Daniele Vicari Diaz- Don't clean up this blood
2012 » RECENSIONE | Drammatico | Denuncia civile
Con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou. Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia, Antonio Gerardi, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli, Alessandro Roja, Eva Cambiale, Rolando Ravello, Monica Birladeanu
06/05/2012 di Arianna Marsico
Un pugno allo stomaco. Una manganellata alla schiena e poi un calcio in faccia. Ci si sente come se li si avesse ricevuti all’uscita dalla sala dopo aver visto Diaz Don’t clean up this blood, film - denuncia di Daniele Vicari. Vedere ai tg i volti tumefatti dei ragazzi lasciò già scossi all’epoca, in quell’estate fino ad allora allietata dalle note di Clandestino di Manu Chao, ma le immagini dei pestaggi sono uno shock emotivo.
Di fronte alla totale assenza di stato di diritto ed umanità durante i pestaggi della polizia (ben orchestrati dalle alte sfere incapaci di capire, oppure sin troppo consapevoli, del clima che si era venuto a creare) ai danni dei manifestanti in quel tragico G8 del 2001 a Genova si vorrebbe pensare che sia un film che non racconta vicende realmente accadute. Ed invece no, la sceneggiatura sta tutta lì negli atti processuali. In Italia, la civilissima e democratica patria di santi, poeti e navigatori, nel 2001 c’è stata una mattanza degna delle migliori dittature-. Ad aggravare il malessere contribuiscono i titoli di coda in cui si spiega che buona parte dei reati rischia la prescrizione e che nei nostri codici non è previsto il reato di tortura. Così lo sconforto a causa della nostra presunta giustizia, già presente dopo opere come Romanzo di una strage, è pressochè totale.
Diaz Don’t clean up this blood è un’opera corale. Certo non mancano i volti noti del cinema italiano, tra cui Claudio Santamaria, nei panni di uno dei pochi poliziotti che non partecipa al massacro, Elio Germano che interpreta un giornalista e Alessandro Roja nelle vesti di uno dei poliziotti più attivi nei pestaggi e nelle successive operazioni di falsificazione ad hoc. Ma il loro peso è perfettamente bilanciato dai visi delle comparse sconosciute che danno volto a coloro che volevano solo manifestare per un mondo più giusto. Sì a ma Genova c’erano anche i black-block che hanno devastato la città, potrebbe obiettare non senza ragione qualcuno. Ma il blitz al “manufatto occupato da pericolosi anarco-insurrezionalisti” non è stato condotto tanto per trovare armi e arrestare i black-block quanto per punire gli inermi. E alla fine, più dei bravissimi volti noti già citati, restano impressi i volti resi irriconoscibili dal sangue, resta la figura spaurita e tremante dell’anarchica tedesca Alma Koch (Jennifer Ulrich), pestata alla Diaz e alla Caserma Bolzaneto. Il suo essere inerme dinanzi alla cieca ferocia la rende simbolo del film.
Ed è nel sorriso che fa quando rivede sua madre che resta un briciolo di speranza che non tutto sia andato perso, che veramente l’inerme sia l’imbattibile.
Quasi tutti – ma non tutti
sono stati sordi
sono stati muti
Quasi tutti – ma non tutti
sono stati ciechi
sono stati seduti
[...]
E non la minima espressione umana
neanche la minima espressione umana
e non la minima espressione umana
neanche la minima
Inesauribile, la cecità del male
inesauribile, capacità di amare
(Quasi tutti, Massimo Zamboni)