesto, per una donna, affermare la propria libertà era difficile in qualsiasi settore. E voler vivere il proprio amore diventa ancora più difficile se si deve schivare l’essere stata promessa “zita” senza nemmeno essere interpellata o l’essere considerata un peso perché donna e quindi non adatta a lavori pesanti. Durante il film non si riesce a non provare tenerezza per Angela e Sara, e a non indignarsi per la tremenda farsa che pur di salvare le apparenze e consumare la propria vendetta (a danno di una figlia mai voluta davvero) il padre padrone della prima (un bravissimo Ennio Fantastichini) accetta di metter in scena. La storia avvince, nonostante l’assenza di chiaroscuri nella definizione dei personaggi. Tutto infatti si gioca su contrasti marcati, male contro bene, bianco contro nero: a cominciare dalla scelta delle attrici, mediterranea la Solarino e “normanna” la Ragonese. Solo un personaggio, marginale all’inizio e che poi assume maggior rilievo, sfugge a questo rigido dualismo: Tommaso (Marco Foschi), al quale una volta era stata promessa Sara. Ed è grazie a questa figura che una storia drammatica ha dei piccoli squarci di ilarità. Ma sono solo parentesi, perché poi un destino quasi verghiano si abbatte sulle protagoniste, sul loro coraggio di “dire la verità”, che altro non è che “un atto d’amore”.