Antonio Albanese

Drammatico

Antonio Albanese Cento domeniche


2023 » RECENSIONE | Drammatico
Con Antonio Albanese, Liliana Bottone, Bebo Storti, Giulia Lazzarini, Elio De Capitani, Sandra Ceccarelli



25/11/2023 di Laura Bianchi
Dai, andiamo al cinema che c'è un film con Antonio Albanese alla regia; ci recita pure, e ci sono anche Bebo Storti e Sandra Ceccarelli; magari ci facciamo due risate..."

Invece.

Ho già iniziato nello stesso modo a scrivere di un altro film, diverso, ma simile, qui; ed è curioso, e bello, che due degli attori comici più bravi della loro generazione, Cortellesi e Albanese, che hanno oltretutto lavorato insieme in più occasioni, siano protagonisti e autori di due opere che sconvolgono gli stereotipi a cui una certa abitudine a incasellare gli artisti in un ambito prestabilito obbliga il pubblico.

Cento domeniche parte da un interesse civile del suo autore, come per Cortellesi; e come lei si è documentata, per preparare in modo adeguato la narrazione, così Albanese ha lavorato al soggetto per due anni, dopo che l'autore ha ascoltato un’intervista a una vittima dei tanti crac bancari, che dal 2008 in poi hanno spinto sul lastrico migliaia di risparmiatori onesti e fiduciosi, preda delle speculazioni di banche spregiudicate.

Ha deciso quindi di approfondire le storie di quelle persone, spesso operai metalmeccanici, e ha incontrato Marino Smiderle, ora direttore del Giornale di Vicenza, profondo conoscitore di quelle vicende, e Emilia Laugelli, psicologa e psicoterapeuta, che nel 2016, con il servizio inOltre della regione Veneto, ha assistito le vittime dei crac di Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza. 

L'attore e regista si è talmente immedesimato in quelle vittime da dare il suo stesso nome di battesimo al protagonista della vicenda, e da spostare l'azione a Garlate e Olginate, nel Lecchese, la propria zona, girando perfino alcune scene nella fabbrica in cui egli ha lavorato al tornio (lo stesso presente nel film) per sette anni. "Uomo d'acqua dolce", profondo conoscitore - ancora più di Ken Loach, a cui molti l'hanno accostato - dell'ambiente operaio da cui proviene, e delle dinamiche psicologiche che si sviluppano in persone che, dopo decenni di lavoro, si trovano senza la possibilità di realizzare i propri piccoli grandi sogni, Albanese restituisce la scena a quella classe sociale, con un'attenzione per i dettagli che non deriva dai libri, ma dalla diretta esperienza.

L'appartamento piccolo borghese, in cui il prepensionato Antonio Riva, divorziato, vive con la madre novantenne (una magnetica, dolcissima Giulia Lazzarini), sembra uscito dagli anni Settanta, coi divani di velluto, i quadri anonimi, le presine all'uncinetto, le lampade e la tappezzeria; la bocciofila in cui vengono girate alcune scene (metafora della fissità della boccia, che attende fiduciosa di essere colpita) è quella di Garlate; il ramo del lago di Como è quello lecchese, che rifugge dall'immagine glamour di tanti influencer, sempre soleggiata e dal cielo azzurro,  per scegliere un clima nebbioso, nel quale il sole non c'è.

L'eclissi umana di Antonio è infatti prima di tutto una frattura fra sé e il suo ambiente, e fra l'iniziale fiducia in esso e nella banca "del territorio", incrinata definitivamente dalla falsità cinica di consulenti senza scrupoli; la cinepresa quindi lo segue nella sua lenta, inesorabile disfatta, passando da scene più ampie, corali, senza musica, ma con un sonoro in presa diretta (i rumori della casa, dell'officina, della bocciofila, della strada), a quelle conclusive, con primi piani strettissimi e una colonna sonora drammatica, che porta la firma di Giovanni Sollima.

Attorno ad Albanese, alla sua mimica da maschera tragica, e alla sua fisicità convincente e coerente, c'è un cast di amici - attori in stato di grazia, che esaltano la potenza del messaggio del film: nessuno si salva da solo.

Antonio Riva, trascinato "in fondo al fondo" dal crac della banca nella quale aveva investito i risparmi di una vita, si impone di mantenere la propria dignità, rifiuta i numerosi aiuti lanciati dalla figlia, dall'ex moglie, dagli amici, ripete che "va tutto bene", anche quando gli manca il respiro, si ostina a voler pagare le nozze della figlia "perché tocca al padre della sposa". Un monito per quanti pensano che salvare la propria immagine, la reputazione, sia prioritario rispetto alla salvezza della propria salute mentale, senza pensare che la crisi è un momento della vita e non coincide con la vita stessa; ma anche per quelli che ritengono che esista solo un'identità fra dignità della persona e ricchezza del conto in banca, e, di conseguenza, che esistano persone - e conti in banca - che non meritino di essere aiutati.

Non deve sorprendere il fatto che l'attore sia perfetto anche in un ruolo che non concede nulla alla comicità; piuttosto, si pensi alla sua formazione artistica. Albanese esordì con il ruolo di Andrea Kragler in Tamburi nella notte di Brecht. Lo straniamento che il drammaturgo tedesco realizza, per fare comprendere meglio la difficoltà dell'essere vivi in una società di squali, è identico a quello utilizzato dall'attore e regista, per trasmettere allo spettatore un invito alla riflessione e alla reazione. 
Per questo, la dedica finale è a tutte le vittime dei crac finanziari: perché, vedendo il film, ciascuno provi un'ansia potente e benefica, in questi tempi anestetizzati, e nessuno dimentichi mai le sofferenze delle vittime della cosiddetta società del benessere. O forse, sarebbe meglio dire del benavere.