Costa-gavras

Drammatico

Costa-gavras CACCIATORE DI TESTE


2005 » RECENSIONE | Drammatico
Con José Garcia, Karin Viard, Geordy Monfils, Christa Theret, Ulrich Tukur, Olivier Gourmet, Yvon Back

di Calogero Messina
Si respira un’aria di “malasocietà” – in questi ultimi tempi – al cinema! Assassini che la fanno franca (l’omicida per riscatto sociale Chris viene “graziato” da un Woody Allen sardonico ed abile direttore di destini umani!) e lavoratori licenziati “sull’orlo di una crisi di nervi” (dal Vincent di A tempo pieno, bugiardo che si finge un importante funzionario, al Dick di Jim Carrey che organizza, insieme alla moglie, imbranate rapine per continuare a sopravvivere) la fanno da protagonisti e da eroi sul grande schermo! Adesso è il turno di Bruno D. – dirigente in una fabbrica di carta - che dopo quindici anni di fedele servizio viene brutalmente licenziato a causa di una ridistribuzione economica , in altre parole di una “terziarizzazione”. Dopo tre anni, ancora disoccupato, decide di conquistare il posto che reputa di meritarsi presso la prestigiosa Arcadia Corporation trasformandosi in un “naturale” e spietato serial killer alla caccia di tutti gli aspiranti pretendenti alla sua ambita poltrona. Dal libro “The Ax” dello scrittore americano Donald Westlake (suoi anche Payback e Two Much), il sempre lucido ed infallibile Costa- Gavras (“Amen”) costruisce un teso, ironico, surreale e straziante thriller dell’animo umano “Cacciatore di teste” che ci avvince per perfetta costruzione narrativa, regia lineare, corposa ed interpreti in stato di grazia. Come Jose Garcia - il disoccupato Bruno - solido, glaciale ed emotivamente fragile che ci rende partecipe della sua tragedia con spirito disincantato e lucida apatia. “Un uomo non è ciò che pensa e men che meno il lavoro che fa: un uomo, alla fine, è l’insieme delle sue ansie, amori, passioni e gusti. Un uomo, insomma, non è altro che il suo stile” così scrive il cileno Alberto Fuguet ma in tempi ammalati di individualismo e di ricerca disperata dello “status symbol” , l’umanità raccontata da Gravas diventa lo specchio fedele e distorto di una società civile “amorale”che nell’affermazione e promozione lavorativa trova l’unico e solo sbocco per una vita dignitosa e “normale”.